Lo spazio del guerrigliero culturale

Un'estate agghiacciante

Di Falco

 

E’ quasi certo che l’estate del 1999 non abbia raggiunto i record di temperatura tropicale che hanno caratterizzato quella del 1998 (dovuti probabilmente all’effetto serra, ma questo è un altro discorso), ma per noi italiani, per quelli almeno fra noi che non hanno mandato in vacanza anche il cervello, quest’estate ha presentato più di una ragione per sentirsi brividi gelidi scendere lungo la schiena.

Un vecchio costume della nostra classe politica, passato con estrema disinvoltura come tanti altri dalla vecchia banda di canaglie democristiane alla banda di canaglie che dicono di non essere più comuniste, è quello di cercare di concentrare le loro porcate nella stagione estiva, nel momento in cui si pensa che gli Italiani siano troppo distratti dalle vacanze per badare a quel che si trama nei palazzi romani, quest’anno con l’aggravante che questi galantuomini, usciti trombati dalle ultime elezioni europee ed amministrative, sanno benissimo che rischiano di essere defenestrati dai palazzi governativi alla prossima tornata politica, se non corrono presto ai ripari alla loro maniera, ed i comunisti, quali D’Alema e complici sono ancora adesso, sono disposti ad accettare il gioco democratico solo quando sono sicuri di vincerlo, nulla è più lontano dalla loro mentalità della democrazia dell’alternanza, del rispetto della volontà popolare, l’inamovibilità dal potere una volta raggiunto, non importa come, è il loro primo comandamento.

L’ho detto, l’ho sviscerato con ampiezza, spero di averlo dimostrato agli occhi di chi voglia valutare i fatti senza pregiudizi in L’anomalia italiana: il fatto che all’indomani della vittoria elettorale delle sinistre non ci siamo trovati di colpo con un regime a partito unico, le Camere sciolte, i principali esponenti dell’opposizione in galera, non ci deve far pensare che la libertà nel nostro paese non sia in pericolo. Mussolini impiegò tre anni, dal 1922 al 1925 per trasformare il proprio governo nel regime fascista, è verosimile che la cricca che attualmente ci governa impieghi un tempo maggiore per stroncare ogni forma di opposizione, anche perché non si può agire in maniera troppo esplicita, dato che l’Italia è oggi inserita all’interno di istituzioni internazionali ed europee. Può darsi che non si arrivi nemmeno ad una dittatura dichiarata, il punto non è questo; ciò a cui costoro mirano, è privare i cittadini della possibilità di scegliere fra reali opzioni politiche alternative, magari conservando come facciata il guscio vuoto della democrazia.

Forse a qualcuno queste considerazioni potranno sembrare troppo pessimistiche, ma i fatti parlano chiaro, e quest’estate, approfittando della pausa estiva e fidando nella distrazione dell’opinione pubblica, sono stati fatti importanti e concreti passi avanti nella direzione della soppressione della libertà nel nostro paese.

Si è cominciato in sordina, con una cosa dall’apparenza alquanto innocua, la "liberalizzazione" dei punti vendita della stampa periodica. Dov’è l’inghippo viene da chiedersi, in fondo cosa c’è di male se troveremo i giornali anche al supermercato, dal droghiere, dal lattaio? E’ molto semplice: il supermercato, il droghiere, il lattaio non terranno certo la varietà di testate che offre oggi l’edicolante, ma solo i periodici maggiori, ed avremo quindi una riduzione del pluralismo dell’informazione con la messa in crescenti difficoltà e verosimilmente con la scomparsa delle testate minori, della piccola editoria meno facilmente controllabile dal regime.

Il secondo colpo è stato più diretto e sfacciato, si tratta del disegno di legge che vieta la propaganda politica televisiva durante le campagne elettorali (Il presidente del Consiglio, l’ineffabile Massimo D’Alema ha dichiarato – bontà sua – di non voler ricorrere, almeno in prima battuta al decreto legge): è una legge destinata in maniera diretta ed evidente al colpire le possibilità dell’opposizione di far sentire la propria voce, e qualcuno l’ha prontamente ribattezzata legge anti – Mediaset. Qualcun altro, ripescando il brutto, ipocrita neologismo latineggiante coniato da Oscar Luigi Scalfaro, gran maestro d’ipocrisie, ha parlato di legge sulla par condicio; se c’è una cosa chiarissima in tutta questa manfrina, è che qui di parità fra maggioranza ed opposizione non c’è nemmeno l’ombra. Pensate forse che la RAI di regime si asterrà dal fare propaganda durante le campagne elettorali? Ma se non si astiene dal farla, in forma più o meno velata, nemmeno durante la sua programmazione quotidiana!

Ci sarebbe già di che far tremare le vene e i polsi, se fossimo tipi da lasciarci impressionare, ma accanto a queste belle novità non potevano mancare di arrivare quelle sul fronte giudiziario, per una dittatura od aspirante dittatura, il controllo della giustizia è vitale quanto quello dell’informazione, i cittadini devono sapere che non sono giudicati in base alle loro azioni ma a seconda dei loro convincimenti politici. Apprendiamo che Adriano Sofri e gli altri due ex leader di Potere Operaio, Pietrostefani e Bompressi sono stati prosciolti dalle imputazioni per l’omicidio del commissario Calabresi, nonostante – è ben noto – fossero inchiodati dalla testimonianza di un pentito che si era autodenunciato come esecutore materiale dell’attentato. Si tenga presente che questi tre campioni, nonostante la condanna di primo grado sono rimasti quasi sempre a piede libero, e Sofri in particolare non ha mai smesso di essere un "intellettuale" vezzeggiato, retribuito e difeso dai media. Vengono in mente, a titolo di confronto, gli esponenti della destra o dell’anticomunismo costretti a lunghi anni di carcere o di latitanza sulla base di teoremi accusatori manifestamente infondati e spesso ridicoli, per essere poi prosciolti in istruttoria per l’assoluta mancanza d’indizi: Franco Freda, Stefano Delle Chiaie, Edgardo Sogno, per fare qualche nome. D’altra parte, Adriano Sofri non è certo il primo delinquente di sinistra che ha goduto di un trattamento di favore volto a sottrarlo alle proprie pesanti responsabilità penali. Viene subito in mente un altro gentiluomo dello stesso genere, Pietro Valpreda, terrorista anarchico, con ogni probabilità autore negli anni ’70 di quell’attentato alla Banca dell’Agricoltura di Milano che costò la vita a sedici persone. Ciò che allora fu fatto per coprire le responsabilità di quest’individuo, ha dell’incredibile. Per prima cosa, si prolungò l’istruttoria fino alla morte del principale testimone che l’inchiodava, un tassista, Rolandi, che l’aveva identificato come l’uomo che aveva portato fino a Piazza Fontana, dove ha sede la Banca dell’Agricoltura, e che recava una borsa dello stesso tipo di quella che aveva contenuto la bomba (per la legge italiana, le testimonianze raccolte in corso d’indagine che non siano ripetute in fase di dibattimento, non hanno valore, è una scappatoia che è servita moltissimo anche ai mafiosi, ed è un decesso, quello di Rolandi, su cui mi piacerebbe moltissimo poter indagare), poi s’inventò una legge apposita, nota come legge Valpreda, abbreviando i termini della custodia cautelare, precisamente allo scopo di rimetterlo in libertà (e il fatto che una legge sia chiamata non, com’è d’uso, dal nome del suo proponente, ma da quello del suo principale beneficiario, è un’implicita ammissione che si è tornati allo ius singulare, alla legislazione ad hominem, che si è abbandonato lo stato di diritto), ma per maggior sicurezza si fece in modo di eleggerlo parlamentare e potesse così godere della relativa immunità, che era già servita a sottrarre alla giustizia altri illustri delinquenti di sinistra prima di lui, uno per tutti, Salvatore Moranino. Infine, pur con l’assoluta mancanza d'indizi, si pensò bene di fabbricare una "pista nera" accusando dell’attentato Franco Freda, un piccolo editore padovano che dirigeva una casa editrice di destra, così si coglievano due piccioni con una fava, quello di attribuire a destra la responsabilità dell’attentato, e di togliere di mezzo un uomo che nell’arroventato clima padovano di quegli anni, dominato dagli ultras di sinistra, aveva osato levare con i libri che pubblicava, una voce non conformista, non irreggimentata e non controllabile, colpa questa, agli occhi di questo nostro menzognero regime che si spaccia per democrazia e che, come tutti i bugiardi, teme le smentite e le voci indipendenti, molto più grave di quella di aver tolto la vita a sedici persone.

Sempre restando in tema di (in)giustizia, subito dopo quella riguardante Sofri, è arrivata un’altra bella notizia: il governo degli Stati Uniti dopo ripetute, assidue pressioni del governo italiano, ha consentito ad estradare in Italia Silvia Baraldini.

La Baraldini è una signora, cittadina italiana e militante di estrema sinistra, che negli Stati Uniti ha subito una condanna per terrorismo, perché, grazie a Dio, di terrorismo rosso in Italia ne abbiamo avuto tanto e tale che è diventato una voce del nostro export. Ottenendo la sua detenzione in Italia, il nostro governo si è impegnato a non concederle grazie che la rimettano anticipatamente in libertà. Bill Clinton forse si fida della parola di D’Alema, noi che forse conosciamo un po’ meglio la politica italiana, non ce ne fidiamo affatto, ma tant’è, proprio nulla vieta a qualche partito di sinistra di candidarla al parlamento e di farle beneficare quanto prima della relativa immunità, e gli str…, i gonzi pronti a votare una terrorista da noi non mancano di certo. Per adesso, comunque, non abbiamo dubbi che la Baraldini, che l’estrema sinistra considera un’eroina, e con gli occhi dei media puntati su di lei con costante e benevola attenzione, goderà, a spese di noi contribuenti, di una confortevole detenzione – villeggiatura.

Viene subito in mente un altro caso che si presta ad un illuminante paragone con quello di Silvia Baraldini, quello di un altro italiano che ha subito una lunga detenzione all’estero per motivi politici, quello di Fausto Biloslavo. Biloslavo non era un terrorista, bensì un giornalista che non faceva altro che il suo onesto e doveroso lavoro d’informazione documentando le atrocità che l’Armata Rossa compiva in Afganistan. Catturato dai sovietici, fu rinchiuso in una prigione afgana senz’altro molto meno confortevole delle carceri americane, e lì rimase per anni, senza che gli fosse mossa alcun’altra accusa tranne quella dell’ingresso clandestino in Afganistan, e senza essere processato, e le nostre autorità politiche e diplomatiche non mossero un dito per ottenere la sua liberazione. Quando fu liberato (in seguito al ritiro dell’Armata Rossa dal paese, altrimenti ci sarebbe rimasto fino alla morte, che sarebbe potuta non tardare molto), era un uomo distrutto, dal fisico gravemente minato. Sarebbe offensivo per la vostra intelligenza, penso, dire di più su questa disparità di trattamento. Sappiamo benissimo che in Italia i compagni reggono il mestolo da molto prima del ’96, ed a loro piaceva tanto poco quanto poco piaceva ai "fratelli" sovietici che qualcuno documentasse e magari divulgasse in faccia al mondo le atrocità compiute all’ombra della bandiera rossa (tra parentesi, oggi sappiamo che l’Armata Rossa si è comportata in Afganistan in modo da far sembrare le SS dei collegiali: tra le piacevolezze degli eroi del comunismo si possono ricordare l’uso massiccio di gas nervini contro inermi villaggi di montanari e le bombe a forma di giocattoli fatte apposta per essere raccolte dai bambini).

Proprio sul declinare di quest’estate da brivido, arriva la ciliegina sulla torta: Antonio Di Pietro, ex uomo simbolo di Mani Pulite ed ex star dell’Ulivo si appella a Silvio Berlusconi e lancia un grido di allarme, l’indagine sulla corruzione politica in Italia sta per essere definitivamente insabbiata proprio adesso (guarda caso!) che si avvicinava a toccare gli affari sporchi del PCI – PDS. Sull’uomo Di Pietro posso essermi ingannato, può essere che fosse/sia in buona fede, ma può davvero essere tanto ingenuo da non essersi reso conto che il PCI – PDS ha usato Mani Pulite come un ariete per scardinare il sistema di potere democristiano e sostituirvi il proprio, oltre ad annientare i socialisti, e questo uomini come lui stesso, Borrelli, Colombo, Da Vigo gliel’hanno consentito pur non essendo i comunisti coinvolti meno degli altri nel sistema della corruzione. Non gli è proprio venuto nessun dubbio quando il suo capo, Borrelli, ha estromesso dal pool Tiziana Parenti precisamente perché voleva vederci chiaro nel marciume delle cooperative rosse?

L’informazione libera e la giustizia equa sono due condizioni fondamentali della democrazia, che questo regime menzognero che da noi si spaccia per tale, sta cercando di cancellare in ogni modo. Sicuramente, il gruppo di amici che hanno dato vita a Samisdat, un canale d’informazione che non può essere chiuso a meno di tagliare il collegamento dell’Italia con Internet, non è stato davvero troppo tempestivo. Su di una cosa possiamo darvi assicurazione: non riusciranno a tapparci la bocca.

Falco

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