MICHELE  COSSYRO

Scultura complice del segno
 

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Tempo e la Storia

Mai come oggi, l'arte e l'artista hanno vissuto un momento così difficile. A cosa e a chi dedicare il proprio impegno d'artista? In assenza di valori da difendere e di contenuti da esprimere, all'artista resta solo la testimonianza della propria esistenza, del proprio divenire temporale senza soluzione di continuità. A questa condizione esistenziale Cossyro si oppone, ma è troppo critico per liberarsi facilmente dalla condizione di crisi che vuole esorcizzare a suo modo. Gli rimane l'attaccamento all' "essere" (come meditazione e riflessione), la sua educazione alla propria metafisica centralità, legata alla storia come inventrice di strutture di immagini.

Nelle sue opere attualmente esposte alla galleria "Arte e Pensieri" di Roma, realizzate con due materie fenomenicamente distinte e dialettiche, indicative della propria interna contraddizione conoscitiva tra "causa" ed "effetto", solo che in questo caso la causa è virtuale, l'effetto reale.

L'inversione della legge fisica riflette l'astrazione di Cossyro nella sua volontà di provocare l'ambiguità fertile della sua intelligente immaginazione. Nella precarietà del dubbio Cossyro frena l'ambiguità tra virtuale e reale e traccia fondendo in bronzo traiettorie segniche nello spazio.

Segni come gesti liberatori in continuità con lo spazio temporale della superfìcie-muro, spazio interno e spazio esterno, scultura e ambiente vivono contemporaneamente. Un dualismo tra fenomenologia e positività, tra astrazione e realtà sembra essere oggi la ricerca di Michele Cossyro. Tutto ciò nella volontà di "conoscenza" o di "certezza"? Ma Cossyro è un artista e come tale vive tra conquista e perdita. Come artista è un tecnico dell'immaginazione. Sa che la conoscenza creativa si raggiunge attraverso la certezza e l'incertezza, un continuo perdersi e ritrovarsi sostenuto sempre da una paziente impazienza ne! proprio lavoro in cui Cossyro è esperto maestro riconosciuto.

Achille Pace
Roma, 2 maggio 2003
 


CERAMICHE
 

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Conchiglia?, ceramica smaltata in 3° fuoco e disegno sul muro, 41 x 32,5 x 6 cm
(ceramica 14 x 13,5 x 6 cm), 2002.


 

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Manta, ceramica smaltata in 3" fuoco e disegno sul muro, 50 x 86 x 5 cm
(ceramica 32 x 35,5 x 5 cm), 2002.


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Velata, ceramica smaltata in 3° fuoco e disegno sul muro, 33 x 56 x 3,5 cm
(ceramica 30 x 27 x 3,5 cm) 2002.


BRONZI
 

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Avvolta, bronzo e disegno sul muro, 39 x 20 x 11,5 cm
(bronzo 35.5 x 20 x 11.5 cm). 2003


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In" rete", bronzo e disegno sul muro, 34 x 33,5 x 9,5 cm
(disegno Ø 20,5) cm 2003.


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Irretito, bronzo e disegno sul muro, 37 x 56,5 x I cm
(bronzo 37 x 44,5 x 1 cm), 2003.


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Frantumazione, bronzo e disegno sul muro, 51 x 34,5 x 6 cm
(bronzo 41 x 34,5 x 6 cm), 1986-2003
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Slittamento, bronzo e disegno sul muro. 59.5 x 79 x 5 cm
(bronzo 33 x 40 x 5 cm),1996.

 

Esistono fili sottili, impercettibili, invisibili forse ai più, che legano le cose agli eventi. Alcuni incontri possiedono forse una parte di questa magia.

Appena oltrepassata la porta dello studio di un artista la sensazione è quella di trovarsi tra l'ovvietà più sconsolante o al contrario di ritrovare quelle parti che fanno riaffiorare impronte lasciate da un universo appena trascorso.

Nello studio di Michele Cossyro ho trovato e raccolto quei fili di passate esistenze, segno e sogno di una mitografia delle origini non costruita a forza sull'eccesso e la magniloquenza che è poi il gesto abnorme, malattia dello strafare contemporaneo. Non c'è ansia, non esiste affanno forse solo perché il cammino di Michele è già illuminato. Ho raccolto Ira le parole e le figure quei fili nascosti, forti più di una rete di nassa, che raccordano il sogno di Icaro con il gesto del graphein che è atto primario e complanare di una scrittura delle origini. Ogni lavoro è come se si muovesse in un campo d'evacuazione instabile e per questo cerca nuove e praticabili vie di fuga dal discorso già dello, dall'oggetto già poggiato a parete. Lavori che solo per un attimo accettano di praticare il doppio gioco silenzioso d'un'esistenza inerte per poi muoversi con un sussulto che molto ha d'umano a sfidare la gravita terrena.

Soprattutto la scultura tende a travolgere il confine della forma, non accettando il suo ruolo "istituzionale" che la àncora, che la concepisce, come oggetto inerte sul muro. Oltrepassare la tridimensionalità significa per Cossyro avere ed offrire anche ad altri la possibilità di guardare oltre la materia. Guardare oltre come guardare attraverso i suoi strati, la sua stessa composizione organica.

Né intima né nostalgica questa scultura è pronta all'attacco, armata solo dell' innocenza delle proprie origini. Compirà un lungo viaggio, attraverserà il mondo o solo varcherà un suo confine, quella parte che noi chiamiamo "parete".

Il rapporto con il muro è il sogno realizzato di un dialogo reciproco: i! luogo prediletto dove l'oggetto "finito" potrà ulteriormente "rifinirsi"; e quei segni di interlocuzione non sono semplici tracce ma una sorta di doppia anima della scultura immersa in un rapporto complesso con lo spazio ambientale.

Quel segno sottile ed esile tracciato come a voler recuperare per non dimenticare la grafìa delle origini, quel segno duttile, apparentemente semplice ed implicitamente simbolico dell'infanzia altro non è che il prosieguo di un discorso scultoreo che oltrepassa la forma per arrivare all'essenzialità di un gesto che è parola disarmante. Sculture complici del segno che nel loro affiorare dichiarano il privilegio dì essere, ovvero di '"esistere" in un altro stato, forma eterea e rarefatta che vola alta sopra le con-suetudini del linguaggio e dello stile, sopra le volgarità di un mondo già visto per restituire il sogno di Icaro, di colui che osa sfidare la gravita terrena solo per poter vivere nell'attimo di una luce solare.

Oltre Narciso. Significa per l'artista riuscire a rompere quel voto che è specchio referente per investire l'ambiente di un altro ruolo: non contenitore inerte ma vero e proprio teatro per lo sguardo.

Uno diverso dall'altro. Il lavoro di Cossyro chiude la porta in faccia alla serialità, alla ripeti/ione inerte di un tema o di un particolare e ['occhio/voyeur si addentra nella perlustrazione di quelle direttrici apparentemente analoghe ma realmente dissimulale. Queste sculture sono anime in volo, sospese. Anche il bronzo, materia materiata "pesante" è un oggetto vivo che non soffre ma anzi si offre ad essere toccato nelle sue forme. La scultura è anima pensante che riflette sullo stato differenziato delle sue parti. Come fossero parole di una frase. Il bronzo si apre e sinuosamente entra nel quotidiano di colui che osserva. Vuole essere toccato nella sua leggerezza aspra che non è effimero ma permanenza, vera e propria architettura ambientale.

E' riduttivo considerare questi lavori come sculture leggendoli magari in una chiave di estrema linearità astrattiva. Ma dentro c'è il fuoco del vulcano. Sculture sonore: si ode qualcosa che urge e preme per uscire. E' il non accontentarsi di una sola visione del mondo. E' solo il pensiero forte di una materia scabra comunque sensuale che dal profondo affiora come intuizione di un'altra possibile via, di un differente rapporto con le cose e quindi con lo spazio e la prospettiva.

Scultura come pensiero, foglio sospeso, scrittura di un diario che si apre libero nell'aria e cerca contatti e relazioni umane.

Scavare dentro per andare oltre la scultura. Significa scansare la sua stessa fissità terrena creando bilanciamenti tra le dimensioni fisiche e psichiche del "leggero" e del "pesante". La ferita inferta da Fontana diviene linea sinuosa. antitragica ed antidrammatica, non ridondanza materica.

Dal Caos all'Omega. La classicità di Cossyro è rivolu7Ìone ed assalto armato sovvertendo piani per poi ricostruire un mondo che è unità e coerenza di una scultura che è ponte, trait-d'union Ira le inquietudini di un Occidente alla deriva e la spiritualità, che e leggerezza, dell'Oriente.

Una visione classica della scultura la trasmuta in metafora del viaggio, di un cammino in avanti, che non è sfida alla materia ma dialogo e confronto scovando sotto ogni piega della materia il recondito racconto di un'origine primigenia e collettiva, punto di incontro tra i differenti idiomi di una cultura mediterranea.

La scultura è l'anima inquieta che aleggia attorno a noi. Rimanda ad un altro sé sen; affanni o reticenze proprio perché l'identità e l'unità sono certe. Qui la mano non conosce l'idolatria del facile effetto.

Il lavoro di Cossyro è proiettato oltre la fissità del progetto: segno che si muove liberi e consapevole della propria Storia nella leggerezza dolce di non appartenere a nessuno deriva stilistica o culturalmente omologante.

Artista arcaico, forse antico quel Michele Cossyro. Artista ludico che ama il gioco non accetta la tragedia della farsa dell'arte. Ed è per questo che la sua scultura non lingua morta.

Lidia Reghini di Pontremoli

Roma, aprile 2003


Della pittura lineare, per linear illatas. che formano la parte più antica del grande "tema1" che è lo spazio, dobbiamo riconoscere l'operazione stilistica e linguistica di Cossyro: e definirla di tendenza astrattiva e, insieme, estrattiva, cioè trainante, definitoria propria della occasione meglio temperata: per lineas genitas ingenitas?;, a ricerca o inferenza delle radici del diafano e dell'opaco, a opera della immaginazione lineata, che è in parte attestato e in parte atteggiamento della vivente ordinanza, del tratto-tragitto, della deriva simmetrica, in propensione di "anti-spazio/. Che nella invenzione di Cossyro presenta l'assedio totale di orizzonte-come-vertice: la verticale ricreata in fase di spigolo e di diramatone, di ramo e di lama, in metafora saliente dell1 ordito-trama, dell'instancabile trasparenza della specularla iterata, moltipllcata, articolata in memorie di trasparenze e di inflessi-riflessi, di fusione nel limitrofo, come Tonda "toujours recomencèe", come somma di rimandi, di apertura, di vigilanza sulle leggi del "verticale" in emblema!e firmo, organico lineato, e sui principi coordinati, non da repertorio geometrizzante, ma da serena e severa cognizione: come per raggiungere, nella fisicità coniugata del tono, la organicità e il grado di deriva ritmica, della quota di trasparenza, contro gli ingranaggi delle "strutture" e delle "composizioni". Nella "fisica armonia" onduloide o rettilinea, di Cossyro corre l'evidenza misurata, numerata, annoverata, in aperti triangoli, della evidenza misurata, della rincorsa in ritmo innocente, trasformata in "elemento" (desiderio glaciale di parete estatica); della evidenza in atto di campo d'ombra. E tutto per abbattere, deiettandola, la cifra (o icone, o feticcio) del labirinto (geometrico o psicologico); e sostituirla, a confronto, come una variegata urna posta, elevata scenicamente, che sigilla spazio come divario, come alveo, come dissolvenza ritmata, come scalarità, come contiguità e lampeggio di parametri, (a paraste successive); o come triangolo che fonda una possibilità di (com)prendere l'organismo puro, chiuso, tagliente: cioè l'angolo che è traccia permanente, e tragitto, sotto la nube del cromatico (paesistico anche, o più esattamente atmosferico). Per cui si instaura, in manufatti prestigioso, il disegno-designo (disegnare-designare) dell'amalgama numerato di grande occasione della linea insorta, dall'inevitabile, ineliminabile, inalienabile espediente graduale: dove chi vuole può inserire nello schema un senso più generale di torma del mondo (cosmomorfia) e perfino un lieve sospetto di cosmologia acquattata e idealizzante. Per cui si intoni l'intento di riattare circostanze, evenienze, essenze emozioni a un unico istantaneo simultaneo getto del colore imperversante: come alternante, e non meccanico nucleo o punto di accesso conteso al ''visibile" e al "divisibile" (come dire: " quelque pari / quelque ari " e "quelque partie / quelque vie") che invano ricerchiamo nella accecante misura della materia umorale, il e irraggio sensitivo del segnale permanente in materialità dissolvente, dissolvenza-embrione di una prospettiva trasfinita: il tempo, il tempestivo, predisposto in fasce verticali, in bande precìpiti, coniugate a spigolo, a trigono, cristallizzato, immoto, come la semina, spargimento, dì "tempi" originali, proprio in gradus, in tagli dell'estremo improvviso di serie contemplativa; in timida, titubante, avventata fiction (immagine, emblema, sigillo appunto, stemma, stigmata di concezione psicotropica, di "delices ravissantes en geometrie": reminiscenza, o apertura, di "tema-tempo" allo stato puro, svelato contro la "distesa" occupata dai suoi canali angolati e vertebrati, dalla sua assorta cerniera o raggrumo di metafora-enigma, come icone non labile, come moto di coscienza dirimente dentro la grande orbita della "percezione" costante, mobilitata alla sua intima incessante dislocazione e dilatazione, e qui, contro ogni decaduto o decantato "pro spetti ci smo"; alla sua iterazione semplice, ma anche ambigua, ricercando l'ossatura, la "frastica", si dice, dell'involucro nudo, della cosa non separata dalla sua origine. Così ritroviamo in Cossyro il "segnale" di eminente araldica spazio-temporale; come processo mai problematico, ma emblematico, della immaginaria inventiva, che è limite e passaggio di sensibilità, e vettore di (e) vocazione scenica, di un parco oscillante, a lettura contratta e serrata, come inquieta dimora (vacante in senso di contemplazione incessantemente assorta), quasi fosse da inalbera, per armoniosa ma secca esercitazione, la inchiesta di un étymon di possibilità riconosciute dal "demone geometrico": custode dell'essenziale differente-indiffcrente; là dove l'invasato operante è portato, non sappiamo bene come, a scuotere con risonanze non più geometriche la superficie (la extensio) senza frammentarla, e soprattutto, e tanto sovente, aggredita da abbellimenti e nozioni migranti (il vizio del colore non lo si perde mai, se uno ce l'ha; e comunque solo sotto uno sforzo disumano). Con l'espediente operativo, in sé meccanico, dell'affronto, banda contro banda, striscia contro striscia, parete contro parete, specchio contro specchio, Cossyro drammatizza il medesimo contro l'individualizzazione generata, il medesimo contro il medesimo, l'asse ^infìrmus1" contro Tasse di flessibilità libera e ingenerata (una maniera di allucinazione che nasce e scompare), continuativa: lo spazio-deserto come disponibile alla semplicità del gioco freddo, e alla sezione di cieca, misteriosa, innumerabile e non avvitabile immagine che ci formiamo addosso, di pronta versione del microtopo che la pittura denuncia come stesura ortica: cioè spazio-maggiore come colpo e colpo di memoria, come tentativo di un rito affascinante, come l'equilibrio casuale ma non confuso, delle linearità, dell'affilato combaciare delle identità

geometri che, quali espansività di crea/ione: sempre lo sforzo dello spazio (non onirico anti-onirico) di sfuggire alla propria ineluttabile immanenza, alla propria primordiale infanzia: è il passo che trascorre e che distanzia orizzonte da mythos. "Spazio" vero, o ipotizzato da inconscia epifania-prigionia, tracce e ombre di landscaping. memorie da suggestione, da impressione del primitivo logos (il battito del tamburo nella geometria dei continenti), da suggestione, da impressioni, luoghi di confine dell'oscura esistenza; il moltiplicarsi e come riverberarsi di una fisionomica dello spazio sospeso alle sue stigmate (i suoi ''segnali"), ai suoi annodi coscienziali/.nidi di visione: velo e incarnazione in atmosfera imbandita, pura peripezia, perimetro del breve assurdo, e mutamento dell'esistere nell'inoltro; per assunzione calligrafica e topologica interferenza, figlie della materia comune, astrazione e silenzio del livello ideale, proprio, diciamo, come contropeso al "labirinto": ma liberi, scatenati, rapinosi effetti riflettenti in semplice dirittura, nella disposizione di originari eidetikoi arithmoi, "numeri che si vedono", "numeri con cui si vede", rigorosi, attivi.

Emilio Villa  

 Roma, dicembre 1984

 

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Scia, bronzo e disegno sul muro, 25 x 33.5 x 5 cm
(bronzo 15 x 25 x 5 cm). 2003.


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Viaggio, bronzo e disegno sul muro, 54 x 109 \ 6,5 cm
(bronzo 22 x 62 x 6,5 cm),1999.


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Punica, bronzo e disegno sul muro. Al x 87 x 4,5 cm

(bronzo 30 x 50 x 4,5 cm). 1999.
 


 

 

 

 

Biografia

Michele Cossyro, nato a Pantelleria nel 1944, si diploma in scultura con Pende Fazzini presso l'Accademia di Belle Arti di Roma. Dal 1978 ha occupato, da titolare, la cattedra di decorazione nelle Accademie di Belle Arti di Catania, Urbino e Venezia, Dal 1987 al 1995 dirige l'Accademia de L'Aquila ed è titolare della cattedra di decorazione della medesima.

Insegna decorazione all'Accademia di Belle Arti di Roma, è direttore artistico dell'Associazione culturale internazionale La Salerniana di Erice e della Galleria Civica Giuseppe Perricone. Vive e lavora a Roma.

Caratteristica del lavoro di Cossyro, maturato da un'astrazione con riferimenti surreali, è un linguaggio che esprime attraverso la metafora suggestioni e memorie mediterranee. Nelle opere oggettuali degli anni '70 troviamo le bande verticali, le carene, gli ami, i sugheri, le piume, e poi le ambientazioni, le frantumazioni e le disseminazioni. Successivamente sullo spazio ambientale interviene l'ambiguità tra pittura e frammento speculare; in queste "astrazioni fenomeniche" la pittura guarda se stessa arricchendosi di nuovi inganni percettivi. Negli anni '90 nasce la serie delle nasse, pittosculture bidimensionali sul tema della rete, metafora della globalizzazione, E1 molto attivo nel campo dell'arte per l'architettura producendo sculture, mosaici, vetrate, ceramiche.

'Tra le mostre personali: 1973, Galleria Cortina, Milano - 1975, Galleria Artivisive, Roma - 1976, Galleria II Traghetto. Venezia - 1977, Galleria Eichinger, Monaco -1981, Galleria Chapitre XII, Bruxelles - 1985. Galleria Ezio Pagano, Bagheria - 1989. Galleria Banchi Nuovi, Roma - 1991, Galleria Mazzocchi, Parma - 1992 Galleria Vanna Casati, Bergamo - 1992 Galleria Artivisive. Roma - 2000, Centro Amici dell'Italia, Mannheim - 2001, Arte Club, Catania - 2002, Galleria Miralli, Viterbo -2003. Galleria Arte e Pensieri, Roma.

Tra le mostre collettive: 1975. X Quadriennale, Palazzo delle Esposizioni. Roma; XX Rassegna d'Arte Moderna, Castello Svevo, Termoli - 1980. Expo Arie, con Studio Artivisive. Chicago - 1982, Narcisus, Istituto Latino Americano, Roma; Vent'anni con l'arte, Museo Ca'" Pesaro, Venezia; Pittori dell'occhio della niente e dell'immaginazione, La Salerniana, Erice - 1984, XL! Biennale, Venezia - 1986. XI Quadriennale. Palazzo dei Congressi, Roma - 1987, Mediterranea. La Salerniana, Erice; Astratta, Palazzo Forti, Verona e Palazzo della Permanente, Milano e Kunsthalle, Francoforte 1989, XXXI Biennale nazionale d'arte Città di Milano, Palazzo della Permanente, Milano; Quei problematici anni Settanta, Galleria Banchi Nuovi, Roma - 1991, In forma colar, Galleria Artivisive, Roma; Paesaggio con rovine, Gibellina - 1995, Nutrimenti dell'Arte, Case di Stefano, Gibellina - 1996, Intrepid Sea Air, Space Museum, New York; La Nuova Europa, Le Zitelle, Venezia; Circumnavigazione X, rassegna d'arte contemporanea, Villa Cattolica. Museo Renato Guttuso, Bagheria - 1997, XXV della Salerniana, Erice; La questione siciliana, Museo Castello Ursino, Catania -1998, L'isola dipinta. Museo del Risorgimento, Vittoriano, Roma; La Sicilia è un arcipelago, Acquario comunale romano, Roma - 2000, Sulle ali del tempo, installazioni di artisti siciliani, Oratorio di Santo Stefano Protomartire, Palermo - 2001, Tradimenzione, Accademia di Romaniia, Roma - 2003, XLVI Mostra internazionale d'arte contemporanea, Termoli: Arie in Italia negli anni Settanta, Polo Umanistico, Erice.

Alcune opere in spazi pubblici: Museo d'Arte Contemporanea, Gibellina (scultura in bronzo, legno e acciaio, 1976) - Capitaneria di Porto, Roma, Fiumicino (fontana in bronzo e marmo, 1994) - Capitaneria di Porto, Bari, quartiere San Cataldo (mosaico, 1994) - Nuova caserma dei Vigili del fuoco, Perugia (mosaico tarsia in ceramica policroma, 1996) - Sede Provinciale Nuova caserma dei Carabinieri, Sassuolo (scultura in bronzo e marmo, 1997) - Nuova Pretura, Palermo (mosaico, 2000) - Capitaneria di Porto, Trieste (pannello in bronzo, 2002).

Esiste una attenzione molto significativa per le opere di Michele Cossyro da parte di prestigiosi teorici, storici e critici d'arte che l'hanno inclusa in pubblicazioni nazionali e internazionali.

   
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