I.R.I.D.E. GMA s.r.l.

TRATTO DA VERDE AMBIENTE


PIANO DELLA COSTA:

La Regione Liguria presenta un progetto che raddoppia il numero di posti barca nei porti turistici delle due Riviere.

La Costa Azzurra modello di riferimento. Ancora un piano di "valorizzazione" turistica, non di tutela naturalistica.

Com' é noto, il processo di urbanizzazione della costa ha avuto effetti negativi di antropizzazione e cementificazione di aree naturali. A ciò si é aggiunto lo sfruttamento indiscriminato del mare con la proliferazione di porticcioli turistici, nonché un processo di privatizzazione, un ridimensionamento delle aree demaniali e la concessione di aree pubbliche a canoni demaniali irrisori per le ville sul mare, infine i parchi subacquei ( pur previsti da una legge del 1982), non sono mai stati realizzati.

Non c'é nessun giudizio critico sulla storia dell'urbanistica e dell' architettura degli ultimi decenni che ha avuto un notevole impatto ambientale sulla costa, di conseguenza non si intravede nessun segno di un'effettiva inversione di tendenza

Se questa è la situazione, un piano a difesa della costa dovrebbe avere come fine precipuo:

- la tutela dei tratti di costa ancora non urbanizzati, quindi la tutela dei parchi ma anche dei

giardini delle passeggiate a mare, che sono uno straordinario patrimonio pubblico della Liguria,

- la salvaguardia e lo sviluppo della accessibilità pedonale al mare,

- l'attuazione delle riserve marine,

- una lotta contro l'inquinamento, quello relativo ai depuratori mancanti o non funzionanti e quello

derivante dal traffico petrolifero, che ha già determinato catastrofi ambientali;

infine interventi adeguati per prevenire frane e dissesto idrogeologico.

La costa dovrebbe essere considerata un bene collettivo di cui garantire la fruibilità.

Non occorre quindi tanto un piano di utilizzazione e di valorizzazione, quanto piuttosto di tutela e ripristino ambientale

Per quanto riguarda l'ampiezza della fascia costiera, per un assetto territoriale omogeneo, sembra logico confermare i trecento metri previsti dalla legge Galasso, non ignorando le colline retrostanti e le relazioni di area vasta (ad esempio per i parchi, ma non solo;infatti le varie funzioni del territorio(economiche, produttive, infrastrutturali e di trasporto,paesaggistiche etc... )sono tra di loro non sempre compatibili ed implicano la consapevolezza che, , con la distruzione del paesaggio, si distrugge la materia prima del turismo.Sarebbe ad esempio preferibile tutelare chi va lungo la costa a piedi o in bicicletta o va in mare a nuoto,a remi o a velaper una inversione di tendenza nella fruizione della costa .

NORMATIVA Considerando che la legge regionale di riferimento (la L.R39/84) sui piani territoriali di coordinamento è in contraddizione con la L142/90 e verrà sostanzialmente modificata dalla nuova legge urbanistica regionale è legittimo chiedersi se il piano della costa sia uno strumento urbanistico normativo o un piano progetto. Che efficacia hanno le dichiarazioni contenute nella relazione. Dove é prevista la insediabilità di un porto turistico ad esempio, viene modificata la normativa urbanistica preesistente? In attesa della nuova legge urbanistica regionale la titolarità della normativa urbanistica di Piano regolatore è ancora dei Comuni, non della Regione. Il rischio é di modificare i livelli di autorità della Pianificazione urbanistica senza superare le attuali incertezze dei ruoli rispettivi di comuni,Provincie e Regioni .Inoltre,dopo il riconoscimento delle competenze regionali urbanistiche sulle aree demaniali va tenuto conto che un porto é un tutto unico terra-mare, quindi va valutato anche per il peso insediativo che determina in rapporto alla città. Ma normare, da un punto di vista urbanistico, un porticciolo é un fatto inedito, perché pone problemi diversi rispetto alla insediabilità sulla terraferma; anche i problemi ecologico-naturalistici e di impatto ambientale sono diversi, e diverso é soprattutto il fatto che non si modifica solo il soprassuolo, ma anche la configurazione naturale della costa preesistente: quella linea di straordinaria e peculiare valenza paesistica che separa la terra dal mare.

D'altra parte sulla costa intervengono vari livelli di autorità settoriali quali la rete ferroviaria delle F.S. (per non parlare del treno superveloce), la società autostrade, l'ANAS , ma anche i metanodotti SNAM ,gli elettrodotti ENEL, le grandi infrastrutture e gli insediamenti produttivi ed immobiliari, che hanno condizionato le decisioni a livello locale e regionale. Il piano della costa non può prescindere da tutto ciò e dagli interventi , come quelli ipotizzati ,di raddoppi autostradali, di nuovo valico ferroviario , di raddoppio della linea ferroviaria a ponente di via Aurelia bis etc....

Da valutare è la natura dello strumento urbanistico adottato (P.T.C.) in relazione anche al contrasto della legge regionale che istituisce i piani territoriali di coordinamento PTC con la L142/90 che prevede il passaggio delle competenze in materia alle Province) e inoltre il riferimento agli altri strumenti di pianificazione: Piano paesistico, ma anche Piani di bacino, vincoli idrogeologici etc. Pure la normativa 28/01/'94 n.84 "Riordino della legislazione in materia portuale" e' importante, perché riconosce l'assoggettamento delle aree portuali allo strumento urbanistico comunale.

Altri riscontri vanno fatti rispetto al progetto triennale Ambiente e al sottoprogramma "costa e mare", al Piano di risanamento delle acque ed alle leggi istitutive dei Parchi e riserve marine.

USO DELLA COSTA : vanno rilevate una qualche superficialità ed approssimazione nella descrizione degli aspetti insediativi della costa. Per quanto riguarda l`aspetto geomorfologico, similmente, non sono indicate con precisione le varie situazioni di erosione, di interramento e di franositá. Soprattutto non ci sono diagnosi approfondite né proposte di intervento né indicazione di risorse finanziarie né scadenze.

AMBITI DI PROGETTO: non vengono valutate tutte le proposte di porti turistici presentate a livello comunale, ma alcune di queste sono riprese nella relazione senza comprendere se sono recepite o meno nel piano della costa (ad es. per Recco si dice testualmente : "...la struttura portuale si potrebbe realizzare, se idonea a risolvere problemi di sistemazione idrogeologica, paesaggistica ed urbanistica." Il che è assurdo, perché i problemi idrogeologici e paesistici non si risolvono certo con la costruzione di un porto). Per quanto riguarda le aree naturalistiche ed i parchi subacquei, si fa riferimento a speciali misure di salvaguardia del tutto inadeguate (in attuazione della circolare del Ministero della Marina Mercantile del 3/1/87), ma non viene indicata nessuna iniziativa per attuare la Legge sul mare del 1982 o per istituire nuove riserve regionali; ma ,al di la delle riserve marine (due o tre)un piano della costa dovrebbe avere attenzione agli arenili, allo stato dei fondali,alla flora e alla fauna ittica .

La relazione sembra addirittura configurare una contrapposizione tra l'esigenza delle comunità locali e la salvaguardia dei parchi e delle riserve marine, quando, come è noto, è vero il contrario. Sul punto si scrive testualmente che la Regione, su proposta degli enti locali, si riserva compiti di ratifica e successiva promulgazione.?!

Per uno strumento di pianificazione, quale vuole essere il piano della costa , e considerando gli indispensabili livelli di autorità del piano, si rasenta l'assurdo.

Per quanto riguarda le Aree naturalistiche, si fa riferimento solo alla zona fluviale di Chiavari che è definita oasi faunistica; purtroppo, tale impegnativa denominazione corrisponde soltanto ad un divieto di caccia, mentre il progetto di risistemazione lascia più di un dubbio, perché prevede aree di "verde attrezzato" piuttosto che un' adeguata tutela naturalistica.

VIA AURELIA : le due ipotesi prese in considerazione di raddoppio e/o di varianti parziali vanno valutate in rapporto alla pressione insediativa pressoché inalterabile che arriva sulla riviera dalla Val Padana.

Infatti si riconosce che fino ad oggi tutte le varianti di percorso sono state successivamente saturate di case e che anche l'Aurelia Bis (sinonimo di panacea di tutti i mali) non ha ancora una soluzione progettuale e di tracciato : complanare all'autostrada o con un percorso diverso.

Per garantire una inversione di tendenza si dovrebbero prevedere a livello progettuale piste ciclabili, sentieri natura, accessibilitá pedonale al mare, oggi preclusa per lunghi tratti per l'occupazione abusiva del sedime dei vecchi sentieri e per fatti di franositá naturale.

FRUIBILITÀ DELLA COSTA : a mio giudizio, se non si fa un discorso anche di contenuti estetici del bene ambientale, non si può comprendere quali siano le alterazioni in atto e come porvi rimedio.

Si potrebbe partire dai vedutisti del Settecento e dell'Ottocento, dagli acquarellisti e dai pittori liguri e non, per comprendere meglio i valori estetici e paesaggistici del territorio ligure ; c'é una fruizione estetica del bene-costa che prevede appunto che non vengano alterati i profili delle colline ma anche delle anse dei golfi con innaturali porti turistici.

Sembra, dalla relazione, che solo un terzo della costa sia sfruttato adeguatamente, ma tra le cause che ne riducono la fruibilità si dimenticano cause tra loro diverse ma concomitanti negli effetti: le privatizzazioni estese e la preclusione degli accessi al mare.

TUTELA DELLE SPIAGGE / RIPASCIMENTI : nella relazione, laddove si parla di raddoppio della ferrovia a ponente, si ipotizza una forte disponibilità di inerti che potrebbero servire al ripascimento del litorale, ma si dimentica che già all'inizio del secolo con la costruzione della ferrovia i detriti hanno formato certo nuove spiagge ma oggi scomparse (vedi Moneglia). Per quanto riguarda il ripascimento delle spiagge, si tratta di un intervento delicato e complesso per l'incidenza diretta sui fondali. I ripascimenti avvengono spesso con deposito di materiali inerti oppure con la costruzione di manufatti artificiali (dighe o pennelli).

La causa principale del mancato ripascimento naturale delle spiagge é conseguente alla scarsità di apporti di ghiaia e sabbia dai corsi d'acqua, anche per una dissennata asportazione di sabbia e pietrisco dagli alvei dei fiumi e per la cementificazione delle rive che impedisce la naturale erosione e divagazione dei fiumi e torrenti, aumenta la velocità di deflusso delle acque provocando piene rovinose ed alluvioni. Senza considerare che il mare tende a riprendersi quello che é stato depositato artificialmente.

Nel Piano Regionale si fa già calcolo dei detriti provenienti dalla realizzazione dell'alta velocità e, "sic!" dal "Potenziamento della viabilità"

Nulla si dice, invece, sul fenomeno di interramento ed inquinamento dei porti turistici. Ad ormai 10-15 anni dalla loro costruzione, come è noto, si rende necessario un dragaggio dei fondali (la melma inquinata, che si deposita sul fondo, é un problema grave risolto qualche volta con improvvisazione, consentendo gli scarichi a mare dei fanghi di risulta).

Dobbiamo ricordare anche il boom edilizio degli anni '60,la costruzione dell'autostrada e dei porti turistici che hanno devastato aree pregiate con escavazioni dissennate come in val Graveglia per l'estrazione di massi e pietrisco. ( il sacco urbanistico emblematico della " rapallizzazione" non viene compreso ed é tuttora esorcizzato, ma le forze imprenditoriali ed economiche che hanno compiuto lottizzazioni di grave impatto ambientale sono ben presenti anche oggi e sempre più interessate allo "sfruttamento" magari "turistico" delle risorse ambientali).

In generale si può rilevare un' esiguità del litorale balneabile, nonostante che la lunghezza della costa ligure sia di 300 Km: occorrerebbe un' inversione di tendenza rispetto ai processi di privatizzazione in atto. É necessario un parametro più favorevole alle spiagge libere ed un piano che regoli quelle demaniali in concessione.

E necessario anche richiamare l'attenzione sulle opere fisse degli stabilimenti balneari, sulla cementificazione degli arenili e sulla sguaiata cartellonistica, (lungo la via Aurelia non viene fatta rispettare la normativa sui cartelloni pubblicitari) sull'arredo urbano che spesso dequalifica pregevoli ambienti naturali.

Importa valutare gli impianti mobili e quelli fissi e la distruzione delle visuali a mare impedita spesso dagli impianti balneari che restano ben oltre l'utilizzo stagionale

Va ripetuto che gli usi alternativi del bene-costa non sono sempre compatibili tra di loro, anzitutto la balneazione e la disseminazione di barche a motore, con problemi di inquinamento e con una incidentistica allarmante.

Destano perplessità anche le così dette barriere subacquee( manufatti in cemento, che dovrebbero consentire la dispersione in mare di materiale inquinante proveniente dal dragaggio dei porti turistici) destinate forse ad essere inghiottite, con le risorse impegnate, dalle sabbie dei fondali.

PORTI TURISTICI : ASPETTI ECONOMICI ED OCCUPAZIONALI : la relazione parte dalla attuale congestione dei porticcioli turistici che rende precaria la possibilità di trovare un ormeggio per le imbarcazioni in transito..

Ciò è dovuto, però ad una sistematica violazione di legge, che prevede che un terzo degli attracchi sia riservato per le barche in transito, mentre viene utilizzato come ormeggio fisso.

Per quanto riguarda l'occupazione, la relazione ipotizza un posto di lavoro per ogni 4,5 barche ed arriva a considerare un porto di sette-ottocento posti-barca come l'insediamento di una media azienda industriale: si tratta, è ovvio, di una chiara esagerazione cosí come appare del tutto specioso il continuo confronto con la Costa Azzurra, che non é certo un esempio da imitare (oltre trecento posti-barca per miglio); mentre sarebbe opportuno valutare altre risorse produttrici di ricchezza, quali le spiagge ed il paesaggio. Senza grandi investimenti, come quelli per i porti turistici, é stato valutato in termini economici che ogni metro quadrato di spiaggia balneabile utilizzata stagionalmente ha una resa economica altissima.

Un'altra affermazione certamente opinabile è quella che le barche di piccola dimensione che consentono un facile alaggio in mare, "non danno teoricamente origine a problemi di tipo portuale". Se si considera invece la disseminazione di punti di approdo precario sulle due riviere che "portualizzano" tutte le baie ed insenature della Liguria, ci troviamo di fronte ad un problema serio ,non risolto, com' è noto, dai porti turistici, che si rivolgono ad un'altra tipologia di utenti medio grandi.

Per quanto riguarda l'incidenza economica dei porti turistici nelle zone di insediamento, si tende a dimostrare la carenza di porti più qualificati, come quello di Rapallo e S.Remo (che renderebbero di più), arrivando a scrivere che la carenza di posti barca di livello elevato penalizza l'afflusso della clientela più redditizia. Non viene però dimostrato il "cui prodest", infatti il parcheggio nei porti turistici di una barca di grandi dimensioni, utilizzata solo qualche settimana e che ingombra il litorale tutto l'anno, rappresenta uno spreco di territorio.

Come spiegare poi che non tutti i posti barca sono utilizzati? Una riduzione (definita marginale) della domanda non modifica la conclusione della relazione (la stessa della premessa non dimostrata) che ci vogliono piú porti turistici in Liguria.

Esiste una prevalenza di barche a motore rispetto a quelle a vela (in percentuale 70% e 30% rispettivamente), mentre in Francia prevalgono le medie e piccole imbarcazioni. Perché dunque la Regione vuole privilegiare le grandi imbarcazioni ingombranti costosissime e poco utilizzate? Perché verrebbe considerata non tanto la domanda dei residenti ma quella di provenienza extraregionale Milano-Val Padana ,Costa Azzurra.

Comunque la provenienza geografica dei possessori di imbarcazioni è "top- secret" forse per ragioni fiscali (ma da stime approssimative i clienti liguri sono pochi: ad esempio nella "Cala dei Genovesi" di Lavagna sono sotto il 15%).

La relazione parla di basso impatto urbanistico dei porti turistici (il che è per lo meno problematico nel caso in cui non ci sia una grande volumetria edilizia di supporto, il che purtroppo non é), ma con ciò si sottovaluta o peggio si ignora il rapporto tra seconde case e porti turistici e lo stesso uso di parcheggio-natanti degli stessi porticcioli (nella relazione non c'è nessuna statistica seria sull'utilizzo reale delle imbarcazioni, mentre questo è un dato conoscitivo non trascurabile).

Appare evidente il collegamento, con l'uso residenziale, di seconda casa dei centri turistici della riviera l'uso stagionale dei porticcioli, per non parlare delle grandi imbarcazioni utilizzate come residenza secondaria, mentre ognuno comprende che é opportuna un' inversione di tendenza dalle seconde alle prime case in tutti i centri della Riviera che sono sede di porti turistici.

PARCHEGGI : un porto turistico attira traffico veicolare in una situazione, quella delle due riviere, già molto congestionata. Va considerato che i porti turistici non risolvono il problema delle piccole imbarcazioni che sono escluse, come già detto, dai "marina" per gli alti costi degli attracchi e quindi necessitano di strutture di rimessaggio che sono del tutto carenti: le piccole imbarcazioni vanno ad intasare tutte le aree costiere a terra o a disseminare ormeggi a mare .

Il Piano Regionale prevede su questo punto: "la diffusione di apposite strutture di piccola dimensione lungo la costa". Probabilmente ci si vuole riferire a strutture leggere, piccoli pontili, punti di alaggio etc. Ma anche le cosiddette spiagge attrezzate non sembrano rappresentare un'alternativa ecologica; tra l'altro tali strutture, ovviamente, non risolvono il problema della tutela delle imbarcazioni dalle mareggiate, che ogni anno infatti distruggono parecchie barche.

Occorre invece valutare le opere a terra, sia in termini di volumi che di qualità architettonica.

Per creare un maggior numero di ormeggi, gli spazi di manovra all'interno dei porti sono notevolmente ridotti (si verifica lo stesso fenomeno delle auto in seconda fila).

Vanno anche considerati in relazione alle imbarcazioni di grandi dimensioni i convogli eccezionali che spesso intasano la viabilità costiera.

Per quanto riguarda la cosiddetta accessibilità nautica in caso di fortunali, mentre gli antichi porti-rifugio di pescherecci o mercantili erano molto protetti, oggi diversi porti turistici presentano difficoltà di accesso.

Per quanto riguarda i fenomeni economici indotti, le attività artigiane di rimessaggio sono difficili per il carattere inquinante delle riverniciature e dei materiali antivegetativi e per la stessa carenza degli spazi a terra.

La questione parcheggi é completamente sottovalutata nella relazione, cosí come viene sottovalutata l'erosione delle spiagge (o i danni al litorale o alla ferrovia) conseguente alla costruzione di porti turistici (vedi caso Lavagna,il più grande porto turistico del mediterraneo).

Un discorso a parte dovrebbe riguardare l'uso agonistico di tratti di costa ligure con gare di OFF-SHORE rumorose ed inquinanti, che disturbano gli habitat marini. Più in generale l'uso "autostradale" del mare proprio delle grandi imbarcazioni a motore fa prevalere una fruizione del mare che (aldilà di ogni giudizio o pregiudizio culturale) nega sostanzialmente la fruizione delle risorse marine e dei valori ambientali e paesaggistici della costa.

Il dimensionamento del Piano sembra piuttosto rapportato alle potenziali richieste della nautica da diporto, dove prevale la fattibilitá economica rispetto alla compatibilità ambientale.

LA CONVENZIONE DI BARCELLONA : oltre che per le grandi barche il piano della costa esprime una preferenza anche per i mega porti turistici giudicati di minor impatto ambientale rispetto all'ipotesi di molti porti piccoli, ma è evidente che è il dimensionamento complessivo , con l'ipotesi di raddoppio dei posti barca che è insostenibile ,non l'alternativa finta tra pochi grandi o molti piccoli porti.

Eppure la convenzione di Barcellona sulla tutela dell'ambiente marino impegna il nostro paese e anche le regioni: alla realizzazione di parchi marini, alla modifica dei piani regolatori , che prevedono grandi strutture e infrastrutture sulle coste e progetti di portualitá turistica, all'approvazione da parte delle Regioni di piani paesistico-territoriali capaci di vincolare efficacemente e senza deroghe possibili le coste, una durissima lotta contro l'abusivismo edilizio che ha distrutto interi tratti del nostro sistema costiero............

L'attuale piano non fa riferimento ad alcuna legge se non quella dei piani territoriali di coordinamento che, come è noto, prevede un meccanismo farraginoso e dilatorio per arrivare ad una normativa definitiva ed è una normativa, questa dei PTC, in fase di modifica con la nuova legge urbanistica regionale che si pone indubbiamente come prioritaria rispetto al Piano della costa.

Oggi si minimizza l'impatto ambientale relativo all'ampliamento ed alla costruzione di nuovi porti turistici, ma con questo piano della costa si mette in moto un meccanismo di possibili nuovi insediamenti,di prorità scadenzate nel tempo, di modificabilità facilitata del piano che non può che lasciare molto perplessi.

A mio giudizio, occorre riprendere alcune valutazioni di un recente studio dell'ILRES e soprattutto il progetto Nettuno nonchè il convegno nazionale di Sestri Levante di Italia Nostra sui porti turistici di cui è prossima la pubblicazione degli atti , che rappresentano un riferimento metodologico e culturale importante anche per la tutela della costa ligure.

Rino Vaccaro

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