Dal settimanale “Io Donna” N. 4 allegato al Corriere della Sera del 23 gennaio ’99:

                        "Generazione ecstasy"
Ma anche crack e cocaina.Fino al nuovissimo nazicrack, una micidiale miscela chimica che si sta diffondendo in USA. Ormai, in tutto il mondo, è allarme perché i nuovi tossicodipendenti sono giovanissimi e disposti a provare più sostanze insieme. Un mix letale. Che brucia, letteralmente, il cervello.

Il nome, nazicrack, promette malissimo: nazi perché lo stesso cocktail di metanfetamine sarebbe stato usato come stimolante dai soldati del Fuhrer, crack perché la nuova droga può essere inalata o fumata come il terribile “vecchio” crack. Nel Midwest degli Stati Uniti il nuovo psicostimolante si è diffuso alla velocità della luce. Ed è allarme generale: la sostanza avrebbe effetti devastanti, indurrebbe un ineliminabile dipendenza e si potrebbe produrre in casa a costi contenuti. La rete televisiva Cbs ha diffuso la ricetta: qualche pasticca per il raffreddore, litio, alcol e il componente di un comune fertilizzante agricolo. Fabrizio Schifano, responsabile del Sert 2 (servizio tossicodipendenze) di Padova e tra i massimi esperti italiani di nuove droghe, getta acqua sul fuoco: «Per produrre il nazicrack bisogna conoscere la chimica» spiega. «Impensabile che un ragazzino se lo produca in cantina. La molecola attiva è il catinone. Si estrae dal Khat, un ar-busto le cui foglie possono essere masticate con effetti simili a quelli della coca. I chimici del Midwest sono riusciti a produrla in laboratorio. Come la coca, migliora le performance sessuali, ma costa molto meno». Per ora non circola in Italia, salvo che in qualche élite di sofisticati sperimentatori. Sarà boom anche qui? «Questione di marketing» dice Schifano. «Se i produttori constateranno che il mercato è ricettivo, che c‘è possibilità di far guadagni, allora arriverà».
Anche il narcomercato è regolato dalla legge della domanda e dell‘offerta, e la droga è la più globale delle merci. Il giro d ‘affari annuo è di 500 miliardi di dollari: il business dei business, un decimo di tutti gli affari del pianeta (in Italia, siamo sui 400 miliardi di lire l’anno). I mercanti di droga saggiano il terreno anche on line: una sene di siti Internet, presentati come informativi, seduce gli “psiconauti”. Nel caso delle nuove droghe la produzione è molto versatile, sa adattarsi al mutamento della domanda, sa proporre la droga giusta al momento giusto: non c’è problema di materie prime, è tutto fatto in laboratorio. Anche la confezione ha la sua importanza. Le pasticche di ecstasy sono carine, colorate, decorate con piccoli disegni. Si chiamano colombine, playboy, simpson, banana split. Ci si “cala”, non ci si “fa”: niente a che vedere con il nero rituale del buco. I ragazzi del1 ‘ecstasy non vogliono essere scambiati con i tossici. «L’eroina» spiega don Gino Rigoldi di Comunità Nuova di Milano «è una forma di autoterapia. Queste nuove droghe no. Non sono antagoniste. Sono l’uomo d’oggi tirato al massimo, efficiente, sempre in pista». L’ecstasy è anche qualcos’altro”«. ..ci si riconosceva in un sorriso... Riuniti in cerchio, ci accarezzavamo” è la testimonianza da un rave party riportata in Nuove droghe di Gunther Amendt e Patrick Walder (Feltrinelli). «La conversazione» racconta un ragazzo «aveva un’intensità quasi mai raggiunta»: l’ecstasy è una droga del cuore, non del sesso, piacevole come l’euforia da innamoramento. Il 50 per cento dei giovani italiani fra i 14 e i 25 anni, un numero davvero impressionante, ha fumato almeno una volta hashish e marijuana. Ma l’ecstasy resta la regina delle droghe sintetiche da party. E non solo: si comincia a segnalare anche un uso “di strada”, avulso dalla liturgia rave. Secondo una ricerca del Sert di Milano, il 13 per cento dei ragazzi ha provato ecstasy, cocaina o allucinogeni. Il principio attivo è il Mdma, derivato dell’anfetamina (effetto eccitante) ma imparentato con la mescalina (effetto blandamente allucinogeno). Agisce in mezz‘ora un’ora, e la sua emivita è di 4-6 ore. Per anni è stata impiegata come farmaco nella psicoterapia. Viene prodotta in Olanda e nei Paesi dell’ex Est europeo per poche centinaia di lire a dose: il prezzo di vendita oscilla tra le 30 e le 80 mila lire. Si calcola che in Italia siano in 200-300 mila a farne uso, maschi e femmine (il rapporto è di 2 a 1) e di qualunque estrazione so-ciale. Prevalentemente un uso saltuario. «Ma c’è una fascia di consumatori, grosso modo il 10-12 per cento del totale, che invece la consuma in modo
continuativo» dice Fabrizia Bagozzi del gruppo Abele di Torino, autrice di Generazione in ecstasy (Edizioni gruppo Abele). «E quel che più conta, “poliassumendo”, cioè usando con-temporaneamente altre sostanze: alcol, per esempio, Lsd, eroina (fumata) e soprattutto cocaina». Il che aumenta i rischi nell‘immediato: l’alcol, per esempio, può aggravare il rischio del “colpo di calore” (la temperatura corporea che sale oltre i 42 gradi), uno dei più temibili effetti collaterali dell‘ec-stasy. Ma aumenta anche il rischio di dipendenza, soprattutto da cocaina. La coca è la nuova emergenza fra i giovani. «E in qualche modo complementare all’ecstasy» spiega Roberto Ginosa, autore con Riccardo C. Gatti di Ecstasy e nuove droghe (Franco Angeli). «La pasticca crea un clima “affettivo” e la sniffata garantisce una buona prestazione sessuale. Il guaio è che l’effetto della coca è breve, devi continuare a tirare, arrivi a un uso compulsivo. E diventi dipendente». Don Gino Rigoldi ricorda la storia di un ragazzo di vent’anni che dall‘ecstasy è passato alla coca: «Il suo equilibrio psichico è partito. Finché non è andato in overdose». Tra le varie “misture”, c’è anche quella tra ecstasy e Viagra, con effetti potenzialmente esplosivi.
Quello dei “politossici”, è il fenomeno emergente: «Arrivano qui ridotti a zombi» dice Andrea Muccioli di San Patrignano «con veri e propri buchi nel cervello: problemi di attenzione, di percezione, di memoria. Ci vogliono mesi perché comincino a comunicare». A San Patrignano ci sono parecchi ragazzini in questo stato, addi-rittura dodicenni, tanto che è in costruzione una nuova ala riservata ai minori. Secondo Andrea Muccioli la comunità è una proposta valida anche per i nuovi tossici. Ma non tutti gli addetti ai lavori la pensano così. Dice don Antonio Mazzi di Exodus:
«Ci vorrebbero nuove strutture. Le metodiche adottate contro eroina e cocaina qui non funzionano». Scettico anche Riccardo C. Gatti, responsabile del Servizio tossicoalcol dipendenze città di Milano e membro della commissione nuove droghe della presidenza del Consiglio: «La comunità non va bene per tutti. il percorso terapeutico (farmaci, psicoterapia o eventualmente comunità) va sempre deciso in base alla diagnosi. Anche noi» continua Gatti «vediamo crescere il fenomeno del poliabuso. Consumatori puri di ecstasy ne arrivano pochi. Quando vengono qui hanno già smesso, ma si sen-tono ancora “fuori”: ansia, attacchi di panico, disturbi dell’umore». Non è chiaro perché: l’ecstasy agisce sul sistema della serotonina, neurotrasmettitore che governa le emozioni: sospendendo la somministrazione della sostanza, il sistema si rigenera. Ma ne-gli animali più vicini all’uomo, l’equilibrio non si ristabilisce più perfettamente. Un’altra possibilità è che i disturbi si scatenino in soggetti già predisposti.
«Avevo paura. Gelavo. Il corpo e la bocca tremavano. Volevo vomitare. Quando l’effetto della droga svanì, ero distrutto. Mi sarei sentito instabile per alcuni giorni. Avevo perso la fiducia in me stesso»: è la cronaca di un cattivo trip riportata in Le nuove droghe. Anche più tolleranti tra gli addetti ai lavori sconsigliano l’uso di ecstasy e di altre droghe se non ci si sente perfettamente in forma, fisicamente e psichicamente. Discorso valido anche per le “ecodroghe”: funghetti allucinogeni e miscele di erbe psicoattive, come Herbal ecstasy, Ritual spirit e simili. La droga può fare male, molto male. Però, non c’è dubbio, è anche divertente. «Bisogna riconoscerlo, se vuoi riuscire a dialogare con i ragazzi» dice Claudio Cippitelli di Parsec, associazione romana che lavora sul problema. «Quando giriamo per le strade o in discoteca, non raccontiamo storie, ma invitiamo a una maggiore autoconsapevolezza». Concorda don Gino Rigoldi: “Anche noi non nascondiamo nulla: la sostanza ti dà questo, i vantaggi sono questi, i rischi questi altri. Poi discutiamo per ore. E vengono fuori tutti i problemi legati alla difficoltà di crescere, di accettare la propria identità. L’unica prevenzione possibile è far concorrenza alla sostanza, dare ai ragazzi quello che loro cercano: amicizia, comunicazione, il senso di essere accettati. Rapporti veri. Lo dico soprattutto ai genitori”.
La generazione dell’ecstasy non si chiude nel silenzio, non frappone tra sé e il mondo il muro di menzogna e di silenzio che ha sempre separato i tos-sici dalle proprie famiglie. «Loro parlano» conferma Riccardo C. Gatti «cercano il dialogo con gli adulti. Cer-cano un genitore che magari gli dica qualche no. Ma spesso non lo trovano». E invece un no, cosi difficile da pronunciare, può essere un gran bel regalo per i propri figli. Insieme alla consapevolezza che frustrazioni e dolore nella vita sono inevitabili. E che è bene imparare a sopportarli, almeno un po’. E quello che intende don A-tonio Mazzi, quando dice che questi ragazzi «hanno bisogno di un padre». Concorda il sociologo Roberto Ginosa: «Stiamo abituando i nostri figli e noi stessi a una bassissima soglia di tolleranza della sofferenza e dell’imperfezione. C’è sempre una pillola per tutto. Bene: è proprio questa errata convinzione che, alla fine, ingrassa i narcotrafficanti».

Marina Terragni

(ha collaborato Michela Duraccio)
 

le statistiche:
? Per strada. E’ qui che il 43% dei consumatori compra droghe sintetiche.
? Nelle scuole. Il 25% dei ragazzi che usano le nuove droghe le trova tra i banchi.
? In 300 su 5 mila locali italiani circolano ecstasy e altre pasticche.
? In caserma. Il 18.6% di chi assume droga ha iniziato durante la leva.
? 85 mila. E’ il numero dei ragazzi che tra i 15 e i 25 anni che consumano droghe.