Senato della Repubblica
XII Legislatura
556° SEDUTA (pomerid.)
ASSEMBLEA - ALLEGATO B (Pag 35) 25 Febbraio 1999
Interrogazioni
RUSSO SPENA
- Al Presidente del Consiglio dei ministri e al
Ministro degli affari esteri
e per gli italiani all'estero. -
Premesso:
che in data 6 febbraio 1999 si é realizzata in Cile un'operazione repressiva che ha visto penetrare nel carcere di massima sicurezza di Santiago del Cile un centinalo di uomini della gendarmeria in assetto antisommossa, uomini che penetravano all'interno del carcere per provvedere a trasferire 56 prigionieri politici in diverse carceri del paese; si denuncia che tale trasferimento forzato dei detenuti, motivato dal governo con la necessità di compiere opere di ammodernamento del carcere stesso, avveniva in modo violento;
che i gendarmi, infatti, intervenivano con gas lacrimogeni, ammanettando ogni singolo detenuto, spruzzando ad ognuno gas lacrimogeno al volto, obbligando a pedate e a colpi di calci di fucile i detenuti a scendere fino al cortile del penitenziario; qui 1'operazione repressiva aveva la sua piena attuazione: ogni prigioniero politico veniva picchiato violentemente, buttato al suolo e qui calpestato e colpito da pedate al volto; infine por molti dei prigionieri politici c'era anche l'immersione in una piscina di plastica, con lo scopo di piegare ogni forma di resistenza dei detenuti, dove i gendarmi pretendevano di essere chiamati "mio capo"; l'operazione repressiva durava circa 2 ore, successivamente alle quali 50 prigionieri politici venivano trasferiti al carcere di Colina II ed altri 6 in diverse carceri del paese;
che la violenza messa in atto dalla gendarmeria é stata tale da provocare la denuncia dello stesso cappellano della gendarmeria, nonché quella del sindacato cileno, ovvero della Central unitaria de trabajadores, nonché delle organizzazioni per i diritti umani;
che quanto verificatosi è in violazione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, adottata dalla Assemblea generale dell'ONU, nella risoluzione n°217 A (III) il 10 dicembre 1948;
che in particolare tale azione repressiva, condotta dal colonnello Edmundo Letelier, direttore nazionale dei servizi di controspionaggio della gendarmeria e membro del Coordinamento della pubblica sicurezza, meglio conosciuto come la "Oficina" (organo governativo su cui esistono varie inchieste per reati di esecuzioni extragiudiziarie oltre ad altri reati), viola l'articolo 5 di detta Dichiarazione, che afferma che " nessuno sará sottomesso a torture né a pene e trattamenti crudeli inumani o degradanti ", dichiarazione per altro sottoscritta dallo stesso governo cileno;
che quanto veriflcatosi, peraltro, non costituisce un'eccezione: se da un lato, infatti, il governo cileno, per il 1997, si é assunto la responsabilitá della tortura di due persone, una delle quali morta a causa delle torture subite, la Corporazione di assistenza giuridica ha invece denunciato 400 casi di torture, punizioni illegittime e maltrattamenti abusivi, con un aumento rispetto al 1996 del 100 por cento; la stessa associazione dei familiari dei prigionieri politici, nella sua relazione datata ottobre 1997, denuncia (su un totale di 75 detenuti) 59 casi di immobilizzazioni, 29 casi di applicazione di corrente elettrica nella tortura, 66 casi di percosse, 5 casi di somministrazione di droghe, 2 casi di abusi sessuali, 51 casi di privazione di beni di primaria necessità, un caso di ingestione di escrementi, 9 casi di asfissia procurate da immersioni, un caso di braciature, 8 casi di violenza acustica, 67 casi di torture psicologiche quali simulazione di fucilazione, roulette russa e obbligo di assistere alle torture. eccetera; non si dimentichi che lo stesso sistema giudiziario è " atipico ": in Cile, infatti, in tempo di pace, civili, per reati ritenuti politici,. possono essere processati dalla giustizia militare; processi, che, secondo quanto stabilito dalle leggi dello stato cileno, dovrebbero durare al massimo 90 giorni, spesso durano fino a 7 anni, con ovvie conseguenze per gli imputati;
che, sempre in violazione di tutti i trattati internazionali in materia
di diritto penale, il sistema giudiziario cileno non rispetta il principio
che afferma che nel diritto penale non si possano applicare due o più
pene per uno stesso reato; in Cile tutt'oggi i prigionieri politici vengono
sottoposti, per uno stesso reato, tanto alla giustizia civile come a quella
militare e le pene loro
addebitate vanno a sommarsi;
che in questa situazione di violazione dei diritti umani dei prigionieri politici cileni, si vuole segnalare due casi particolari, quelli di María Cristina San Juan Avila e di Marcela Irene Rodríguez Valdivieso;
che María Cristina San Juan Avila ha 43 ani, é madre di tre figli e compagna di Rafael Escorza, prigioniero politico recluso nel carcere di' massima sicurezza di Santiago; tutta la famiglia venne arrestata il 30 marzo del 1992 e sottoposta a torture fisiche e psicologiche per 9 giorni; María Cristina fu accusata di essere l'autrice del sequestro di Cristián Edwards; il processo si caratterizzò per una serie di irregolarità e María Cristina non poté contare su una difesa appropriata per mancanza di mezzi economici; secondo il codice penale e secondo quanto espresso dallo stesso presidente del tribunale che emise la sentenza i reati che le venivano imputati erano passibili di una condanna a 3 anni e un giorno, come risulta dal ricorso in appello, che venne negato, non accettando la richiesta del giudice Alfredo Pfeiffer di avvalersi della "delazione compensata" (legge del pentimento efficace che prevede uno sconto della pena nel caso di delazione di altri soggetti presumibilmente implicati nel medesimo reato), fu condannata all'ergastolo; il giudice informò della sentenza prima la stampa che l'interessata, cosa che costituisce altra irregolarità;
che da 14 anni María Cristina San Juan soffre di due malattie progressive terminali: lupus eritematoso sistemico ed arterite di Takaya-su; il lupus eritematoso sistemico è una malattia incurabile che colpisce il sistema immunologico e rende vulnerabile l'organismo ad altre malattie; si possono curare solo i sintomi, tramite trattamento farmacologico; l'arterite di Takayasu é una pericolosa malattia che attacca le arterie, deformandole; María Cristina soffre di un blocco della derivazione destra ed è a rischio in qualsiasi momento di trombosi; nel 1983 non ha potuto affrontare un'operazione di by pass a causa del rischio a cui la sottopone l'arterite.
che nel carcere si viola reiteratamente il suo diritto alla salute e alla Vita; diverse organizzazioni sociali e dei diritti umani cilene e di altri paesi, hanno espresso la loro preoccupazione per la sua salute;
che il 17 luglio 1993, dopo che Amnesty International segnalò al governo cileno la sua preoccupazione per lo stato di salute di María Cristina San Juan, 1'avvocato Hugo Pavez ha presentato ricorso di protezione davanti alla corte d'appello di San Miguel, che è stato rifiutato;
che a causa della mancanza di assistenza medica e delle condizioni carcerarie si sono sviluppate in María Cristina San Juan nuove malattie fisiche e psichiche: blocco completo della derivazione destra, aritmia cardiaca, fenomeno di Rayneaud, sindrome angustioso depressiva in progresso, infezione alle vie urinarie, bronchite cronica, polmonite, gastrite cronica, congiuntivite allergica, insufficienza surrenale, osteoporosi, reazioni allergiche cutanee, ipertrofia cardiovascolare; queste malattie hanno deteriorato gravemente la sua salute; il governo, il ministero di giustizia e la gendarmeria non hanno avuto la volontà né la sensibilitá di darle una attenzione medica sistematica e rigorosa, nell'aprile del 1996 le é stata diagnosticata una depressione acuta, con atteggiamento d'autoflagellamento; con acqua bollente e sigarette si è inferta bruciature nelle braccia e ha poi rifiutato ogni cura;
che nel luglio del 1996 la Organizzazione di difesa popolare (organizzazione per i diritti umani cilena) e il suo compagno Rafael Escorza hanno inviato lettere al Ministro della giustizia, Soledad Alvear, manifestando la loro preoccupazione per lo stato psichico di María Cristina; la signora Ministro ha risposto che la gendarmeria stava dando a María Cristina una attenzione medica adeguata, cosa che é risultata non vera, come si é dimostrato successivamente; María Cristina non ha ricevuto cure psichiatriche opportune e permanenti e la sua salute psichica ha continuato ad aggravarsi fino a che, giovedì 28 novembre 1996, ha cercato di suicidarsi ingerendo un alto quantitativo di farmaci; grazie all'aiuto che le offrirono le sue compagne di prigione si è scongiurato il peggio, perché fu trasferita d'urgenza all'ospedale del penitenziario dove le furono prestate le prime cure;
che la ODEP ha organizzato, quindi, la visita di una psichiatra, attraverso la Commissione per i diritti umani del collegio medico; sfortunatamente, la dottoressa Laura Moya non ha assunto il caso dal momento che ha considerato che il carcere non offrisse le minime condizioni per realizzare una terapia adeguata; dall'altro lato, lo psichiatra Carlos de los Ríos ha realizzato una valutazione del suo stato psicologico e ha riferito alla gendarmeria la sua opinione professionale, avvertendo della gravità del suo stato; La ODEP ha cercato di poter incontrare, senza riuscirvi, Soledad Alvear, Ministro della giustizia, e Claudio Martínez, direttore della gendarmeria; successivamente è stato il deputato Andrés Aylwin ad ottenere un incontro con la Commissione per i diritti umani del Parlamento, a cui è stata consegnata una lettera, inviata anche al direttore della gendarmeria, in cui si sollecitava 1'intervento per la precaria situazione di salute di María Cristina San Juan; Andrés Aylwin ha così ottenuto che Carlos Zuñiga, medico del FASIC (organizzazione per i diritti umani cilena) la potesse visitare un giorno alla settimana; successivamente questo medico ha cessato le sue funzioni nel FASIC e solamente nel novembre del 1997 la dottoressa Eliana Horvitz ha assunto le cure psichiatriche di María Cristina;
che attualmente, María Cristina San Juan si trova nell'ospedale del penitenziario; ha perso più di 7 chilogrammi e la sua salute continua a deteriorarsi: persiste la sua condotta autodistruttiva e la sua depressione; i suoi familiari diretti non hanno avuto accesso ai rapporti medici, sebbene lei abbia confermato di essere stata sottoposta a degli esami; è importante sottolineare che María Cristina dovrebbe trovarsi in cura presso un centro ospedaliero fuori dal carcere, dove potrebbe ricevere un trattamento adeguato alla gravità del suo stato;
che Marcela Irene Rodríguez Valdivieso è affetta da paraplegia spastica a causa di una pallottola che la colpì alla colonna vertebrale durante la fuga del prigioniero politico Ariel Antonioletti dall'ospedale Sótero del Río, il 14 novembre 1990; da questa data in ripetute occasioni le è stata negata l'autorizzazione a recarsi a Cuba per sottoporsi ad un trattamento di kinesiterapia, indispensabile per la sua salute; è stata sottoposta a 7 operazioni per assicurarle le funzioni fisiologiche e al momento è in attesa di essere ricoverata per una nuova operazione;
che la corte marziale, il 28 dicembre 1998, l'ha condannata a 10
anni di prigione per il caso "Sótero del Río "; il
suo avvocato presenterà ricorso in Cassazione; inoltre Marcela ha
un processo aperto presso il quarto tribunale militare per associazione
illecita, dove c'è una richiesta di condanna a 15 anni ed un giorno
di prigione; la gravitá di questo fatto è che Marcela
corre il rischio di essere incarcerata nell'ospedale del penitenziario
dove non esistono le condizioni adeguate alla sua situazione; si ricorda
che Marcela è rimasta in stato di detenzione per un anno e 3 mesi
proprio in tale area carceraria; per tutto questo periodo è stata
abbandonata alla morte, che solo la solidarietà internazionale ha
saputo evitare; oggi si trova in libertà provvisoria, però
con ordine di dimora obbligatoria, cosa che le impedisce di accedere fuori
dal paese al trattamento medico di cui avrebbe bisogno;
si chiede di sapere quali iniziative il Governo italiano, nella persona del Presidente del Consiglio e del Ministro degli affari esteri, intenda intraprendere per garantire il diritto alla vita delle persone sopracitate detenute e per porre fine alla situazione di abusi e torture nei confronti dei detenuti politici cileni.
(3-02655)