Il Presidenzialismo risulta essere una delle principali proposte di riforma della Costituzione, che che in questi ultimi anni sono state avanzate a livello politico.
A titolo di chiarimento, il presidenzialismo è una forma di governo, che si differenzia dalla nostra "Repubblica Parlamentare" : le funzioni esecutive di indirizzo politico sono affidate al capo dello stato e alla amministrazione, alle assemblee elettive è affidata la funzione legislativa e, infine, la funzione giurisdizionale è affidata al corpo dei magistrati.
Elemento importante, caratteristica comune ad altre democrazie moderne, non solo presidenzialiste, è la separazione relativamente rigida di tali funzioni, che vengono svolte senza interferenze fra organi appartenenti a poteri diversi.
Il Presidenzialismo esprime una democrazia che "interpreta" uno dei modi di gestire i poteri accomunando in questo modo nella figura del presidente, il potere di direzione del paese da una parte e del partito dominante dall'altra.
Il metodo per arrivare ad una riforma costituzionale, in particolar modo a quella Presidenzialista, non è quello indicato dalla Costituzione nell' art.138, il quale detta la procedura aggravata di Revisione Costituzionale : infatti la nostra forma di governo parlamentare è talmente connaturata con la Costituzione, che non potrebbe essere mutata senza di conseguenza mutare l'intera Costituzione.
Si dovrebbe allora procedere ad una radicale revisione delle disposizioni costituzionali che disciplinano le attribuzioni del Presidente della Repubblica e i suoi rapporti con gli altri poteri.
Compito, questo, che non può essere affidato ad un potere costituito (di Revisione Costituzionale), ma che richiede per il suo svolgimento d'essere effetuato da un' Assemlea Costituente appositamente eletta, essendo necessario infatti non modificare la Costituzione vigente, bensì predisporne una nuova.
Diversa sarebbe la procedura se si pensasse a una forma di governo "ibrida", come quella semi-presidenziale alla francese, infatti in questo caso il rapporto fiduciario Parlamento-Governo resterebbe inalterato e sarebbe necessario potenziare le attribuzioni di indirizzo politico facenti capo al Presidente della Repubblica. Per far ciò sarebbe necessario e sufficiente il normale procedimento di revisione costituzionale.
1) Introduzione : lo scenario politico attuale Il Federalismo
2) Il Federalismo : concetti principali
3) Rilancio della Regione Sardegna nel contesto Italiano di Riforma Federale dello Stato
1) Introduzione : lo scenario politico attuale
Nello scenario politico italiano attuale, io cittadino italiano, ma prima di tutto sardo, mi sento soffocato.
I problemi che affliggono il nostro paese sono sempre gli stessi : la degenerazione del debito pubblico verso la soglia dell'irreversibilità, i fenomeni di gestione poco trasparenti delle risorse pubbliche, le macroscopiche inefficienze del sistema tributario.
Questa situazione sembra possa essere risolta dal nuovo Governo, con una serie di riforme, la più importante delle quali è la trasformazione dell'Italia in uno stato Federale.
La scelta che il nostro paese deve fare, la trasformazione in chiave Federalista dello Stato, dunque, è importante perchè il nostro paese è destinato a confrontarsi con l' Europa, lo spazio di integrazione del futuro ; per questa ragione deve preparare il proprio sistema economico-istituzionale ai profondi mutamenti che si profilano all'orizzonte del Mercato Europeo, magari in senso Federale.
Questo importante processo di "coesione" genera una spinta che si è concretizzata negli accordi di Maastricht e di conseguenza nell'avvicinamento dinamico verso la moneta unica degli stati nazionali Europei. Questo, in parte, significa, anche per l'Italia, perdere il controllo dello strumento del cambio e dell'emissione di base monetaria da parte delle autorità di politica economica.
Significa, inoltre, mutare radicalmente i rapporti istituzionali fra potere politico ed economico e le stesse tecniche di gestione della politica economica : ormai è noto che i nostri tassi di interesse, il nostro tasso di cambio, sono fissati non a Roma ma in Europa, non dalla nostra volontà, ma da movimenti speculativi esterni a noi.
Così, a meno di non voler rinunciare alla propria evoluzione, il nostro paese è destinato a confrontarsi con tali prospettive.
2) Il Federalismo : concetti principali
La soluzione Federalista fu enunciata già nel 1993 nella Commissione bicamerale per le Riforme Istituzionali e dalla fondazione Agnelli.
Una soluzione che porta con sè un significato storico molto importante, a mio giudizio.
Principalmente, la Teoria Federalista è stata studiata in passato e inquadrata come una teoria incorporante il significato del valore, cioè è una teoria politica avente quale elemento centrale il perseguimento della pace (in senso kantiano). La pace è, per il federalismo, un valore in sè che non può essere strumentale ad altri obiettivi o condizioni, per quanto importanti. Non a caso si parla di pace giusta, per alludere ad una situazione nella quale non solo la guerra è impossibile, bensì i più forti e i più deboli insieme costituiscano una stessa comunità, che consenta di evitare o ridurre gli egoismi, le sopraffazioni, gli squilibri di potere.
Credo che questo elemento sia uno dei propositi fondamentali che ogni ondata di rinnovamento debba avere, oltre alla rivitalizzazione di una cultura positiva di crescita riguardo a questo tema ; infatti si sente l'esigenza di una maggiore informazione non solo tramite i Mass-Media, che molte volte offrono una comunicazione distorta, ma di una vera e propria interazione tra noi e i personaggi "politici" allo scopo di creare "informazione produttiva", in quanto "diretta".
Per Stato Federale si intende quella forma di Stato composto che si ha quando più Stati, "Stati membri", si uniscono, dando vita ad un ordinamento statale, detto Stato Centrale, al quale gli "Stati" conferiscono diversi poteri come per esempio quello relativo la difesa, la quale nei paesi neo-federali é la prima incombenza affidata alla federazione.
Il concetto di Federalismo col tempo ha subito delle variazioni. Si è passati da un federalismo "duale", nel quale vi era la tendenza a privilegiare un potenziamento dei poteri dello Stato centrale nei confronti di quelli degli Stati membri, ad un federalismo "cooperativo".
Questo nuovo assetto dello Stato Federale, determinato essenzialmente dal passaggio dallo stato liberale-ottocentesco allo stato sociale attuale, è caratterizzato essenzialmente da uno stato che si fa carico di distribuire equamente le risorse senza tener conto delle suddivisioni politico-territoriali e di assicurare uno standard minimo di condizioni economiche e parità di chances, in modo da permettere a tutti di condurre una esistenza libera e dignitosa, (tanto in "teoria" evidenziata nella nostra Costituzione).
La Costituzione Liberale elencava le materie attribuite dalla competenza dello stato, lasciando la disciplina di tutte le altre ai singoli stati membri.
In Germania il Grundgesets della Repubblica Federale Tedesca è caratterizzato da una legislazione esclusiva affidata al Bund, propria della legislazione corrente, seguendo il "Federalismo cooperativo".
Queste sono le linee generali a cui si ispira anche l'Italia. In verità, sembra ancora prematura questa svolta di riforma istituzionale, perchè non si riesce a tracciare una strada precisa del futuro assetto federale dell'Italia, in quanto più che progetti di riforme in senso federalistico si parla di un potenziamento delle autonomie regionali e della conseguente creazione di regioni forti, dotate di ulteriori poteri legislativi ed amministrativi, di un potere di imposizione tributaria e di utilizzazione delle risorse finanziarie.
In Italia, nel dibattito politico, esiste tanta confusione attorno al termine "federalismo".
Questo "misterioso" termine é offuscato da una parte dalla Lega, che ha dato un taglio secessionista al concetto federalista, e dall'altra dal modo in cui viene spesso chiamato con termine "oscuro" : federalismo fiscale.
Sorvolando il concetto leghista, mi preme sottolineare, come ha gia fatto con me un caro amico, che il termine federalismo fiscale non é assolutamente chiaro.
Infatti a volte molte persone, influenzate dai Mass Media, confondono il federalismo con il "decentramento" ; "il federalismo fiscale non é un tipo di federalismo, é solo un aspetto implicito di un sistema federale : dare autonomia di spesa e di entrate é federalismo solo in presenza di un quadro costituzionale coerentemente federalista" .
Il grande vantaggio di questa riforma consiste, essenzialmente, nel responsabilizzare gli enti dotati di potestà dispositiva nei confronti dei cittadini, non però intendendo che il gettito delle entrate di ogni regione debba essere utilizzato esclusivamente nel territorio in cui viene prodotto, come è esposto da alcuni movimenti federalisti.
Infatti, il federalismo, oltre ad essere il crogiuolo di equilibri politico-istituzionali, economici e culturali, consente inoltre ad un territorio di svilupparsi grazie a dei meccanismi di compensazione orizzontali e verticali, che garantirebbero una "accelerazione positiva" nei confronti di disequilibri fra regioni economicamente piúforti a quelle piúdeboli.
È per questa ragione che questo tipo di federalismo include l'intervento dello Stato come del resto è contenuto nel progetto della commissione bicamerale del 1993.
Questo tipo di federalismo, presume una attribuzione di funzioni di autonomia finanziaria sia sul versante delle entrate che su quello delle spese. Un ipotesi di riforma in senso federale del sistema fiscale italiano sarebbe l'unica soluzione che permetta di salvaguardare allo stesso tempo efficienza e solidarietà, equità e giustizia sociale. Basilare, a questo proposito, è il noto "principio di sussidiarietà".
In ciò che distingue una struttura federale da una semplicemente decentrata, la nostra odierna, è la procedura di ripartizione delle competenze fra governi locali e governo centrale. In uno Stato decentrato l'ordinamento sovrano è quello nazionale ed è questo che concede poi parte delle sue competenze ad organismi di governo inferiori ; il decentramento avviene, quindi, per un atto che si potrebbe definire di benevolenza, col quale parte della sovranità assoluta ed esclusiva di cui lo Stato gode viene trasferita più o meno temporaneamente agli Enti locali.
In un ordinamento federale, invece, la ripartizione dei compiti avviene secondo il diverso principio di sussidiarietà: le competenze spettano sempre al livello inferiore di governo, quello "più vicino all'origine dei problemi da risolvere, delle questioni da affrontare, dei bisogni da soddisfare" e passano a livelli di governo territorialmente più ampi per quei casi, espressamente previsti dalla Carta Costituzionale, in cui l'ente inferiore non sia in grado di risolvere il problema o non riesca a farlo in modo efficiente. L'erogazione dei servizi avviene così dal basso, non dall'alto, come prevede adesso la nostra struttura di governo. Col meccanismo federale l'erogazione dei servizi è strettamente correlata con il prelievo fiscale, invece di essere affidata ai trasferimenti dal livello centrale.
La maggior trasparenza gestionale dei fondi permette di individuare, inoltre, in modo più preciso le effettive aree di depressione a favore delle quali è generalmente prevista, nei sistemi federali moderni, una procedura di redistribuzione legata al riequilibrio automatico delle risorse finanziarie tra regioni.
La solidarietà assume così un carattere costituzionale, intrinseco al meccanismo stesso che regola il sistema, sottraendosi all'orientamento politico contingente espresso dalla maggioranza di governo presente in un dato momento.
In questo modo, in un sistema di tipo federale, la solidarietà si concilia con lo sviluppo economico, pianificato a più livelli territoriali, a seconda delle esigenze di volta in volta emergenti.
L'elemento cruciale dell'indicato modello consiste nel fatto che il soggetto e le comunità abbiano effettivamente il potere sostanziale e formale di affrontare da soli i problemi di specifico interesse e insieme i problemi di comune interesse. Si tratta della possibilità di disporre delle risorse culturali, politiche, tecnologiche e di ogni altro tipo occorrenti all'individuo o alla comunità, per risolvere in concreto i problemi di specifico interesse.
A tal proposito occorre chiarire che non si tratta di determinare condizioni di decentramento del potere bensì di costruzioni dal basso di poteri originali, inoltre non si tratta di operare nel campo amministrativo, ma in quello politico.
3) Rilancio della Regione Sardegna nel contesto Italiano di Riforma Federale dello Stato
Il 28 febbraio 1948 lo Statuto Sardo fu approvato dall'Assemblea costituente.
In quel momento storico fu riconosciuta la specificità dell'Autonomia Sarda, ma, come ben sappiamo, al riconoscimento di una situazione storica non corrisposero i contenuti normativi : alla Regione fu riconosciuto un potere legislativo, sulla base degli art.3, 4, 5 dello Statuto, ma con portata ed effetti limitati .
Nello Statuto poi si faceva riferimento a un impegno del Governo per attuare con il concorso della Regione, un piano per la rinascita dell'isola, la quale anche allora era in uno stato di difficile condizione economica e sociale.
Cronologicamente il disastro più grande per l'isola è avvenuto, a mio avviso, quando ci fu l'attuazione dell'art.13 dello Statuto sul piano di rinascita, articolo che rappresentò il motivo conduttore di tutte le scelte per la trasformazione dei tradizionali assetti socio-economici della Sardegna.
Fu perseguita un'industrializzazione che riguardò tutto il territorio dell'isola con una politica di programmazione.Le scelte di quella politica si sono rivelate sbagliate, perchè l'industrializzazione fu basata non sullo sfruttamento delle "risorse locali", ma sull'istallazione nell'isola di un'industria petrolchimica "completamente estranea" alle sue tradizioni.
Ci fu il tentativo di trasformazione delle attività agricole mediante complesse opere di bonifica, ma i risultati sono stati scadenti ; l'attività mineraria, entrata in crisi, non si risollevò mai più.
Le scelte economiche sbagliate portarono ad una massiccia emigrazione verso le Regioni del Nord Italia.
Risulta facile capire che il probabile cambiamento federale dello Stato è un'occasione per mettere mano ai contenuti dell'Autonomia e per dare un assetto dignitoso ed appropriato alla nostra regione. Infatti vi è l'esigenza di un ridefinizione dei poteri legislativi della Regione, di una maggiore libertà di scelta in politica economica e di sviluppo sociale, la necessità di sviluppare un modello di programmazione che tenga conto "in primis" delle esigenze locali, proprio quello che esprime il concetto di "federalismo".
Infatti, nel nuovo spazio di integrazione che si va profilando, l'Europa, immagino la Sardegna e le altre regioni italiane, riorganizzate dal punto di vista dell'estensione (cantone svizzero), con un tessuto connettivo federalista, nel quale la nostra isola riesca, grazie ai sentimenti di libertà e di solidarietá impliciti nel federalismo, riesca a far riemergere le doti di una terra ricca di costumi, tradizioni e soprattutto di uomini che hanno tanta voglia di lavorare.
A mio avviso, in questo momento di riforme istituzionali è da prevedere il mantenimento della autonomia, che non può sparire per il solo fatto che si crei un ordinamento tendenzialmente federalistico che pareggi tutte le regioni.
Per le caratteristiche della nostra isola, la Regione non può rinunciare alla sua autonomia "speciale", anzi, bisogna ridefinire il nostro Statuto in riferimento non solo allo Stato Italiano, ma anche al processo di costruzione europea.
In vista di questi probabili e importanti cambiamenti, dobbiamo impegnarci, noi tutti, per la diffusione di una cultura rinnovatrice : bisogna farsi portatori dell'esigenza di rinnovamento diffondendo i valori federalisti, in modo da renderci preparati alle nuove imminenti riforme e per creare una base comune di crescita, "mai esistito", per i piani di politica economica impostici a suo tempo.
Copyright © 1996 By Massimiliano Faticoni Most recent revision Monday 18 October 1999 |