Rosa Mauro

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RACCONTO DEL MESE

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Racconto del mese di FEBBRAIO 1997


NATALE VENUSIANO

Quella corrente.... Da dove veniva mai? Narrava loro una cosa incredibile, mentre li conduceva, leggeri lungo la notte luminosa di Venere, al luogo designato.

Un figlio era nato, non dal guardiano azzurro e dalla sua compagna rosa. Ma da qualcuno che dominava sul loro mondo e su quello degli altri, un Dio! E questo Dio aveva scambiato la propria realtà con la compagna, per donare a loro, i guardiani dei venti, la libertà e l’amore.

Crepitando nell’atmosfera rovente, essi giunsero alle montagne della luce, e sotto di esse trovarono i due, ed il loro figlio. Questo non si distingueva da un normale azzurro venusiano appena nato, ma sopra di lui...

Qualcosa che non era fiamma, fili argentei trasparenti e freddi che illuminavano la notte di una bellezza aliena. Ed il fuoco azzurro appena nato giocava con l’acqua e rideva mentre alle creature fiammeggianti, la corrente narrava che proprio per loro, i poveri tra i poveri, era giunto il salvatore...

Racconto dei mesi di MARZO E APRILE 1997


PROLOGO

Noi, i sopravvissuti, quelli della colonia 127, prima ed unica colonia umana intorno a Marte, in attesa di ripartire per la terra che ormai ci appartiene, lasciamo nella colonia abbandonata ( ma solo temporaneamente, molti di noi torneranno, per iniziare l’attesa esplorazione di questo ramo della galassia), la testimonianza dei nostri primordi. Le proiezioni olografiche di quattro pionieri che assisterono alla storica creazione della nostra comunità chiarirà, qualora ce ne fosse bisogno, il perché proprio noi fummo scelti dal destino per sopravvivere...

Partenza

Fu quando il dissenso tra gli artisti e la società raggiunse l’acme. Noi eravamo già fuorilegge da tempo, ma solo da due mesi anche la letteratura era finita tra le attività giudicate criminali. Non potevo fare a meno di compiangere gli scrittori, che si erano dati tanto da fare per rimanere nella legalità, arrivando a lavorare come tecnici di giorno e scrivendo di notte nei rifugi antiatomici.

Almeno noi pittori ci eravamo divertiti ! Ricordo il giorno in cui uno di noi riuscì a dipingere sul muro della commissione scientifica mondiale gli illustri membri di essa completamente nudi ! Avevamo perfino vinto qualche round , passando dagli acrilici ottici ai colori alimentari.. Però era difficile nascondere la tela. In questo ammetto la superiorità di un foglio di carta !

COMUNQUE ORA ERAVAMO TUTTI FOTTUTI.

Gli scienziati avevano scoperto il " fattore creatività", un’onda anomala che poteva essere scoperta con l’ultimo tipo di EEG, e che registrava anche solo il desiderio di dipingere, scrivere o altre porcherie del genere.

ERA SOLO QUESTIONE DI TEMPO.

La società, formata solo da tre tipi di persone, tecnici di tipo 1 e 2 e LORO, il top dei top, gli onnipotenti scienziati, ci erano addosso.

Ricordo il giorno come se fosse ieri. Non avevo ancora finito di mangiare l’ultimo dei miei capolavori, una cantante dai grandi occhi azzurri. Le guardie mi incappucciarono e mi portarono via, senza dire una parola. Il viaggio durò parecchie ore, da me vissute come in una bara, con due mummie che non mi rivolsero la parola, né parlarono tra di loro ( le guardie, tecnici di tipi 1, venivano scelte da bambini. Erano addestrate da quando avevano cinque anni a non parlare per lunghe ore). Dal rombo avevo intuito che il luogo dove ci trovavamo era un lungo tunnel, che scendeva sottoterra.

Nella sala dove ci fermammo c’erano diversi tipi di respiri. Quelli delle guardie erano facilmente riconoscibili : lievi, superficiali, quasi inesistenti.

Ma gli altri ? Prima che finissi di chiedermelo, mi scappucciarono. Riconobbe immediatamente cinque o sei colleghi pittori e scultori, uno o due musicisti ed alcuni scrittori che erano stati sicuramente pizzicati da poco.

ERAVAMO UNA MOLTITUDINE.

Quasi tutti erano affamati. Io invece avrei avuto bisogno di un digestivo, perché il mio capolavoro di pasta di pane era alto circa due metri. Alcuni stavano lì da molte ore.

Mi sentii toccare una spalla . Mi trovai davanti ad uno dei più noti scienziati, praticamente l’inventore delle ultra moderne colonie spaziali, quelle così belle che nessuno voleva andarci. Che ci faceva qui, aveva sgozzato la moglie ? Prima che potessi chiederglielo, mi dette la risposta, che era molto più sorprendente del fatto che potesse sgozzare la moglie .

" Era solo una poesia. Piccola. Mi era venuta in mente un anno fa, e da allora mi tormentava ogni notte. E così l’ho scritta. Non sapevo che il mio figlio quindicenne mi aveva visto ! Cosa succederà adesso ?"

Era pallidissimo. Fui salvato dal rispondergli dallo squillo di una sirena.. " Attenzione prego. Questa è una comunicazione di servizio. L’imbarco avverrà dall’uscita 2a. Scortate i criminali al luogo indicato ed accertatevi che si imbarchino. Tutti !"

Una gentile pressione della polizia ci diresse verso qualche parte, anche se a causa della marea umana che mi precedeva non avrei proprio, in quel momento, saputo dire dove. So solo che alla fine ci trovammo in una sala troppo piccola, dove ci costrinsero ad assicurare i piedi in una specie di scarpe metalliche solidamente assicurate al pavimento pure metallico.

Diedi un ‘occhiata al mio amico scienziato che mi era rimasto vicino. Era calmo, mi guardò in maniera rassicurante.

SIAMO MORTI !

Pensai. Una vibrazione ci scosse, ci schiacciò, ci ridusse ad esserini di pochi centimetri con il cuore in bocca.

MA NON CI UCCISE.

Il soffitto metallico sopra di noi si aprì lentamente. E finalmente una cosa fu chiara.

NON ERAVAMO PIU’ SULLA TERRA.

Quando la luna ci sfrecciò davanti come un fantasma bianco in un cielo nero, eravamo troppo impauriti perfino per urlare.

I

In viaggio

"Dannazione!" pensai "Hai immaginato tante di quelle storie, fatti venire in mente qualcosa!"

Ma non ci riuscivo.

Noi artisti eravamo stati lanciati nello spazio, probabilmente per morirvi di inedia ( era chiaro che l'astronave era formata dalla stanza e dal computer di bordo , non c'era traccia di strumenti di sopravvivenza).

Non riuscivo neanche ad indignarmi con quei porci.

Ora rimpiangevo amaramente il nostro tentativo di integrazione, guardando le mie mani rovinate di tecnico di ultima classe ( operatore ecologico delle fogne o, per dirla in maniera più semplice, spalatore di merda da riciclare).

Avrei dovuto fare come i pittori...

" Codardo!"

" stronzo!"

" Venduto!"

Mi voltai appena in tempo per salvare da morte certa uno dei pittori newyorkesi, preso per la gola da uno dei miei colleghi che lavorava con me in diurna.

Non biasimavo certo Jim.

Una cosa è rendersi conto di avere sbagliato tutto, un'altra accettare che te lo dica qualcun altro.Mentre li separavo, il decano degli scrittori, quello che tutti noi conoscevamo e mantenevamo in vita nonostante, settantreenne, fosse stato condannato a morte, si alzò.

Aveva dei fogli in mano ( in quel caos, lui trovava il tempo e la concentrazione necessaria per scrivere!), e cominciò a leggerli:

" Scacciati!

Condannati a morire soli, lontani dall'umanità e dalla culla di essa!

Potevamo evitarlo?

Ricordo ancora lo studio degli antichi scrittori, tutti preconizzanti un futuro senza arte nè artisti.

Ricordo come li ho censurati nella mia mente, dicendo che era impossibile, che saremmo sopravvissuti.La verità era troppo dura per noi e non l'abbiamo accolta.

I pittori invece lo hanno fatto, e non serve a nulla prendersela, perchè nonostante tutto anche loro sono qui.

Dimostriamo , nella morte, che siamo figli di una società migliore di quella che ci ha mandato qui.

Ho sentito che i musicisti creativi hanno composto un inno universale all'arte ed alla bellezza.Se un vecchio come me lo conosce , figuriamoci voi!

Ed allora, cantiamo!

Tutti ci sentimmo meglio.

Perchè questa è l'arte degli scrittori, rendere le parole capaci di costruire la vita, e quel vecchio era il migliore del nostro gruppo.

I musicisti radunarono davanti a noi i cantanti, povere bestioline, impaurite e sublimi, ed essi cominciarono a cantare.

Nel buio e nel silenzio quella musica divenne una creatura viva, nata da tutte le nostre anime.

La fame , il freddo e la paura , la violenza della società insieme al nostro rancore, svanirono insieme a buona parte dei nostri confini individuali.

Anche se fossimo morti in quel momento, valeva la pena di vedere di cosa era capace la libertà, la fantasia, le ali dello spirito creativo e di sapere che non erano state tarpate.

Eravamo così assorti che ci accorgemmo di dove eravamo quasi sul punto di arrivarvi.

Una specie di grossa sfera bianca di titanio brillava e si faceva sempre ,più grande.

Sulla sfondo, ai confini del campo visivo, si scoprgevano Phobos, Deimos e Marte.

Ma soni sicuro che queste sono cose che ricordo adesso, allora non me ne resi certo conto.

Nè io nè gli altri.

La musica smise d'improvviso ma questa volta il silenzio non era minaccioso.

La sfera brillante divenne solo una calotta, che lentamente si aprì per accoglierci.

Il mio respiro si confuse con quello dei migliaia di persone a bordo dell'astronave.

E sono sicuro che il pensiero era lo stesso, un selvaggio urlo vitale.

NON MORIREMO!

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