"Generazione ecstasy"
Ma anche crack e cocaina.Fino
al nuovissimo nazicrack, una micidiale miscela chimica che si sta diffondendo
in USA. Ormai, in tutto il mondo, è allarme perché i nuovi
tossicodipendenti sono giovanissimi e disposti a provare più sostanze
insieme. Un mix letale. Che brucia, letteralmente, il cervello.
Il nome, nazicrack, promette
malissimo: nazi perché lo stesso cocktail di metanfetamine sarebbe
stato usato come stimolante dai soldati del Fuhrer, crack perché
la nuova droga può essere inalata o fumata come il terribile “vecchio”
crack. Nel Midwest degli Stati Uniti il nuovo psicostimolante si è
diffuso alla velocità della luce. Ed è allarme generale:
la sostanza avrebbe effetti devastanti, indurrebbe un ineliminabile dipendenza
e si potrebbe produrre in casa a costi contenuti. La rete televisiva Cbs
ha diffuso la ricetta: qualche pasticca per il raffreddore, litio, alcol
e il componente di un comune fertilizzante agricolo. Fabrizio Schifano,
responsabile del Sert 2 (servizio tossicodipendenze) di Padova e tra i
massimi esperti italiani di nuove droghe, getta acqua sul fuoco: «Per
produrre il nazicrack bisogna conoscere la chimica» spiega. «Impensabile
che un ragazzino se lo produca in cantina. La molecola attiva è
il catinone. Si estrae dal Khat, un ar-busto le cui foglie possono essere
masticate con effetti simili a quelli della coca. I chimici del Midwest
sono riusciti a produrla in laboratorio. Come la coca, migliora le performance
sessuali, ma costa molto meno». Per ora non circola in Italia, salvo
che in qualche élite di sofisticati sperimentatori. Sarà
boom anche qui? «Questione di marketing» dice Schifano. «Se
i produttori constateranno che il mercato è ricettivo, che c‘è
possibilità di far guadagni, allora arriverà».
Anche il narcomercato
è regolato dalla legge della domanda e dell‘offerta, e la droga
è la più globale delle merci. Il giro d ‘affari annuo è
di 500 miliardi di dollari: il business dei business, un decimo di tutti
gli affari del pianeta (in Italia, siamo sui 400 miliardi di lire l’anno).
I mercanti di droga saggiano il terreno anche on line: una sene di siti
Internet, presentati come informativi, seduce gli “psiconauti”. Nel caso
delle nuove droghe la produzione è molto versatile, sa adattarsi
al mutamento della domanda, sa proporre la droga giusta al momento giusto:
non c’è problema di materie prime, è tutto fatto in laboratorio.
Anche la confezione ha la sua importanza. Le pasticche di ecstasy sono
carine, colorate, decorate con piccoli disegni. Si chiamano colombine,
playboy, simpson, banana split. Ci si “cala”, non ci si “fa”: niente a
che vedere con il nero rituale del buco. I ragazzi del1 ‘ecstasy non vogliono
essere scambiati con i tossici. «L’eroina» spiega don Gino
Rigoldi di Comunità Nuova di Milano «è una forma di
autoterapia. Queste nuove droghe no. Non sono antagoniste. Sono l’uomo
d’oggi tirato al massimo, efficiente, sempre in pista». L’ecstasy
è anche qualcos’altro”«. ..ci si riconosceva in un sorriso...
Riuniti in cerchio, ci accarezzavamo” è la testimonianza da un rave
party riportata in Nuove droghe di Gunther Amendt e Patrick Walder (Feltrinelli).
«La conversazione» racconta un ragazzo «aveva un’intensità
quasi mai raggiunta»: l’ecstasy è una droga del cuore, non
del sesso, piacevole come l’euforia da innamoramento. Il 50 per cento dei
giovani italiani fra i 14 e i 25 anni, un numero davvero impressionante,
ha fumato almeno una volta hashish e marijuana. Ma l’ecstasy resta la regina
delle droghe sintetiche da party. E non solo: si comincia a segnalare anche
un uso “di strada”, avulso dalla liturgia rave. Secondo una ricerca del
Sert di Milano, il 13 per cento dei ragazzi ha provato ecstasy, cocaina
o allucinogeni. Il principio attivo è il Mdma, derivato dell’anfetamina
(effetto eccitante) ma imparentato con la mescalina (effetto blandamente
allucinogeno). Agisce in mezz‘ora un’ora, e la sua emivita è di
4-6 ore. Per anni è stata impiegata come farmaco nella psicoterapia.
Viene prodotta in Olanda e nei Paesi dell’ex Est europeo per poche centinaia
di lire a dose: il prezzo di vendita oscilla tra le 30 e le 80 mila lire.
Si calcola che in Italia siano in 200-300 mila a farne uso, maschi e femmine
(il rapporto è di 2 a 1) e di qualunque estrazione so-ciale. Prevalentemente
un uso saltuario. «Ma c’è una fascia di consumatori, grosso
modo il 10-12 per cento del totale, che invece la consuma in modo
continuativo» dice
Fabrizia Bagozzi del gruppo Abele di Torino, autrice di Generazione in
ecstasy (Edizioni gruppo Abele). «E quel che più conta, “poliassumendo”,
cioè usando con-temporaneamente altre sostanze: alcol, per esempio,
Lsd, eroina (fumata) e soprattutto cocaina». Il che aumenta i rischi
nell‘immediato: l’alcol, per esempio, può aggravare il rischio del
“colpo di calore” (la temperatura corporea che sale oltre i 42 gradi),
uno dei più temibili effetti collaterali dell‘ec-stasy. Ma aumenta
anche il rischio di dipendenza, soprattutto da cocaina. La coca è
la nuova emergenza fra i giovani. «E in qualche modo complementare
all’ecstasy» spiega Roberto Ginosa, autore con Riccardo C. Gatti
di Ecstasy e nuove droghe (Franco Angeli). «La pasticca crea un clima
“affettivo” e la sniffata garantisce una buona prestazione sessuale. Il
guaio è che l’effetto della coca è breve, devi continuare
a tirare, arrivi a un uso compulsivo. E diventi dipendente». Don
Gino Rigoldi ricorda la storia di un ragazzo di vent’anni che dall‘ecstasy
è passato alla coca: «Il suo equilibrio psichico è
partito. Finché non è andato in overdose». Tra le varie
“misture”, c’è anche quella tra ecstasy e Viagra, con effetti potenzialmente
esplosivi.
Quello dei “politossici”,
è il fenomeno emergente: «Arrivano qui ridotti a zombi»
dice Andrea Muccioli di San Patrignano «con veri e propri buchi nel
cervello: problemi di attenzione, di percezione, di memoria. Ci vogliono
mesi perché comincino a comunicare». A San Patrignano ci sono
parecchi ragazzini in questo stato, addi-rittura dodicenni, tanto che è
in costruzione una nuova ala riservata ai minori. Secondo Andrea Muccioli
la comunità è una proposta valida anche per i nuovi tossici.
Ma non tutti gli addetti ai lavori la pensano così. Dice don Antonio
Mazzi di Exodus:
«Ci vorrebbero
nuove strutture. Le metodiche adottate contro eroina e cocaina qui non
funzionano». Scettico anche Riccardo C. Gatti, responsabile del Servizio
tossicoalcol dipendenze città di Milano e membro della commissione
nuove droghe della presidenza del Consiglio: «La comunità
non va bene per tutti. il percorso terapeutico (farmaci, psicoterapia o
eventualmente comunità) va sempre deciso in base alla diagnosi.
Anche noi» continua Gatti «vediamo crescere il fenomeno del
poliabuso. Consumatori puri di ecstasy ne arrivano pochi. Quando vengono
qui hanno già smesso, ma si sen-tono ancora “fuori”: ansia, attacchi
di panico, disturbi dell’umore». Non è chiaro perché:
l’ecstasy agisce sul sistema della serotonina, neurotrasmettitore che governa
le emozioni: sospendendo la somministrazione della sostanza, il sistema
si rigenera. Ma ne-gli animali più vicini all’uomo, l’equilibrio
non si ristabilisce più perfettamente. Un’altra possibilità
è che i disturbi si scatenino in soggetti già predisposti.
«Avevo paura. Gelavo.
Il corpo e la bocca tremavano. Volevo vomitare. Quando l’effetto della
droga svanì, ero distrutto. Mi sarei sentito instabile per alcuni
giorni. Avevo perso la fiducia in me stesso»: è la cronaca
di un cattivo trip riportata in Le nuove droghe. Anche più tolleranti
tra gli addetti ai lavori sconsigliano l’uso di ecstasy e di altre droghe
se non ci si sente perfettamente in forma, fisicamente e psichicamente.
Discorso valido anche per le “ecodroghe”: funghetti allucinogeni e miscele
di erbe psicoattive, come Herbal ecstasy, Ritual spirit e simili. La droga
può fare male, molto male. Però, non c’è dubbio, è
anche divertente. «Bisogna riconoscerlo, se vuoi riuscire a dialogare
con i ragazzi» dice Claudio Cippitelli di Parsec, associazione romana
che lavora sul problema. «Quando giriamo per le strade o in discoteca,
non raccontiamo storie, ma invitiamo a una maggiore autoconsapevolezza».
Concorda don Gino Rigoldi: “Anche noi non nascondiamo nulla: la sostanza
ti dà questo, i vantaggi sono questi, i rischi questi altri. Poi
discutiamo per ore. E vengono fuori tutti i problemi legati alla difficoltà
di crescere, di accettare la propria identità. L’unica prevenzione
possibile è far concorrenza alla sostanza, dare ai ragazzi quello
che loro cercano: amicizia, comunicazione, il senso di essere accettati.
Rapporti veri. Lo dico soprattutto ai genitori”.
La generazione dell’ecstasy
non si chiude nel silenzio, non frappone tra sé e il mondo il muro
di menzogna e di silenzio che ha sempre separato i tos-sici dalle proprie
famiglie. «Loro parlano» conferma Riccardo C. Gatti «cercano
il dialogo con gli adulti. Cer-cano un genitore che magari gli dica qualche
no. Ma spesso non lo trovano». E invece un no, cosi difficile da
pronunciare, può essere un gran bel regalo per i propri figli. Insieme
alla consapevolezza che frustrazioni e dolore nella vita sono inevitabili.
E che è bene imparare a sopportarli, almeno un po’. E quello che
intende don A-tonio Mazzi, quando dice che questi ragazzi «hanno
bisogno di un padre». Concorda il sociologo Roberto Ginosa: «Stiamo
abituando i nostri figli e noi stessi a una bassissima soglia di tolleranza
della sofferenza e dell’imperfezione. C’è sempre una pillola per
tutto. Bene: è proprio questa errata convinzione che, alla fine,
ingrassa i narcotrafficanti».
Marina Terragni
(ha collaborato Michela
Duraccio)
le statistiche:
? Per strada. E’ qui
che il 43% dei consumatori compra droghe sintetiche.
? Nelle scuole. Il 25%
dei ragazzi che usano le nuove droghe le trova tra i banchi.
? In 300 su 5 mila locali
italiani circolano ecstasy e altre pasticche.
? In caserma. Il 18.6%
di chi assume droga ha iniziato durante la leva.
? 85 mila. E’ il numero
dei ragazzi che tra i 15 e i 25 anni che consumano droghe.