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COORDINAMENTO DELLE ASSOCIAZIONI DELLA GRECÌA SALENTINA

SUNTONISTIKH EPITROPH SULLOGWN THS GRAIKIA SALENTINA

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Itinerario fotografico attraverso le antiche testimonianze della Cristianità Orientale dell’Alto Adriatico (Istria)

ArcaieV marturieV thV AnatolikhV CristianosunhV thV BoreiaV AdriatikhV (Istria)

Ancient witnesses of Eastern Christianity of the North Adriatic Sea (Istria)

 

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(…) Anche sotto l’Impero Romano d’Oriente, POLA fu grande come all’epoca di Roma tanto da superare Trieste. Dopo la scissione del 606 col Metropolita d’Aquileia, il vescovo di Pola appoggiò gli altri vescovi istriani che aderirono al Metropolita di Grado. La chiesa di Pola si associò alle altre diocesi istriane quando fu deciso di rimanere fedeli al culto delle immagini contro la condanna, nel 728, dell’imperatore bizantino Leone III l’Isaurico. Ancora agli inizi dell’VIII secolo la chiesa di Pola rimase partecipe al Patriarca di Grado, legittimo successore di S. Ermagora. Nell’VIII secolo i rapporti dei Bizantini coi Longobardi divennero tesi e, in occasione del contrasto scoppiato fra gli Italici ed i Bizantini a causa del culto delle immagini, i Longobardi col loro re Astolfo invasero l’Istria, compresa Pola, nel 751. Nel 774 ritornarono i Bizantini, i quali dovettero ritirarsi poco dopo, nel 788, quando i guerrieri di Carlo Magno occuparono l’Istria. (…)

 

(…) Circa a metà del tratto fra la porta S. Giovanni e l’inizio del clivio che sale al Castello di Pola, sulla parte della strada che guarda il mare, vi sono le fondamenta di un’antica basilica, si tratta della chiesa di S. Nicolò dei Greci. All’inizio era una cappella eretta alla fine del VI secolo con la tipica abside ravennate poligonale. Fu allora dedicata a Maria Vergine. Si sono conservati resti dell’antica pavimentazione musiva che consiste in motivi geometrici di cerchi e quadrati che compongono un arabesco di croci, rosette fiorite e quattro petali e rombi dai lati ricurvi. È ad unica navata; fu restaurata e rimaneggiata nel XIII secolo e poi ancora nel XVIII secolo. Porta sull’ingresso l’anno 1756, epoca dell’ultimo restauro, quando fu eretto anche il piccolo campanile a torre quadrata. Nel 1583 fu ceduta alla popolazione di confessione cristiano ortodossa e prese il nome di S. Nicolò dei Greci. Oggi è, in sostanza, una chiesa bizantina dove viene custodita un’iconostasi del XVIII secolo, opera del maestro greco Tomios Batos, ed altri oggetti pregiati. La chiesa era usata dai greci in transito ed in seguito ebbe funzione di conforto per gli immigrati di religione ortodossa sfuggiti ai Turchi nel XVI e XVII secolo. A questa chiesa, che rispondeva al vescovo ortodosso risiedente a Zara ed il cui Patriarca era quello di Costantinopoli, era sottomessa la chiesa di S. Spiridione di Peroi, la vicina località fondata nel XVII secolo da immigrati serbi ortodossi. Dal loro arrivo in Istria nel 1657, al XVIII secolo in cui fu eretta la chiesa di Peroi, gli abitanti di questa borgata erano costretti a ricorrere al sacerdote di S. Nicolò dei Greci per i loro bisogni spirituali. (…)

 

(…) Osservando la Piazza della Repubblica a Pola, porgendo le spalle al mare, a destra la Riva ebbe il nome di Mazzini e poi di Garibaldi. Sull’angolo del Vicolo dei Pescatori, a sud del Foro Romano, si trova l’unica cappella superstite della veneranda abbazia di S. Maria Formosa o del Canneto, detta del Canè dai Veneziani e del Canedolo dai Polesani. Fu una fastosa Basilica Bizantina a triplice navata costruita sulle probabili rovine del Tempio di Minerva che esisteva in quel sito. Aveva molte somiglianze con S. Apollinare in Classe. Venne eretta nel 547 per volontà di S. Massimiano, istriano di Vestre, allora arcivescovo di Ravenna. Egli la dotò di ricchi fondi e di una propria rendita, il cui documento di donazione e di consacrazione, del 556, fu trovato a Pola nel 1657, ma questo documento poi scomparve. Fondò pure l’omonima abbazia dei monaci Benedettini, alla quale apparteneva anche il monastero di S. Andrea, posto sull’omonima isola situata al centro del porto di Pola. All’abbazia di S. Maria dell’ordine benedettino appartennero tutti i monasteri istriani, prima che nel 1200 si introducessero altri ordini. Santa Maria Formosa o Beata Vergine del Canneto gareggiò per ricchezza e splendore con la bizantina Basilica Eufrasiana di Parenzo d’Istria: le tre navate erano divise da dieci colonne per parte, ed i capitelli erano scolpiti a graticcio di vimini, a calice espanso o a campana. Il pavimento, un’opera musiva minuta policroma, dava l’illusione di tre grandi tappeti orientali. L’altare maggiore stava sotto un baldacchino di marmo e nel coro sorgeva la cattedra abbaziale. Le finestre piccole e spesse, ad arco rotondo, erano chiuse da lastre di pietra traforata che lasciavano penetrare una luce calma e le funzioni venivano celebrate in questa penombra che si confaceva al mistero dei sacri uffizi. Esternamente, a fianco dell’abside centrale si trovavano, indipendenti, due cappelle: una dedicata a S. Andrea ed una alla Madonna del Carmelo. Questa abbazia venne donata nel 1001 da Ottone III all’arcivescovo di Ravenna ed entrò a far parte, pertanto, del “feudo di S. Apollinare”. Alla fine del XVI secolo, la basilica era in gran parte demolita e nel 1550 Venezia inviò a Pola Jacopo Sansovino per restaurare la chiesa già spogliata delle sue bellezze ed ormai caduta in rovina. Lo stato rovinoso in cui si trovava la basilica sconsigliò il restauro e pertanto venne tutto abbandonato, tranne la cappella che si vede ancora oggi (cfr. link in alto). La cappella superstite, che ha molte analogie col Mausoleo di Galla Placidia di Ravenna, può dare un’idea della grandezza e della ricchezza della scomparsa basilica. All’interno conteneva un preziosissimo mosaico nel catino a fondo d’oro rappresentante Cristo e S. Pietro, ora depositato nel Museo archeologico di Pola; anche le altre due volte erano ricoperte da mosaici. Il Gnirs, nei primi anni di questo secolo, esplorò i resti del pavimento musivo che consiste in strisce colme di nastri, tamari e trecce. Le strisce si intrecciano in un ordito di cerchi; gli spazi vuoti sono riempiti con pesci, rosette e rami con viticci. I mosaici sono prevalentemente di colore nero e verde.

 

[Tratto da Dario Alberi, Istria, storia, arte, cultura , Edizioni Lint Trieste, 1997 – pagg. 1864, 1894, 1903-4]