INTERVENTO AL CONVEGNO :"IL CONTROLLO INTERNO E LA VALUTAZIONE DEI DIRIGENTI - GENOVA, 17 LUGLIO 1998"

 

 

Il Prof. Bettinelli nel suo intervento ha presentato un caso esemplare di cattiva amministrazione dove, a fronte di un cittadino inerme, sta una Pubblica Amministrazione autoritaria ed inefficiente.

Non va dimenticato tuttavia che esiste anche una situazione specularmente opposta, dove non sempre c'è un cittadino inerme da difendere ma una amministrazione debole e impreparata rispetto ad un privato che rappresenta spesso spregiudicati gruppi immobiliari e finanziari.

Ma c’è anche una motivazione più profonda: la riforma amministrativa in questo decennio (che si potrebbe far partire in modo convenzionale dalla legge 142/90 e dalla 241/91 fino ai recenti decreti Bassanini emanati negli ultimi mesi) rappresenta senz’altro un rinnovamento del modo d’essere della pubblica amministrazione e delle sue regole interne, ma, a mio giudizio, non vanno nascosti nè dimenticati i punti di criticità che rappresentano i passaggi fondamentali della riforma.

Non solo quelli di carattere procedurale che mettono in campo aspetti importanti, ma appunto di mera procedura, ma anche i rapporti con le nuove normative relative agli ordinamenti e più ampiamente alla modifica della rappresentanza e dei sistemi elettorali ed infine agli stessi processi di privatizzazione.

da cittadino a cliente

Su questo punto va detto con grande chiarezza che il passaggio da cittadino a cliente rappresenta sicuramente un passo indietro. La pienezza dei diritti del cittadino non è equiparabile alla riduttiva considerazione dell’uomo-consumatore-utente.

Se la possibilità di incidere sulle scelte del settore privato, tentando una impossibile politica economica sono quasi inesistenti ciò che trovo intollerabile è che anche nel settore pubblico prevalgano logiche aberranti di spreco, inefficienza, gerarchia che, come è noto, sono sinonimi .

E’ mia convinzione tuttavia che per esprimere compiutamente i guasti della burocrazia occorrerebbe un moderno Balzac o un moderno Daumièr.

Credo sia opportuno guardare criticamente anche a leggi come la 242/90 o come la 241/90 sul decentramento e lo snellimento delle procedure per i danni che hanno determinato all'ambiente con un uso disinvolto delle "conferenze di servizio" e degli "accordi di programma". Un esempio recente, che giudico grave perchè di iniziativa pubblica, è il progetto di "valorizzazione" di Vallegrande nel Parco delle Cinque Terre ma ovviamente le iniziative private sono state maggiori per ampiezza e impatto ambientale.

Lo stesso si potrebbe dire anche dei decreti Bassanini per l'impulso alla burocratizzazione e alla gerarchizzazione degli apparati pubblici, l’inganno dei compensi incentivanti la produttività separati da ogni seria indagine sui carichi di lavoro, sulla struttura degli uffici, sulle responsabilità dei dirigenti e sui ruoli dirigenziali superflui; senza aver risolto il problema della distinzione dei ruoli tra politici e dirigenti, mentre continua uno scambio antico dove in molte amminisrazioni pubbliche la parola amicizia ha un sordido significato: vuoi che intenda un sodalizio di partito o una clientela.

Ma anche le imprese private non sono certo un modello perchè avviene lo stesso dove sono presenti corruzione e clientele.

Anche l’emendamento alla Bassanini ter, poi rientrato fortunosamente, che avrebbe consentito di conferire a fondi immobiliari parti dei beni demaniali resta, dal punto di vista culturale, non un semplice infortunio ma una ferita non rimarginata che rischiava, per far cassa, di distruggere il patrimonio storico ambientale del paese e alienare, cioè sottrarre per sempre alla fruizione di tutti beni fino ad oggi inalienabili; e ciò in contrasto con le note sentenze della Corte Costituzionale e della suprema Corte di Cassazione che riconfermano l’assoluta inalienabilità del demanio e del patrimonio storico artistico naturale della nazione.

Già A. Smith sosteneva la tesi di alienare il patrimonio pubblico per sanare il deficit di bilancio ma fortunatamente la stessa Inghilterra ha cercato invece di aumentare il patrimonio pubblico ad esempio con l’istituzione del "National Trust".

Anche a livello europeo e internazionale prevalgono purtroppo, come è noto, logiche di rapina ambientale, di negazione dei diritti e di emarginazione delle economie povere .

 

politica dei diritti e delle libertà

 

Una politica dei diritti e delle libertà deve certamente significare efficienza ed innovazione di processo e di prodotto, ma l’efficienza in se è condizione indispensabile ma non sufficiente in uno stato di diritto; perchè il rischio è proprio quello di colpire con rigore, ad esempio, chi ha una invalidità parziale, ma non chi distrugge il territorio con una speculazione immobiliare.

Il criterio dei "costi- benefici" è valido solo se ancorato ad un sistema di valori. Ad esempio i tagli che hanno ridotto quantità e qualità dei servizi nella sanità o nella previdenza, al di là di ogni retorica, hanno rappresentato piuttosto un minus di assistenza e di solidarietà che un modello di maggior efficienza. In altri termini la lotta allo spreco ed alla inefficienza a mio giudizio non va confusa con la politica dei diritti e quindi anche del diritto ad una buona qualità dei servizi.

Come qualificare dunque le funzioni-obiettivo della P.A.? C’è solo un modo: quello di una seria ricognizione delle attività svolte e dei ruoli dirigenziali, affrontando il problema squisitamente politico che è quello del rapporto tra P.A. e diritti dei cittadini. So bene che i dirigenti non vogliono sentire parlare di politica anche se di fatto il rapporto tra politici e dirigenti è quello noto di una grave compromissione dove non si salva nè l’autonomia della politica, nè l’autonomia dei funzionari. Nella Regione Liguria manca persino la sede in cui avviare un confronto non finto (si veda ad esempio la Conferenza di Dipartimento mai convocata e difficilmente convocabile perchè rimessa alla decisione esclusiva del Direttore!). Un sistema di valutazione dei dirigenti c’è già, occorre vedere se è congruo o no. Ad esempio, come mai settori che sarebbero stati strategici sono stati trascurati ,senza personale e risorse? Ed altri, più o meno superflui, hanno visto crescere a dismisura gli organici?. Occorre, in altri termini, comprendere che cosa è successo in questi decenni e anche le pesanti eredità del passato.

Dopo il fallimento della Bicamerale che avrebbe dovuto incidere profondamente sulla struttura decentrata dello stato e sulla riforma amministrativa, riprende l’attenzione nei confronti della riforma Bassanini che, dentro le compatibilità della costituzione presenta un disegno riformatore di grande respiro.

 

determinare le sfere di competenza ,le attribuzioni e le responsabilità dei funzionari

 

Il dettato della costituzione (art 97 ) è molto chiaro; afferma testualmente: "Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza ,le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari" ma dopo 50 anni è questo un punto del tutto inapplicato della carta costituzionale. E non è applicato purtroppo perché prevalgono logiche premiali e le solite logiche di scambio tra dirigenti e politici; come è sempre avvenuto peraltro nella migliore tradizione italiana.

Una vera riforma dovrebbe partire, come chiede la Costituzione, dal riconoscimento delle funzioni proprie dei singoli funzionari. Il termine funzionari che si ritrova nella Costituzione va inteso non solo nel senso dei dirigenti della attuale normativa, ma a tutti i dipendenti perchè il processo di responsabilità e la chiarezza delle attribuzioni dovrebbe essere riferibile a tutti.

Occorre analizzare modelli organizzativi e funzioni in modo da poter verificare anche la superfluità di taluni ruoli dirigenziali e non solo del personale subalterno. La struttura di controllo interno ed il meccanismo di controllo dei dirigenti, oggetto del presente convegno appare del tutto inadeguata.

La dirigenza non può essere una struttura auto-referenziale, ma deve essere sottoposta ad un giudizio esterno non solo di un organo di consulenza, ma di rappresentanza delle istanze associative, culturali, sindacali e politiche dei cittadini. E’ questo uno dei punti nevralgici della democrazia :non è sufficiente la rappresentanza politica che ogni cinque anni si affida a scelte di carattere generale dove, come è noto, prevalgono aspetti generali ed emozionali che non riguardano e non presuppongono un consenso sulle singole decisioni e poi perché non vale tanto la decisione in sè quanto la buona amministrazione (nel senso della erogazione di un servizio pubblico come pure della così detta "alta amministrazione").

 

La dirigenza della regione Liguria dalla Elea alla Metis

 

Qual’è poi la situazione all’interno della dirigenza della Regione Liguria? (ma nelle altre Regioni la situazione è uguale se non peggiore). Ebbene si parte da due segretari generali, poi arrivano direttori generali e ancora dirigenti di tipo A ,di tipoB e di tipo C; dirigenti di settore, di ufficio, di staff e chi più ne ha più ne metta; perché si può essere un ammiraglio su una barca a remi o un marinaio al comando di un transatlantico. Si è persino arrivati a separare, contro logica e buon senso, la biblioteca dalla documentazione, mentre è stato soppresso l'ufficio stampa per sostituirlo con un portavoce; con tanti saluti al diritto-dovere all'informazione. La situazione è scandalosa ma tanta è la prostrazione della categoria dei giornalisti che non sarà difficile trovare chi sarà disponibile ad un giornalismo dimezzato. Ruolo della comunicazione, della documentazione, della trasparenza dei processi decisionali, dell’accesso alla informazione, della partecipazione sono aspetti strettamente correlati.

Nella Regione Liguria manca una struttura di documentazione e non esiste una fruizione pubblica della biblioteca e della documentazione (non esiste reppure un catalogo unico delle biblioteche del Consiglio degli Assessorati e della Giunta ) mentre il diritto di accesso ai documenti è appesantito da una procedura defatigante con una difficile individuazione del responsabile del procedimento.

Peraltro una recente delibera che definisce i rapporti tra responsabilità della Giunta e del Presidente nonchè della dirigenza generale e dei dirigenti lascia a questi ultimi bem poco spazio di autonomia e responsabilità.

Dalla Elea alla Metis è una storia esemplare quella delle società di consulenza della Regione Liguria.

Secondo la nuova normativa sulla dirigenza è stato affidato un incarico di consulenza alla società Elea per la valutazione della struttura amministrativa (secondo parametri e valutazioni riconosciuti congrui dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri) ma, prima della consegna della relazione conclusiva l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale ha proceduto alla riorganizzazione degli uffici ed alla attribuzione degli incarichi ai dirigenti! Credo non ci sia alcun dubbio che ci troviamo di fronte ad un chiaro episodio di danno erariale. Il magistrato della Corte dei Conti può avere qualche dubbio in relazione ad alcune inutili consulenze la cui inutilità è difficile da dimostrare, ma non certo in questo caso quando l’inutilità è in re ipsa.

Per quanto riguarda invece la Metis ha svolto un’indagine molto approfondita (non ho ragione di dubitarne) in merito alla dirigenza della Giunta ma le conclusioni sono state acriticamente recepite anche per la dirigenza del Consiglio regionale. Non si capisce come si possa violare impunemente lo Statuto che prevede un ruolo unico del personale e come si possa ad esempio attribuire alla dirigenza della Struttura di documentazione e biblioteca del Consiglio un’analisi riferita alla veterinaria e/o all’urbanistica!

Derivare dall’organo la funzione e non viceversa significa costruire dei mostri come è avvenuto con la definizione delle strutture dirigenziali nei Ministeri e nelle Regioni (complici l’ARAN ed i Sindacati ).

Una strana teoria prevale anche nel sindacato tesa a concentrare il ruolo decisionale in poche persone super-retribuite per rendere poi subalterni, flessibili e precari tutti gli altri. Un modello che ha fatto fallimento nelle USL, nelle FFSS, nelle Regioni, nei Ministeri (anche se il Ministro ha dichiarato di voler triplicare le retribuzioni dei burocrati: sembra da 200 a 600 milioni!).

L'illusione decisionista è stata smentita dai fatti ma i suoi sostenitori sono purtroppo ancora numerosi anche nella sinistra con una clamorosa sottovalutazione delle innovazioni di processo e di prodotto che sarebbero virtualmente possibili anche nella pubblica amministrazione.

A ciò si aggiunga lo smantellamento della giustizia amministrativa di primo grado senza molti rimpianti, per la verità, per la lentezza di anni nel pervenire ad un giudicato e la volubilità degli indirizzi giurisprudenziali.

 

Trasparenza e diritto di accesso

 

Decisione - responsabilità- motivazione - trasparenza sono tutti passaggi obbligati di una buona amministrazione.

Meglio il concetto di responsabilità che la retorica del decisionismo quasi che determinante fosse il momento della decisione (come si trattasse di una strategia militare) e non quello dell’impegno, della diretta responsabilità, del coinvolgimento di tutti in un lavoro di gruppo; dove non una sola persona si appropria dei meriti e scarica sugli altri collaboratori responsabilità ed eventuali demeriti.

E’ inoltre determinante che ogni provvedimento sia motivato. Ciò significa esistenza di una documentazione scritta o meglio di un verbale delle decisioni assunte dagli organi collegiali; è evidente che ogni verbale deve essere sobrio ed essenziale, ma non deve occultare le scelte dei dirigenti, delle parti politiche o dei singoli amministratori e deve chiaramente indicare non solo l’hoc ma il propter hoc .

Il problema della trasparenza dei processi decisionali è del tutto essenziale specialmente dove c’è di una amministrazione che purtroppo tende spesso al segreto ed alla clientela ....

Per questo occorre trasparenza ,partecipazione e anche un controllo sulla gestione da un punto di vista esterno; e ciò oggi è possibile con l’evolversi delle tecnologie della comunicazione.

Questa sarebbe la vera riforma, non quella finta che abbiamo conosciuto in questi anni: più gerarchia, più discrezionalità nel comando, più flessibilità del lavoro significa sempre più spesso inefficienza e spreco.

Rino Vaccaro