L'attuale conflitto sul progetto della diga Ralco


Il Cile sta vivendo un'importante fase politica, emblematicamente espressa dal conflitto tra grandi imprese capitalistiche, impegnate nella realizzazione di megaprogetti, e la popolazione mapuche, impegnata a difendere il proprio diritto di vivere nella regione della Araucanía, nel sud del paese. Su questo territorio i mapuche hanno un diritto storico, che gli è stato violentemente usurpato dalla conquista militare cilena dell'inizio del secolo. Particolarmente rappresentativo di questo conflitto è il caso della Represa Ralco. La società elettrica ENDESA ha progettato la costruzione di sei centrali idroelettriche nella regione del Bío-Bío, in cui vive la maggior parte della popolazione pewenche, l'etnia mapuche della cordigliera (circa 4.000 persone). Queste dighe, oltre ad avere un disastroso impatto ambientale, implicano il trasferimento di almeno 1.000 persone in un'altra zona. Nel conflitto sul progetto Ralco sono in gioco interessi contrastanti:

Questo vuol dire che, a differenza della diga Pangue, appena inaugurata nonostante le vibrate proteste delle comunità indigene e delle organizzazioni ecologiste e di sinistra cilene, esiste adesso un problema legale che il governo cileno non può ignorare né scavalcare.

Dunque, LA LEGGE PROIBISCE LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO RALCO.

ENDESA, di fronte all'opposizione delle forze indigene, ha realizzato una serie di iniziative a dir poco scorrette. Ha pagato in anticipo il debito di 130 milioni di dollari per evitare che la Banca Mondiale controlli l'adempimento di alcuni impegni, primo fra tutti il rispetto dell'ambiente. Ha pubblicato su tutti i giornali cileni due grandi pagine in cui vanta il progetto Ralco: l'ENDESA sostiene che gli indigeni pewenche attualmente vivono in condizioni pietose (segue foto di una baracca) e che grazie al progetto Ralco saranno trasferiti in terre fertili e riceveranno educazione, assistenza sanitaria, aiuti economici (segue foto di una casa stile tedesco). In realtà ENDESA ha riservato agli indigeni delle terre in una zona dal clima rigidissimo, in cui nevica nove mesi all'anno. Ha anche estorto le firme delle famiglie pewenche, promettendo in cambio visite mediche o utilizzando metodi repressivi e violenti. Per le comunità pewenche il trasferimento forzato significa invece la perdita delle proprie tradizioni, la rottura dei vincoli spirituali con la propria terra ancestraleÉ Il progetto Ralco, come gli altri progetti nelle regioni indigene, viene giustificato con la nota menzogna che modernizzazione significhi necessariamente sviluppo.

Sviluppo per chi e a quale costo?

E' la stessa legge cilena che oggi sancisce il dovere dello stato di proteggere e promuovere lo sviluppo degli indigeni nel rispetto della loro cultura: ENDESA e il governo possono realizzare il progetto Ralco solo violando la Legge 19. 253. Il caso Ralco non è dunque solo una questione sociale tecnica, ma mette in discussione i rapporti tra stato e comunità indigene sul piano della legge.

Le comunità indigene sono impegnate in una dura lotta contro diversi mega-progetti (autostrade, privatizzazione delle acque, esapansione urbana, ecc.): sono appoggiati dalla legge, ma combattono contro interessi economici enormi. L'esito di queste lotte ha un significato enorme: è l'ennesima risposta ad una miope politica neoliberale, una risposta che mette in discussione i presupposti dell'economia capitalista e che ribadisce il diritto dei popoli indigeni alla terra, alla dignità, all'identità. La mancanza d'informazione su questi conflitti -dentro e fuori del Cile- gioca a favore delle grandi imprese e del sopruso. E' perciò di fondamentale importanza seguire con attenzione lo sviluppo di queste lotte del popolo mapuche e di appogiarle con tutti i mezzi possibili.


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