Università degli Studi di Trieste Facoltà di Farmacia
Corso di Laurea in Chimica e Tecnologia Farmaceutche
Appunti delle lezioni del Corso di
Chimica Tossicologica
tenuto dal Prof.
Aldo Colautti
a cura di
Sommario
¥ Prefazione
¥ INTRODUZIONE GENERALE pag. 1
¥ 1 - VELENO ed AVVELENAMENTO pag. 1
- Cos'è un veleno - Tipi di Avvelenamento e Criteri di - Diagnosi
¥ 2 - TOSSICOCINETICA pag. 4 - Introduzione - Assorbimento - Distribuzione ed Accumulo - Biotrasformazione - Eliminazione - Modelli, Scopi e Campi d'Applicazione - Interazioni Tossico - Organismo - Ambiente
¥ 3 - ANALITICA e SISTEMATICA TOSSICOLOGICA pag. 25 - Introduzione - Raccolta e Conservazione dei Reperti - Impostazione della Ricerca Tossicologica
¥ 4 - CLASSIFICAZIONE TOSSICOLOGICA DELLE SOSTANZE pag. 29
- Tossici gassosi o volatili (in fase vapore) - Etanolo - Metanolo - Monossido di Carbonio - Acido Cianidrico
- Tossici volatili distillabili in c. di vapore - Introduzione - Glicoli - Alogenoderivati alifatici - Benzene - Toluene
- Acidi e Basi Forti - Introduzione - Acido Cloridrico - Acido Solforico - Acido Nitrico - Acido Fluoridrico
- Tossici Metallici - Introduzione - Mercurio - Bismuto - Antimonio - Arsenico - Cromo - Zinco - Cadmio - Mercurio - Piombo - Tallio - Fattori generali che influenzano la tossicità di metalli
- Tossici Anionici
- Tossici Organici non Volatili solubili in acqua e/o etanolo - Introduzione - gli Oppiodi: oppio, derivati di semisintesi e di sintesi - la Canapa Indiana - gli Allucinogeni - la Cocaina - l'Amfetamina e gli amfetamino- simili - i Salicilati - le Fenotiazine - gli Antidpressivi - gli Insetticidi - il para-amminofenolo
¥ Appendice I pag. 115 Test immunotossicologici Dipendenza dai tossici I livelli degli agenti inquinanti Il rilevamento delle esposizioni pericolose Prove di esposizione
¥ Appendice II pag. 121 Numeri in tossicologia - relazioni dose/risposta - risposta in frequenza - risposta cumulativa - concetti statistici ed LD-50 - potenza contro tossicità - margine di sicurezza - reversibilità della risposta - iper e ipo sensibilità - concetti di risposta per composti essenziali al sistema biologico
Prefazione
Questo lavoro e' la trascrizione integrale degli appunti presi durante le lezioni del Corso di Chimica Tossicologica tenuto dal Prof. Aldo Colautti.
Esso si divide in due sezioni: quella principale rappresenta la materia trattata dal Professore durante il Corso; quella secondaria, distinguibile dalla precendente poiche' contornata da una cornice, rappresenta degli approfondimenti (appunti in fotocopia) consegnati dal Professore a margine delle lezioni.
Mentre, come accennato prima, la parte riguardante le lezioni e' da considerarsi integrale di quanto fatto durante il Corso, la parte che tratta gli approfondimenti è stata trascritta in forma riassunta. In particolare i protocolli operativi della ricerca tossicologica sono stati riportati "qualitativamente", ossia senza dati quantitativi precisi, in quanto a tale scopo, ove ce ne fosse bisogno, si potrebbero consultare dei veri e propri testi.
Con l'auspicio che la fatica fatta sia utile a me, ai miei colleghi che seguiranno questo Corso, e perchè no (anche se in maniera diversa) al Professor Aldo Colautti che ha tenuto queste lezioni con l'entusiasmo e l'affetto di un padre.
INTRODUZIONE GENERALE
La chimica tossicologica può considerarsi un ramo della chimica analitica finalizzato alla ricerca e all'identificazione quali-quantitativa delle sostanze tossiche (organiche, inorganiche, metallorganiche, gassose, liquide o solide) nei più disparati ambienti (corpo umano, ambiente, cibo...) per le più disparate finalità (diagnosi mediche, salute pubblica, sport, tossicodipendenza, motivi legali...). La chimica tossicologica ha assunto quindi man mano maggiore importanza, anche perché con l'età moderna è aumentato il numero di sostanze tossiche. Essa è comunque una tecnica "giovane", in quanto solo in questo secolo sono state affinate tecniche e apparecchiature d'analisi. Non è sufficiente comunque, per il chimico tossicologo, una conoscenza improntata solo all'analitica, ma è necessaria anche una cultura bio-farmacologica, medico-legale ecc.
1 - VELENO ed AVVELENAMENTO
Cos'è un Veleno?
Dare esattamente la definizione di veleno non è cosa agevole, poiché fin dai tempi remoti veleni e farmaci non erano mai stati (e non potevano essere) due universi separati: anzi i "farmaci" che a dosi corrette procuravano benefici venivano chiamati veleni buoni e i "veleni" (letali) veleni malvagi. Un esempio di questa sovrapposizione è l'acido cianidrico, a basse dosi calmante delle vie aeree, ad alte dosi letale. Per separare le sostanze in velenose e non velenose non bastano certo le arbitrarie e semplificate scelte delle farmacopee. Tuttora non esiste una sola definizione di veleno: diverse scuole di pensiero hanno elaborato diverse definizioni, tra le quali:
¥ "veleno: sostanza che introdotta nell'organismo provoca malattia o morte con meccanismo chimico o biochimico"
¥ "veleno: sostanza organica o inorganica, vegetale, animale, sintetica o estrattiva, semplice o complessa, solubile o no, che dopo assunzione in quantità relativamente piccola sia in grado di determinare uno stato morboso di varia durata o entità, che può essere letale a causa delle azioni chimiche o biochimiche causate sull'organismo"
(escludiamo quindi il materiale vivente (batteri, funghi...) o quasi-vivente (virus), gli oggetti che causano offese meccaniche, le sostanze radioattive o esplosive...)
E' pur vero che anche l'introduzione di sostanze essenziali per l'alimentazione in quantità esagerata può causare alterazioni assimilabili in tutto e per tutto a quelle causate da veleni (o tossici che dir si voglia)? Ciò porterebbe a ritenere che una sostanza può o no essere un veleno a prescindere dalle sue proprietà intrinseche. Infatti a seconda delle circostanze, delle dosi eccetera una stessa sostanza potrebbe far parte dei veleni, dei farmaci o anche delle sostanze alimentari.
Per quanto riguarda le sostanze alimentari, anche se a rigor di logica potrebbero essere in talune circostanze ritenute veleni, (es: morte da assunzione di troppa H2O, o NaCl o zuccheri, ma anche da alimenti in senso stretto) si usa piuttosto dire che sono causa di avvelenamento. Questo approccio è piuttosto corretto, ed è possibile applicarlo anche alle sostanze non alimentari, in quanto l'avvelenamento è un fatto oggettivo (es: avvelenamento da certi sali di bario) mentre il veleno è un fatto relativo (es: il bario solfato è insolubile ed è quindi innocuo, altri sali di bario sono invece solubili ed estremamente tossici: il bario quindi è un veleno o no?)
Tipi di Avvelenamento e Criteri di Diagnosi
E' possibile distinguere gli avvelenamenti in acuti e cronici. Gli avvelenamenti acuti sono di solito dovuti ad ingestione di notevoli quantità di un tossico, danno sintomi gravi e improvvisi, e se possibile vanno curati, tra le altre cose, con l'allontanamento del tossico stesso dall'organismo. La terapia è orientata poi principalmente ad alleviare i sintomi presenti.
Gli avvelenamenti cronici sono la conseguenza dell'assorbimento, prolungato nel tempo, di basse dosi di tossico. Ciò presuppone una distribuzione capillare dell'organismo, e la presenza di meccanismi di accumulo quando la tossicocinetica li preveda (vedi avanti). Tipici avvelenamenti cronici sono quelli causati da metalli o da sostanze organiche (As, Cd, hg, Pb; benzene...).
Diversi criteri sono o sono stati usati per diagnosticare gli avvelenamenti. Molto si è discusso, specialmente in ambito medico-legale, sulla maggiore o minore validità dei vari criteri, ed il discorso è ancòra parzialmente aperto.
a) Criterio Clinico - Si basa sulla sintomatologia del paziente (si applica quindi ante-mortem). Sia il paziente che il medico devono essere esperti e obbiettivi, pena il verificarsi di errori di interpretazione. Questo metodo si avvantaggerebbe poi di testimoni dell'evento, ma non è detto che sempre ci siano testimoni. Caso più "fortunato" è quello nel quale l'avvelenamento si verifichi in ambito ospedaliero, cosicché la cartella clinica può venire in aiuto del medico che deve effettuare la diagnosi.
b) Criterio Anatomo-Patologico - Si basa sul rilevamento, sugli organi interni, di eventuali segni macro o microscopici (colorazioni, causticazioni ecc) dovuti ad un particolare tossico. E' applicabile a poche sostanze, tra le quali ricordiamo l'avvelenamento renale da fosforo o da mercurio. In genere comunque è un metodo piuttosto aspecifico e quindi poco utile all'indentificazione del tossico.
c) Criterio Biologico o Fisiotossico - Oggi è stato soppiantato dal metodo chimico-tossicologico: estratti dal cadavere venivano somministrate a cavie e si osservavano gli effetti. Il problema era che i prodotti della putrefazione del cadavere causavano alle cavie effetti ben più importanti che quelli dell' (eventuale) tossico, così da falsare i risultati.
d) Criterio Chimico-Tossicologico - Oggi l'unico criterio che può essere sufficiente da solo, mentre i criteri circostanziale (vedi dopo) e anatomo-patologico rappresentano per esso un corollario. Vari pregiudizi tuttavia hanno ostacolato per lungo tempo questo criterio; tra i quali ricordiamo:
¥ casi di veleno senza avvelenamento, ossia: nei cadaveri si potevano trovare tracce di tossici dovuti all'ambiente di lavoro, all'uso di sostanze quali in Tonico di Fowler o ad altri motivi, e si muoveva l'obiezione che il criterio Chimico-Tossicologico non poteva rivelare la "provenienza" (suicidio, omicidio, terapia errata, metalli a contatto con il cadavere...).
¥ casi di avvelenamento senza veleno, ossia: si obbiettava che tossici in concentrazioni basse potevano essere efficaci ma sfuggire all'analisi chimico-tossicologica: ma oggi le tecniche moderne permettono di rilevare concentrazioni fino a 10-9 g (picogrammi)/l !
L'unica limitazione di questo criterio è invece l'impossibilità pratica di eseguire ricerche sistematiche di tutti i tossici esistenti (che sono tantissimi), ma ciò non è mai indispensabile in quanto viene in aiuto il criterio circostanziale.
e) Criterio Circostanziale - Si basa sui dati ottenuti dalle indagini, cosicché si possa restringere il cerchio delle sostanze e delle circostanze.
2 - TOSSICOCINETICA
Introduzione
Una dose di un tossico può essere somministrata in vari modi. Consideriamo per esempio una sostanza atta ad essere assunta per via orale. Una volta ingerita essa, in percentuale più o meno elevata verrà assorbita, verrà distribuita nell'organismo, metabolizzata ed eliminata (fasi tossicocinetiche): in questo lasso di tempo la sostanza sarà bio-disponibile per l'interazione con il suo sito bersaglio (fase tossicodinamica) e darà l'effetto.
Prima di passare ad analizzare i singoli passaggi tossicocinetici è opportuno rappresentare un quadro generale della situazione. Iniziamo col dire che organismo ed ambiente sono strettamente correlati per quanto riguarda l'interazione con un tossico. Dall'ambiente una sostanza può entrare nell'organismo per esempio tramite stomaco ed intestino. Da lì può venir assorbita e può instaurarsi così un equilibrio biunivoco con il sangue. Un siffatto equilibrio si instaurerà poi anche tra sangue e organi e tessuti periferici, tra cui i polmoni. E questi equilibri riguarderanno non solo il farmaco ma anche i suoi metaboliti. Aria espirata, urine e feci saranno poi le principali vie attraverso le quali l'organismo restituirà all'ambiente il tossico ed i suoi metaboliti.
Assorbimento
Due vie di somministrazione diverse possono mutare di molto l'assorbimento e quindi la tossicità di una sostanza: si consideri che il curaro è letale per via parenterale e innocuo per via orale (enterale). Oppure si consideri che l'esano fa perdere conoscenza in breve tempo se inalato, mentre se ingerito (10 ml. circa) non ha alcun effetto, in quanto va in circolo ma quando il sangue passa ai polmoni viene in alta % eliminato con l'espirazione. Vediamo ora le principali vie di somministrazione:
Via di somministrazione enterale: via che fa uso del tubo digerente, dalla bocca all'ano. Permette:
- assorbimento rapido attraverso la sottile mucosa orale (vie per- e sub-linguale che permettono al farmaco di bypassare il pH gastrico, la flora intestinale, i cibi e il first-pass epatico).
- assorbimento attraverso stomaco e intestino (diffusione passiva per le forme non protonate (NB: pKa della sostanza e pH di stomaco o intestino), grande superficie assorbente intestinale). Nello stomaco e nell'intestino la qualità e la quantità del loro contenuto e delle loro secrezioni possono influenzare l'assorbimento di sostanze tossiche.
Per esempio le secrezioni gastriche possono aumentare la solubilità di un tossico, o possono favorire la formazione di tossici ex-novo (nitrosammine che si formano a pH basso) oppure la flora batterica può modificane la tossicità. Per esempio un pH gastrico più alto del normale (bambini o malati) favorisce una più elevata flora batterica, anche presso la porzione dello stomaco più prossima all'intestino, e questa flora batterica può favorire la trasformazione di nitrato (NO3-, più ossidato in confronto al nitrito) in nitrito (NO2-, più ridotto), capace di trasformare emoglobina in metaemoglobina MeHg(Fe+++).
Ai fini dell'assorbimento è utile ricordare poi che l'intestino tenue è ricco di vari meccanismi di trasporto attivo: per zuccheri, sali biliari, aminoacidi, vitamine, ioni varî eccetera.
In caso di intossicazione per via enterale non è utile bere per diluire il tossico, in quando l'acqua ingerita favorisce lo stiramento e quindi lo svuotamento gastrico e di conseguenza l'assorbimento intestinale. Se il tossico è ancora nello stomaco può essere opportuna una lavanda gastrica, se è già nell'intestino si ricorrerà ai purganti.
Vie di somministrazione parenterale:
¥ endovenosa: dà per definizione assorbimento immediato al 100%, sottostà a poche variabili. Sostanze così iniettate (soluzioni acquose sterili), se sufficientemente liposolubili, passano per diffusione passiva dal letto vascolare ai liquidi interstiziali attraversando la membrana delle cellule che costituiscono il capillare sanguigno. La velocità d'assorbimento dipende dal coeff. di ripartizione H2O/Olio (Olio sta per membrana cellulare, lipidica) e dall'area dei capillari. La via endovenosa è praticabile anche con farmaci irritanti, essendo i vasi poco sensibili. Se l'iniezione è graduale è possibile somministrare anche soluzioni ipertoniche. Difetti: non è possibile somministrare farmaci che causano emolisi o diminuzione della concentrazione delle proteine ematiche; l'assorbimento è irreversibile e talvolta è necessario fare numerose iniezioni.
¥ cutanea: questa via è piuttosto selettiva, in quanto poche sostanze riescono a superare lo strato corneo, molto povero d'acqua e costituito da cellule morte e da un'altra percentuale di lipidi e cheratina. La cute per esempio è impermeabile agli elettroliti (se escludiamo i metalli pesanti e i loro sali) e l'assorbimento di altre sostanze (gassose, liquide o solide) è determinato dalla loro liposolubilità, che dev'essere piuttosto elevata (es: alcuni insetticidi organofosforici, Pb tetraetile) per poter attraversare l'epidermide (il derma invece è acquoso). Fanno eccezione molecole molto piccole 'es: nicotina) che riescono a passare anche se non sono particolarmente lipofile.
La velocità d'assorbimento può essere aumentata ponendo il farmaco in un veicolo oleoso da applicare sulla cute, aumentando la superficie di contatto o la temperatura, oppure praticando l'elettroforesi (se il farmaco è in forma ionica) ponendo un elettrodo sottocute e l'arto da trattare in una soluzione di farmaco. Si tratta di un metodo poco usato poiché è scomodo e non permette un dosaggio preciso.
Negli studi di assorbimento cutaneo bisogna ricordarsi che la cute degli animali è diversa dalla nostra, e che il rapporto area superficiale/ volume corporeo, nei piccoli animali, è ben diverso dal nostro.
¥ sottocutanea: dà assorbimento lento, specialmente se si associa un vasocostrittore o se la formulazione è in granuli o è poco solubile (ppt). Non è una via praticabile con farmaci irritanti.
¥ intramuscolare: dà una velocità di assorbimento intermedia, a meno che il farmaco non precipiti. La via i.m. è praticabile anche con farmaci irritanti.
¥ inalatoria: (per gas, sostanze volatili o particelle solide disperse in nebbie) attraverso la mucosa del tratto respiratorio e l'endotelio polmonare e alveolare. La via inalatoria assicura un veloce assorbimento e una localizzazione, almeno iniziale, del farmaco nel sistema respiratorio, e ciò è auspicabile per le malattie respiratorie (es: adrenalina Vs. asma). Si tratta di una via meno selettiva di quella gastrointestinale, in quanto mancano le difese fornite dal pH gastrico e dalla flora batterica; in più gli alveoli presentano un endotelio fenestrato in comunicazione con i vasi polmonari. L'assorbimento tramite la via inalatoria dipende tra l'altro da:
- solubilità del tossico nell'ambiente acquoso e lipidico delle prime vie aeree (un appropriato coeff. di ripartizione acqua/olio facilita l'assorbimento) - pressione parziale e solubilità del tossico (gas) nel sangue, che preleva il tossico dal sistema respiratorio e provvede a distribuirlo ai tessuti che irrora (il sangue venoso che giunge ai polmoni senza aver ancòra disciolto e/o distribuito tutto il tossico, possiede una pressione parziale di gas che si scontra con quella alveolare, limitando così in parte il disciogliersi nel sangue di ulteriore gas. - flusso ematico polmonare
Inconvenienti di questa via sono la scarsa capacità di modulare la dose e la possibile irritazione delle vie respiratorie
Sostanze gassose o allo stato di vapore che hanno velocità di metabolizzazione minore di quella d'assorbimento presentano un caratteristico pattern d'assorbimento: la loro concentrazione nel sangue arterioso all'inizio sale molto più rapidamente di quella nel sangue venoso; successivamente si instaura un equilibrio di distribuzione tra sangue arterioso e tessuti, cosicché la concentrazione arteriosa diminuisce e si avvicina a quella venosa (fig. 1): a questo punto si può misurare un aumento della concentrazione del tossico anche nell'aria espirata, concentrazione che estrapolata al limite tende al valore che si registra nell'aria inspirata. Ossia: ad un certo punto il tossico raggiunge l'equilibrio di concentrazione tra sangue, alveoli, tessuti, aria inspirata ed espirata: si entra in una fase di stasi (fig. 2*)
Sostanze gassose o allo stato di vapore che hanno velocità di metabolizzazione uguale di quella d'assorbimento presentano un pattern d'assorbimento simile. La situazione cambia molto se la velocità di metabolizzazione risulta maggiore di quella d'assorbimento (metabolizzazione che può avvenire anche già a livello delle mucose delle vie respiratorie). Quando la metabolizzazione è veloce il tossico non si accumula nell'organismo (e ciò si riflette sulla concentrazione ematica, che rimane costante nel tempo finché continua la somministrazione, ossia si ha una % di ritenzione costante da parte dell'organismo).
A tal proposito Filov ha studiato la metabolizzazione di esteri vinilici e di acidi grassi: la differenza tra le concentrazioni di esteri vinilici nell'aria inspirata ed espirata rimane costante (fig. 3), come anche quella plasmatica, ossia la quantità ritenuta dall'organismo non varia nel tempo. In più, tali sostanze non saranno rinvenute nell'aria espirata dopo che si interrompe la somministrazione (ossia: concentrazione nell'aria inspirata = 0). E' possibile però che si formino dei metaboliti stabili capaci di distribuirsi o accumularsi in sangue e tessuti (fig. 4*, acetato di metile in coniglio)
Quindi, scelti vari tossici con velocità di metabolizzazione diverse (in relazione alle loro velocità d'assorbimento) essi daranno % decrescenti di ritenzione, che possono essere sfruttate per valutare quanto un tossico persiste in un organismo. La variabilità individuale impedisce però di rendere riproducibili questi dati (es: nei conigli la percentuale di ritenzione del triclorometil-cloroformiato ClCOOCCl3 variano dal 60 al 90 % circa)
Sui particolati (aerosol) - La ritenzione dei particolati inalati ha luogo attraverso le diverse zone del tratto respiratorio, che trattengono chi più chi meno le particelle. La ritenzione non dipende però solo dall'anatomia dell'albero respiratorio: importanti sono anche le caratteristiche fisiche delle particelle. Più piccole sono le particelle minore sarà la loro percentuale trattenuta. Inoltre le dimensioni influenzano anche i siti di assorbimento: per motivi fisici le particelle più piccole scendono fino agli alveoli, quelle più grandi vengono fermate nelle prime vie respiratorie (giungono al tratto tracheo-bronchiale o addirittura si fermano nelle coane).
Altri fattori influenzanti il luogo e la % di ritenzione sono la forma, la densità, l'igroscopicità delle particelle, nonché la forza e la frequenza del respiro.
Poi il destino delle particelle trattenute dipenderà dalle loro caratteristiche chimico-fisiche (in primis la solubilità) e anche dal luogo dove si sono depositate. Se esse si trovano dove l'epitelio è dotato di ciglia, verranno rimosse e spinte nella faringe.
Se invece hanno raggiunto gli alveoli (privi di ciglia) potranno raggiungere il sangue o il circolo linfatico (nel tratto alveolare ci sono i macrofagi). Il raggiungimento del plasma sarà tanto più facile quanto maggiore sarà la solubilità delle particelle nelle mucose respiratorie. E' da notare che spesso sostanze poco solubili in acqua sono ben più solubili nelle mucose respiratorie (es: silicio): non si conoscono ancòra bene i meccanismi responsabili di questo aumento di solubilità.
In linea di massima comunque una sostanza deve avere una certa idrofilia in quanto le mucose respiratorie sono comunque ricoperte da un sottile strato acqueo. Una ulteriore facilitazione all'assorbimento è data dal fatto che gli alveoli presentano numerosi spazi intercellulari di collegamento con il circolo sanguigno, così non è necessario il superamento di una membrana cellulare per raggiungere il sangue.
Per quanto riguarda gli ambienti di lavoro, è accertato che il tratto respiratorio sia la via preferita di intossicazione, mentre meno importanza riveste la casistica riguardante le altre vie (in primis cute e tratto gastrointestinale)
¥ altre vie parenterali: alcuni farmaci possono essere assorbiti tramite varie mucose (vaginale, congiuntivale) ed avere azione sia locale che sistemica (es: tossicità sistemica di anestetici locali). L'assorbimento è di norma veloce essendo queste zone sottili e ben vascolarizzate.
Altri fattori che influenzano l'assorbimento
¥ solubilità in stomaco e intestino (> solub. > velocità d'assorbimento). La solubilità può essere influenzata dal pH: la forma HA (o B) è favorita, la forma A- (o BH+) è sfavorita, alcuni acidi a pH gastrico poi precipitano così la velocità di assorbimento diminuisce. Nel caso il tossico sia solido la velocità d'assorbimento dipenderà allora in primo luogo dalla velocità di dissoluzione. ¥ concentrazione del tossico, superficie assorbente e drenaggio sanguigno: sono direttamente proporzionali alla velocità d'assorbimento
Distribuzione ed accumulo
Dopo che una sostanza è entrata nel flusso ematico, essa viene distribuita dai capillari a tutti i distretti dell'organismo. La distribuzione dipende innanzitutto dalla % di sostanza legata alle proteine (es: albumina, lipoproteine che legano tossici lipofili, proteine specifiche per sostanze basiche...): le molecole legate non possono uscire dal letto sanguigno. Alcune sostanze, uscite dai capillari (che possiedono un endotelio fenestrato) al liquido interstiziale, non riescono per via delle loro caratteristiche a superare le membrane cellulari e ad entrare nelle cellule. Altre si distribuiscono dappertutto, altre ancòra si concentrano in particolari organi in seguito a trasporto attivo, dissoluzione nei grassi, formazioni di legami specifici (proteine specifiche per sostanze basiche, presenti anche nei tessuti oltre che nel plasma...).
In questo senso c'è da tener conto che diversi organi presentano diverse caratteristiche: alcuni sono molto ben irrorati ma "difesi" da particolari strutture (SNC, barriera emato-encefalica), altri sono ben irrorati e poco difesi (fegato, milza, rene: ci sono spazi intercellulari), altri sono una via di mezzo (gh. endocrine, capillari di media compattezza).
Passaggio attraverso la membrana cellulare - Per gli elettroliti deboli in forma indissociata la penetrazione attraverso la membrana cellulare avviene tramite diffusione passiva semplice (tenendo conto del coeff. di ripartizione H2O/Olio) ed infine essi raggiungono l'equilibrio intra/extra-cellulare in funzione della differenza di pH tra ambiente intra- ed extra-cellulare. Essendo questa differenza piccola, anche le due concentrazioni saranno simili (se il pH extracellulare scende gli acidi deboli si trovano più in forma HA e possono entrare nella cellula, e una volta entrati si dissociano parzialmente essendo il pH intracellulare più alto e così rimangono "intrappolati").
Per gli elettroliti forti (e quindi carichi) la distribuzione intra/extra-cellulare dipende dalla permeabilità (di solito bassa) consentita dalle membrane, influenzata dalla differenza di potenziale esistente.
I non elettroliti (spesso i tossici industriali sono non elettroliti) non risentono del pH e penetrano nelle cellule per diffusione proporzionale alla loro concentrazione e al coeff. di partizione H2O/Olio. La concentrazione a sua volta dipende dalle diverse entità di flusso sanguigno che si registrano in diversi organi. All'equilibrio poi la distribuzione risente della diversa affinità che diversi tessuti presentano per la sostanza, cosicché si assiste al fenomeno della ri-distribuzione: in un primo momento una sostanza si distribuisce a numerosi organi, ma poi finisce con il concentrarsi solo in alcuni, presentando accumulo. Solo a questo punto la distribuzione sarà statica (anche se tra poche righe vedremo che si tratta sempre di un equilibrio dinamico con la concentrazione plasmatica). In realtà è da tener conto anche della presenza di differenti enzimi, diverse velocità di biotrasformazione...)
Le piccole molecole idrofile possono sfruttare anche i piccoli pori acquosi. Le sostanze inorganiche presentano spesso fenomeni di diffusione facilitata, che non richiede energia ed è più veloce della diffusione passiva semplice (es: piombo) e spesso anche fenomeni di accumulo (piombo nelle ossa, nel fegato e nei reni, As in vari tessuti e poco nel sangue...). Regole analoghe sono seguite per la distribuzione tra citoplasma e organuli intracellulari e per il superamento della placenta.
Passaggio dei tossici attraverso le barriere fisiologiche - Per quanto concerne il passaggio nel SNC ricordiamo che un tossico dovrà superare la barriera emato-encefalica (= i capillari cerebrali sono costituiti da cellule prive di spazi intercellulari, e sono "impermeabilizzate" dai peduncoli degli astrociti) o quella emato liquorale (plessi coroidei). L'unico modo di superare queste barriere è la diffusione passiva semplice attraverso la membrana lipidica: solo le sostanze piuttosto lipofile quindi riusciranno a raggiungere il SNC. Un'importante eccezione è rappresentata dal sopra citato metilpiombo, che unendosi alla cisteina, riesce a sfruttare i trasportatori della metionina, facendosi così portare attivamente nel SNC. Una volta entrato il metilPb si scinde in metile e Pb, restando intrappolato all'interno del SNC.
Un altro fattore limitante la penetrazione nel SNC è la bassissima concentrazione di proteine plasmatiche che si ha nel liquor, cosicché si raggiunge ben presto l'equilibrio tra farmaco libero nel plasma e farmaco libero nel liquor.
Accumulo in siti specifici - Come accennato sopra, alcune sostanze prediligono l'accumulo in particolari siti. L'accumulo può avvenire nel sito d'azione (piombo nei reni) oppure in altre località (grassi, fungono da deposito di sostanze lipofile, sono praticamente assenti nel feto). Queste sostanze sono in continuo equilibrio tra sito di deposito e plasma, magari questo equilibrio sarà molto spostato a favore del sito di deposito, ma comunque quando la concentrazione plasmatica scende parte del farmaco verrà rilasciato per ristabilire l'equilibrio. L'accumulo da parte di particolari tessuti può rappresentare una "temporanea disintossicazione" in quanto il tossico è presente nell'organismo ma finché è bloccato in un tessuto che non sia il suo target, risulta innocuo.
Biotrasformazione
Già nel secolo passato era noto che molte delle sostanze introdotte nell'organismo venivao eliminate in forma trasformata (es: ac. ippurico, un coniugato dell'acido benzoico, ottenuto da Liebig nel 1829 dalle urine equine). Keller, nel 1842, dimostrò che in questa reazione si aveva a che fare con una sostanza estranea biotrasformata.
Le conoscenze sui meccanismi enzimatici responsabili delle biotrasformazioni risalgono in gran parte agli ultimo trent'anni. E'stato dimostrato che in pratica ogni cellula è adatta alle biotrasformazioni, ma in particolare gli organi deputati a ciò sono fegato, reni, polmoni, pelle. Gli enzimi biotrasformanti sono integrati nella membrana del reticolo endoplasmatico liscio & rugoso, e nei mitocondri. A biotrasformazione avvenuta i metaboliti prodotti si concentrano all'interno del reticolo endoplasmatico. Da lì, tramite l'apparato di Golgi, vengono espulsi dalle cellule e riversati nella bile e nel sangue.
Gli enzimi responsabili delle biotrasformazioni non sono molto specifici verso i loro substrati (ciò è logico essendo le sostanze da biotrasformare le più varie esistenti). La biotrasformazione solitamente corrisponde ad un incremento della idrofilia, cosicchè il metabolita risulti più facilmente allontanabile. Una sostanza lipofila invece risulta più difficile da eliminare, poichè la sua natura gli permette di accumularsi nei tessuti e/o di subire circolo enteroepatico. Il termine detossificazione, che ancòra oggi talvolta viene usato al posto di biotrasformazione, non è esatto in quanto molti metaboliti possono essere più attivi dei prodotti di partenza (talvolta addirittura il metabolita è attivo ed il precursore no). Le biotrasformazioni si dividono in quelle della I° fase (o non sintetiche) e quelle della II° fase (o sintetiche: i metaboliti derivati dalla I° fase vengono in genere uniti a mlecole endogene che ne aumentano l'idrofilia).
Eliminazione
Diversi organi sono deputati, tra le altre cose, all'eliminazione (descrivibile matematicamente con una espressione esponenziale). Una sostanza va spesso incontro a più di una va di eliminazione. Tra le principali vie ricordiamo:
¥ polmoni (eliminano sostanze volatili tramite l'espirazione. Si tratta spesso di sostanze volatili non metabolizzate o di loro metaboliti volatili. Raramente sostanze non volatili hanno metaboliti volatili) ¥ reni (eliminano sostanze idrofile o loro metaboliti), bile, altro (sudore, latte materno, saliva).
Eliminazione tramite i reni - La via di eliminazione tramite i reni è preferita da sostanze di peso molecolare minore di 350 dalton, quelle più grandi "scelgono" la via biliare. Il sangue viene ultrafiltrato dal glomerulo (molecole fino a 60 000 dalton passano nell'ultrafiltrato), e il prodotto di tale operazione passa nel tubulo contorto prossimale. Successivamente, lungo l'ansa di Henle, il tubulo contorto distale ecc, l'ultrafiltrato man mano si concentra, così una sostanza ultrafiltrata che non sia carica tenderà a tornare al sangue, dove la sua concentrazione è molto minore. Per favorire l'eliminazione di tossici acidi quindi si aumenterà il pH dell'ultrafiltrato così che aumenti la % di tossico in forma A-, mentre se il tossico è basico una diminuzione del pH aumenterà la % di tossico in forma BH+. Sia la forma A- che quella BH+ sono cariche, idrofile e non riassorbibili.
Studiando l'eliminazione dei tossici è indispensabile prendere in considerazione anche i sistemi di diffusione facilitata (da ultrafiltrato a plasma) e di trasporto attivo (da sangue a tubulo). Di questi ultimi fa parte il Sistema Secretorio degli Acidi Organici, nel tubulo contorto prossimale.
Eliminazione tramite la bile - Dopo somministrazione di un farmaco, nelle feci è possibile trovare farmaco non assorbito o farmaco metabolizzato (giunto tramite la bile dal fegato, o metabolizzato in loco dalla flora intestinale). La via di eliminazione tramite la bile è preferita da sostanze di peso molecolare maggiore di 350 dalton, quelle più piccole "scelgono" la via renale.
Una volta che le sostanze si trovano nella bile, verranno versate con essa nell'intestino, dove potranno al caso essere riassorbite (ed entrare così nel circolo entero-epatico) oppure dove potranno andare incontro a ulteriore metabolizzazione. A tal proposito è da notare che è possibile che la metabolizzazione intestinale porti alla scissione del complesso idrofilo appena formato dal fegato!
Modelli, scopi e campi d'applicazione
Diversi modelli sono stati usati per descrivere e studiare i movimenti e il metabolismo delle sostanze (farmaci o tossici) venute in contatto con l'organismo. Un modello è un analogo fisico o matematico di un certo processo, e solitamente è più semplice del processo stesso, così che l'analisi risulti facilitata.
Kruger e Thiemer (fra altri) ad esempio proposero tre modelli farmacocinetici: grafici, fisici e matematici. I modelli grafici e fisici non sono "autosufficienti" e necessitano quasi sempre di una trattazione matematica, che si basa su espressioni che esprimono movimento di materia. Talvolta questi modelli necessitano di calcoli laboriosi per venirne a capo (=> uso di computer). Le equazioni matematiche possono essere suggerite quali estrapolazioni da dati sperimentali (per definizione limitati in numero) o possono essere ottenute da un ragionamento puramente teorico. In entrambi i casi, quando si rivelano coerenti con la realtà, possono essere sfruttate per predire il valore dei loro parametri (es: concentrazione plasmatica) in ogni istante di tempo, così da rendere possibili studî quantitativi.
Per esempio un modello fisico/matematico è stato usato dai due autori sopra citati per studiare la cinetica di varie sostanze in relazione al loro legame con le proteine plasmatiche.
Un modello fisico/matematico consiste per esempio nella "simulazione elettronica" dell'organismo: un circuito elettrico imita l'organismo:
- la corrente elettrica prende il posto del flusso della sostanza in esame, - la tensione sostituisce la concentrazione, - le resistenze rappresentano le costanti di velocità di trasferimento di sostanza tra i vari compartimenti, - i cui volumi sono sostituiti da condensatori.
Un tale modello è di relativamente facile costruzione e di facile analisi.
Il numero dei compartimenti, passando dalla realtà vivente al modello (qualunque esso sia), diminuisce di molto: il modello più grezzo considera un solo compartimento (modello monocompartimentale), un passo in avanti è rappresentato dal modello bicompartimentale, caratterizzato da scambi (non forzati) che possono avvenire fra tutti i compartimenti, che presuppone già una trattazione più complessa ed è spesso usato in tossicocinetica. Ovviamente maggiore è il numero n dei compartimenti (fig. sotto) maggiormente ci si avvicina alla realtà, al prezzo però di una maggior complessità analitica. Secondo le differenti proprietà chimico-fisiche la compartimentazione può partire dal plasma e dai principali tessuti fino ad arrivare alle cellule e addirittura agli organuli contenuti nel citosol.
La trattazione matematica è teoricamente possibile ma praticamente sempre meno praticabile. In generale dati n compartimenti il movimento della sostanza (escludendo movimenti forzati) può essere descritto da una equazione differenziale di ennesimo ordine.
Due modelli policompartimentali privi di scambi forzati sono stati trattati da Sheppard e da Householder, essi sono i modelli mammillare (fig. a, per studi sulla distribuzione) e catenario (fig. b, per studi sul metabolismo).
Il modello mammillare presuppone il plasma quale compartimento centrale (cerchio in figura) e le cellule quale compartimento periferico. Lo scambio di sostanze tra due cellule avviene esclusivamente tramite il plasma.
Interazioni tra tossico, organismo ed ambiente
Gli effetti dei tossici dipendono da innumerevoli variabili, ma in genere si può dire che sono il risultato delle complesse interazioni tra tossico, organismo e ambiente. E' ovvio per esempio che diverse specie rispondano ad un tossico in maniera differente, non avendo esse la stessa complessità (...o differenziazione o tipo di pelle, o peso corporeo o vita media...) ma specialmente non avendo lo stesso corredo enzimatico, che ha importanza essenziale nell'interazione coi tossici (gli esseri umani e i conigli possono acetilare vari tossici, i cani no; le catalasi epatiche dei topi albini (Tiunov) non risentono del benzene, quelle dei ratti si, sebbene entrambe queste specie animali, prima di venire a contatto col benzene, manifestavano catalasi epatiche molto simili).
Per quanto riguarda la vita media è da tenerne conto per esempio quando si debbano fare confronti e estrapolazioni studiando un tossico su una specie animale e volendo applicare i risultati ad un'altra specie (umana, per esempio). Se si vuole studiare un tossico con il quale un lavoratore viene a contatto (ad esempio) per un quarto della sua vita, allora sarà da somministrarlo alla cavia per un tempo pari ad un quarto della vita media delle cavie.
A proposito della vita media, essa è collegabile ad altre variabili tramite appropriate equazioni, per le quali si ha:
x = log vita media y = log peso corporeo z = log massa cerebrale w = massa cerebrale / massa corporea r = rapporto metabolico specifico (Cal consumate/kg * die; per Broody vale: r = 0.266 y + 1.05)
Le equazioni sono:
w = z - 0.666 y + 0.888 x = 0.325 z + 0.684 x = 0.198 y + 0.471 x = 0.636 z - 0.225 y + 1.035 x = 0.198 y + 0.636 w + 0.471 x = 0636 w - 0.744 r + 1.252
E' possibile ottenere infine una relazione tra log vita media ( w) e rapporto metabolico (r).
Differenze di sesso e sensibilità ai tossici - Queste differenze non sono ancòra chiarite. Già Lazarev negli anni '30 ottenne contraddittori risultati da test su animali. Nemmeno per gli esseri umani la cosa è chiara. Per esempio le donne sembrano soggettivamente più sensibili a tossici organofosforici (Acetophos, vedi tabelle sotto) ma le analisi della quantità di enzima acetilcolinesterasi inibito davano risultati praticamente uguali. Prendendo in esame una singola sostanza è possibile ottenere sensibilità diverse tra maschi e femmine (> sensibilità femminile a tossici dell'industria della gomma, ricerca fatta in URSS) ma poi quando si considera un'altra sostanza non si hanno differenze oppure i risultati sono opposti (> sensibilità maschile (ratti) all'etanolo somministrato sottocute, > sensibilità femminile (ratti) alla silicosi...) cosicché non si riesce ad ottenere una regola generale.
Variazione della concentrazione ematica in uomini e donne in seguito a somministrazione singola di Acetophos (2 mg/Kg) espressa in percentuale, Krasovsky el al., 1969
MASCHI
30 minuti 2 ore 5 ore 24 ore 84.5 84.5 92.2 103.0 93.3 85.6 79.4 101.3 94.3 (...) 69.2 (...) 61.4 (...) 85.0 (...) 90.5 83.0 80.7 98.2
FEMMINE
30 minuti 2 ore 5 ore 24 ore 71.2 51.5 52.4 98.9 78.5 75.7 86.5 105.5 91.0 57.6 54.7 91.7 80.3 61.5 64.5 98.7
Differenze di età e sensibilità ai tossici - Come nel caso precedente, non esiste una regola generale precisa, e si sono fatte finora solo delle ipotesi. Si può affermare che spesso bambini o persone anziane sono più sensibili degli adulti (es: numerosi dati confermano che sulla specie umana molti tossici industriali sono più nocivi agli adolescenti che non agli adulti). Ci sono però numerose eccezioni: i conigli giovani sono più resistenti al benzene che non quelli adulti, i topi giovani no*; oppure: i bambini sono più resistenti all'ipossia degli adulti.
* ma conigli e topi hanno, per motivi pratici, hanno ricevuto il benzene tramite vie di somministrazione diverse
Per questo argomento una importante monografia, sebbene non recete, è "Regulation, Adaptation and Aging" by Frolkis.
Altri esempi sono di differenze in funzione dell'età sono forniti dagli esperimenti condotti con simpaticomimetici su animali. Nei soggetti giovani questo trattamento causava bradicardia tramite stimolazione del nervo vago, negli adulti la bradicardia era dovuta solo all'azione diretta sui gangli parasimpatici cardiaci.
Differenze individuali e sensibilità ai tossici - Questa è un'ulteriore variabile che complica la ricerca di regole generali (riguardo la tossicità in funzione di sesso e età). E' difficile in particolare stabilire gli intervalli entro i quali un individuo rientra in una "sensibilità media", cosicché risulta anche difficile preparare per esempio gruppi omogenei di animali per lo studio delle tossicità.
Bioritmi e sensibilità ai tossici - Solo recentemente si è iniziato a studiare i rapporti che intercorrono tra "orologi biologici endogeni", responsabili dei bioritmi, e la tossicità delle sostanze. Per quanto riguarda i bioritmi stagionali è stato notato che, ripetendo un esperimento in due stagioni diverse, lasciando invariati tutti gli altri parametri, si ottenevano risultati diversi. Per esempio barbiturici e caffeina modificano diversamente il sonno in primavera e autunno (esperimenti su topi, tabelle 1 e 2). Al giorno d'oggi anche i bioritmi circadiani (periodo di circa 24h) sono oggetto di studio (tabella 3). Studi sui ritmi circadiani dell'uomo per esempio permetterebbero di ottimizzare l'avvicendamento dei turni di lavoro nelle fabbriche o negli ospedali.
1 Stagione Farmaco N° di topi T. induzione sonno Durata del sonno
Inverno Barbitale 10 66.5 ± 8.2 360 ± 33.0 Primavera B 10 56.1 ± 11.0 470 ± 34.0 Estate B 10 93.5 ± 11.3 242 ± 14.3 Autunno B 10 120.0 ± 1.4 190 ± 18.7
Barbitale 175 mg/Kg T. induzione sonno = Tempo di induzione del sonno
2 Stagione Farmaco N° di topi T. induzione sonno Durata del sonno Inverno B + Caffeina 10 104.0 ± 2.3 317 ± 20.0 Primavera B + C 10 79.1 ± 3.2 470 ± 17.0 Estate B + C 10 86.7 ±3.7 384 ± 12.0 Autunno B + C 10 156.0 ± 15.0 177 ± 15.0
C = caffeina 4 mg/Kg
3 Ore 0 2 4 6 7 8 9 10 Test M ± m 2.4 ± 1.2 2.6 ± 1.2 1.02 ± .17 4.11 ± .27 0.26 ± .06 1.36 ± .25 0.66 ± .25 0.57 ± .08 N. 9 6 9 9 6 6 3 9 Control M ± m 2.8 ± 1.86 2.6 ± 0.16 0.2 ± 0.0 6.3 ± 1.48 0.46 ± .07 0.26 ± .07 0.97 ± .05 0.06 ± .04
N. 3 3 8 3 3 3 4 3 P. % 84 68 0.8 20 2 0.3 28 0.1
Variazioni diurne (10 ore) dell'indice mitotico, ossia numero di mitosi per 1000 epatociti, di epatociti di topi a seguito di iniezione di 0,2 ml di CCL4 sol. al 40% a giorni alterni.
Il ruolo dei bioritmi in tossicologia può essere descritto dalla "legge di Wilder del valore iniziale" (non valida in tutti i casi) che non solo descrive le differenze di risposta fisiologica ad un tossico in relazione con i ritmi biologici, ma può anche prevedere queste risposte. La legge di Wilder afferma che: "Maggiore è il valore iniziale di una funzione fisiologica, minore sarà la sua risposta elevando un certo stimolo; mentre diminuendo lo stimolo si avrà una maggiore risposta".
Si tratta di una regola empirico-statistica che mette in relazione stimolo e risposta, e sottolinea il fatto che l'entità della risposta dipende dal livello o valore iniziale della funzione fisiologica corrispondente. La disciplina che studia i valori iniziali è la basimetria, che è correlata alla ritmometria (che studia i bioritmi): entrambe studiano le variazioni dei parametri fisiologici al passare del tempo. Se questi parametri venissero studiati non solo in funzione del tempo ma anche in funzione della presenza di un tossico, si potrebbe valutarne le variazioni come indicatori della "potenza" del tossico stesso.
Tempi di esposizione e sensibilità ai tossici, ct, LD50, LD ed LC - Un tossico in una certa concentrazione può essere letale se si viene a contatto con esso per un certo tempo. Fritz Haber ha descritto questa situazione con la regola (o prodotto) che ha preso il suo nome: w = ct; oppure ct = costante.
Entità dell'azione tossica : w (wirkung) = c x t = concentrazione del tossico x tempo di esposizione
Questa regola è valida in un range medio di tempi e di concentrazioni, e non vale per tutte le sostanze: per esempio il fosgene (COCl2) ed altri gas asfissianti usati durante la Prima Guerra Mondiale* la seguono; la cocaina, vari narcotici volatili e l'acido cianidrico no. Ossia: l'esposizione all'acido cianidrico ad una certa concentrazione dopo un certo tempo x risulta letale. Se diminuiamo la concentrazione ad un terzo, l'effetto letale dovrebbe aversi dopo un tempo pari a 3x, ma in realtà ciò non accade, e se la concentrazione è pari ad un terzo di quella letale, praticamente nemmeno dopo tempi molto lunghi si ha intossicazione e/o morte. E' quindi possibile dividere le azioni dei tossici in tempo-dipendenti e tempo-indipendenti. L'indipendenza dal tempo è valida se l'assorbimento è rapido e avviene a velocità costante.
* I valori di ct variano molto a seconda dei tossici: minore è il valore maggiore è la tossicità. Vediamo qui di seguito alcuni valori di ct riferiti a gas tossici usati per scopi bellici:
S-Iprite bis (2-cloroetil) solfuro S(ClCH2CH2)2 1 500 Clorociano Cl-CN 4 000 Fosgene COCl2 5 000 Cloroacetofenone cloruro di fenacile C6H5-CO-CH2Cl 8 500 Clorpicrina tricloronitrometano Cl3C-NO2 20 000 o nitrocloroformio
I valori di ct a suo tempo trovati da Haber sono ancòra oggi validi e sono citati sui testi che trattano i tossici bellici e la chimica militare. La formula di Fritz Haber definisce solo la quantità di sostanza che può penetrare nell'organismo in un certo tempo, ma non descrive i rapporti effetto-concentrazione-tempo di esposizione. E' d'altronde vero che la si può applicare non solo ai tossici tempo-dipendente, ma anche a quelli con effetti (parzialmente) tempo-indipendenti per i quali la "capacità" dell'organismo è alta in confronto alla loro concentrazione nell'ambiente, e che subiscono lenta metabolizzazione (es: etanolo).
Per confrontare la tossicità delle sostanze, al giorno d'oggi si usa la LD50 (dose di sostanza che uccide il 50% dei soggetti ai quali è somministrata) oppure si può usare la LD (LC) ossia la quantità (concentrazione) che porta a morte ogni soggetto. LC e ct = w sono in stretta correlazione: se la LC (c) varia al variare del tempo di esposizione t, allora la quantità di tossico assorbita sarà proporzionale all'area al di sotto della curva, che avrà valore ct (figura sotto).
Esposizione continua e non, esposizione a concentrazione variabile e sensibilità ai tossici - Si tratta di aspetti importanti ma poco studiati. Klenova ha compiuto il primo studio sperimentale di confronto degli effetti tossici (narcosi subita da topi albini) dovuti ai vapori di acetone. Egli notò che una certa concentrazione x somministrata in continuo causava maggiore narcosi che non una somministrazione discontinua. Somministrando invece concentrazioni variabili si otteneva il massimo effetto. Lo stesso esperimento ripetuto invece con l'etanolo non dava grosse differenze a seconda dei metodi seguiti: gli effetti non raggiungevano i valori di quelli dati dall'acetone. Risultati analoghi a quelli ottenuti con l'acetone e con l'etanolo da Klenova sui topi albini furono ottenuti da Tolokonstev col cloroformio e con l'etanolo su conigli. Si dimostrò che gli effetti erano proporzionali alle concentrazioni ematiche dei tossici, proporzionali a loro volta alle loro solubilità nel sangue: maggiore per l'etanolo, minore per il cloroformio e l'acetone.
Forse acetone e cloroformio causano più effetti tossici, se somministrati in concentrazioni variabili, poiché impediscono l'instaurarsi di concentrazioni plasmatiche costanti e del fenomeno dell'assuefazione. L'assuefazione (o "abitudine" ad un tossico in seguito ad esposizione intermittente) è stata molto studiata: diversi tossici sperimentati su ratti (CO, N2, pesticidi) causavano danni maggiori con esposizione intermittente piuttosto che continua.
Fattori ambientali e sensibilità ai tossici - Raramente le modificazioni ambientali (es: temperatura) influenzano le proprietà chimico-fisiche di un tossico: più di frequente esse modificano i parametri fisiologici degli organismi, e ciò può portare a mutate risposte al tossico. In generale, comunque, si può individuare un intervallo di temperatura nel quale l'attività tossica (a parità di altre condizioni) è minore.
Studî effettuati su ratti (somministrazione sottocutanea dell'insetticida organofosforico Trichlorphon* prima, durante e dopo 4 ore di condizionamento termico) rivelarono che l'attività era massima quando la somministrazione avveniva durante le ore nelle quali il ratto si trovava nell'ambiente riscaldato.
*(CH3O)2P(O)CHOHCCl3 O,O dimetil (1 idrossi - 2,2,2 tricloro) fosfato
La pressione atmosferica nelle sue interazioni con il tossici è stata studiata ad esempio da Tiunov e Kustov (riduzione della pressione e tossicità al CO). Essi notarono che scendendo sotto i 600mmHg aumentava la tossicità del monossido di carbonio. Non esistono comunque al momento regole generali, anche perché non sono stati resi noti studi circa l'influenza di pressioni più elevate. E' logico pensare però che l'aumento della pressione atmosferica (iperbarismo) modificando molte funzioni biologiche, muti anche le risposte che un organismo dà ad un tossico.
3 - ANALITICA e SISTEMATICA TOSSICOLOGICA
La ricerca chimico-tossicologica sul materiale biologico si divide in ricerca mirata (quando sussistono le premesse per poter cercare un determinato tossico o un ristretto gruppo di tossici) e ricerca generica (quando è incognito il tossico da rivelare).
Raccolta e Conservazione dei Reperti
Per portare a buon fine un analisi è necessario sapere quale materiale biologico sottoporre ad analisi (ricerca mirata o generica? su cadavere o su vivo? sul vivo dovrei accontentarmi di sangue, urine o lavanda gastrica), come estrarlo e come conservarlo. Nel caso di morte per sospetto avvelenamento il medico legale o l'anatomo-patologo eseguiranno l'autopsia, nei tempi previsti dalla legge, per evitare che i processi putrefattivi possano inficiare la ricerca di qualche tossico (solo i metalli non "risentono" dei processi putrefattivi). Durante e dopo l'autopsia è opportuno fare un'analisi visiva macro e microscopica del contenuto gastrico, in quanto si possono da ciò trarre spesso utili informazioni, poi è utile misurarne il pH per evidenziare la presenza di acidi o basi. Anche l'odore del contenuto gastrico e del cervello può rivelare alcuni tossici (cianuri: odore di mandorle amare, insetticidi organofosforici: odore di aglio...) Nel caso di sospette lesioni da sostanze chimiche il chimico-tossicologo, presente all'autopsia, potrà indicare il materiale più appropriato da prelevare per eseguire poi la ricerca sistematica del tossico. Talvolta è auspicabile disporre di parti di tutti gli organi e dei liquidi biologici, in quanto diversi tossici tendono ad accumularsi in diversi luoghi. Essi sono:
¥ encefalo, polmoni, cuore + sangue cardiaco + venoso periferico: vena ascellare e femorale
¥ stomaco, intestino tenue, crasso + loro contenuti (è possibile che un tossico letale preso per os subisca diffusione post-mortem agli organi vicini, es: da stomaco a cuore)
¥ fegato, milza, bile + loro contenuti (per es. i tossici piperidindionici si concentrano nella bile)
¥ reni e urina (limpida, si presta ai saggi di ricerca che non necessitano di processi estrattivi, nelle urine si cercano stupefacenti o prodotti per doping o altri prodotti assunti cronicamente: le concentrazioni plasmatiche di tali sostanze potrebbero essere troppo basse, si preferisce l'urina)
¥ tessuto muscolare ed adiposo (barbiturici in quest'ultimo)
¥ capelli e unghie (As), osso spugnoso
I reperti per una ricerca sistematica verranno conservati ognuno in un vaso di vetro (lavato con miscela cromica + H2O fontis + H2O distillata) con tappo smerigliato o in un vaso di plastica ad hoc (H2O acidulata + H2O fontis + H2O distillata) con tappo a vite. Il materiale prelevato non va aggiunto di conservanti (fanno eccezioni gli anticoagulanti per il sangue), è invece consigliabile la liofilizzazione che riduce al minimo i processi putrefattivi (anche se bisogna prestare attenzione che tossici volatili potrebbero andarsene con sublimazione dell'acqua). In assenza di liofilizzazione i tessuti vanno conservati a -25°C.
Putrefazione - processo degenerativo al quale sono soggetti i tessuti e i liquidi biologici di cadaveri. La putrefazione può essere influenzata da fattori esterni (temperatura, umidità, atmosfera...) o interni (età, costituzione, tipo di decesso...). Gli agenti putrefattivi sono: batteri vari, enzimi idrolitici, ossido-riducenti... . I prodotti della putrefazione sono principalmente acidi o basi organiche (tralasciamo i gas) (non volendo prendere in considerazione i gas).
La putrefazione può interferire con la ricerca di numerosi tossici organici (provocandone modifiche strutturali o producendo sostanze basiche putrefattive simili a parecchi tossici basici, rendendo così più complicata la loro estrazione). I prodotti putrefattivi acidi invece non interferiscono con l'estrazione dei tossici acidi.
Impostazione della Ricerca Tossicologica
A scopi diversi seguono metodi diversi di indagine, anche per identificare uno stesso tossico. Per esempio: su un sospetto suicida da barbiturici l'analisi* si farà su determinati organi, su un sospetto intossicato da barbiturici si analizzeranno sangue e urine. Allo stesso modo varieranno i metodi di analisi a seconda che l'intossicazione sia acuta o cronica. C'è da tener conto poi di quanto farmaco in linea di massima potrebbe essere presente, nonché poi di quanta sostanza ho a disposizione per fare l'analisi. In generale possiamo suddividere le metodologie di ricerca in tre tipi:
¥ ricerche condotte su liquidi biologici o omogenati di organi per trovare un ben determinato tossico. ¥ ricerche che prevedono l'estrazione dell'eventuale tossico dai tessuti o liquidi biologici. ¥ ricerche da condursi, dopo estrazione, tramite piccole colonne cromatografiche.
* Test per i barbiturici (e per la glutetimide) - sangue + soluz. tampone + cloroformio. Agitando il tutto si ha che il cloroformio estrae i barbiturici. L'estratto cloroformico viene trattato con mercurio carbonato, reattivo specifico per i barbiturici.
Si lava la soluzione così trattata con acqua e si aggiunge ammoniaca. Si titola con ditizone (difeniltiocarbazone): in presenza di barbiturici (o glutetimide) si ottiene un colore arancione che alla fine della titolazione diviene verde.
4 - Classificazione Tossicologica delle Sostanze
Il sistema di classificazione delle sostanze chimiche, basato sulla somiglianza strutturale o di proprietà, che si usa ad esempio in chimica qualitativa, non è applicabile, per una serie di ragioni, in tossicologia: risulta più utile, in questo campo, suddividere i tossici a seconda del modo col quale vengono isolati dal materiale biologico. Otteniamo così questa classificazione:
4A - ¥ Tossici gassosi o volatili allo stato di vapore: analisi con microdiffusione o gas- cromatografia. Esempi: EtOH, MeOH, CO, H2S, HCN...
4B - ¥ Tossici volatili distillabili in corrente di vapore (ossia immiscibili con l'acqua) es: benzene e derivati, glicoli, aldeidi, chetoni, alogenoderivati alifatici...
4C - ¥ Tossici acidi e basi forti, esistono pochi tossici di questo tipo (...almeno fuori da un laboratorio)
4D - ¥ Tossici metallici (As, Hg, Pb...) o loro sali inorganici o metallorganici (BaCl2, ZnO, P2Zn3...) - non volatili a 450 °C - volatili o parzialmente volatili a 450 °C
4E - ¥ Tossici anionici, isolabili per dialisi (clorati, ossalati, tiocianati, borati, fosfati...) 4F - ¥ Tossici organici non volatili solubili in acqua e/o etanolo (farmaci, insetticidi...) - acidi o neutri (estraibili dal mezzo acquoso acido con etere o cloroformio) - basici (estraibili dal mezzo acquoso basico con etere o cloroformio)
4A - Tossici gassosi o volatili in fase vapore
Parlando di gas che entrano nell'organismo, è possibile suddividerli in due classi:
¥ gas che non formano composti chimici con sangue o altri tessuti o molecole (es: cloroformio) ¥ gas che formano composti chimici con sangue o altri tessuti o molecole (es: CO, HCN...)
Dei tossici facenti parte di questa seconda classe possiamo dire innanzitutto che avranno una tossicocinetica influenzata dalle reazione chimiche alle quali prendono parte.
La ricerca tossicologica di questi prodotti è resa difficile dal fatto che sono volatili. Nel caso si sospetti un'intossicazione da sostanze volatili è buona norma effettuare un sopralluogo nel posto ove l'intossicazione è avvenuta: è raccomandabile effettuare prelievi di campioni d'aria (tramite contenitori nei quali era stato precedentemente fatto il vuoto parziale). La ricerca analitica va condotta poi sul soggetto intossicato, analizzando sangue e urine (su polmoni ed altri organi nel caso di morte). I metodi utilizzati per i tossici gassosi o volatili allo stato di vapore vari, e li vediamo qui di seguito.
¥ MICRODIFFUSIONE - Si pongono in una cella di Conway (fig. sotto) due soluzioni: quella contenente il tossico volatile e quella costituita dal solvente inizialmente puro (la cella, di vetro o di porcellana, è dotata di una parete che le divide in due pozzetti e un tappo a tenuta) in modo che esse siano in contatto solo tramite l'aria soprastante. In queste condizioni, dopo un certo tempo, attraverso l'aria soprastante si instaura un equilibrio tra i due liquidi (ossia: rispetto al momento iniziale la concentrazione del tossico diminuisce nella soluzione di partenza ed aumenta in quella del solvente inizialmente puro). Per rendere questo equilibrio quantificabile, nonché per "spostarlo verso il solvente inizialmente puro", sarà opportuno scegliere un solvente che reagisca con il tossico e al caso si potrà immettere nella soluzione contenente il tossico, un agente liberante. Dopo di che una titolazione appropriata permetterà di ottenere i risultati quantitativi ricercati.
¥ GAS CROMATOGRAFIA CON HEAD SPACE - Questa tecnica consiste in una gas-cromatografia di una certa quantità d'aria soprastante il liquido (head space) che contiene l'eventuale tossico gassoso o volatile che andiamo cercando. Un campione d'aria viene immesso in un vial (piccolo flacone chiuso ermeticamente) e la sua analisi quantitativa tramite la cromatografia permette* di risalire alla quantità di tossico disciolto nella fase liquida. La cromatografia dovrà avvenire a temperatura costante e previa "taratura" con uno standard interno. Solitamente come fase stazionaria si userà polietilenglicole 400. L'aria soprastante il liquido viene di solito prelevata dopo che il liquido ha raggiunto un certo equilibrio con il suo vapore (1 ora di tempo a 70 °C)
La possibilità di identificare qualitativamente un tossico si basa sul fatto che diversi tossici hanno diverse velocità d'uscita dalla colonna. La quantità si ottiene dall'area relativa del picco grafico d'uscita della sostanza dalla colonna.
* tramite la legge di Henry: a temperatura costante la pressione parziale (o concentrazione by PV=nRT) nella fase gassosa di un componente di una soluzione è proporzionale alla concentrazione del medesimo componente nella soluzione.
¥ METODI ENZIMATICI (esempio: determinazione tasso alcoolemico da 0.5 ml di siero sanguigno o sangue distillato, vedi dopo)
L'Etanolo - CH3CH2OH
Caratteristiche ed Usi dell'Etanolo - L'etanolo è un liquido volatile (punto di ebollizione, p.e., 78.4 °C) simile all'acqua, ha formula CH3CH2OH, non è ionizzato ed è sia lipofilo che idrofilo. Possiede un proprio odore caratteristico, brucia con fiamma azzurrognola, anche se diluito con l'acqua al 50% (la percentuale si può determinare tramite il peso specifico). Oltre all'impiego alimentare ha anche molti usi industriali: in questo caso si ottiene riducendo l'aldeide acetica, ottenuta idrogenando l'etilene. Per distillazione dell'etanolo non si può ottenere dell'etanolo privo d'acqua, in quanto si perviene ad una miscela azeotropica (p.e. 78.2 °C, EtOH 95.6 %). Per allontanare l'acqua si addiziona allora all'azeotropo del benzene a formare una miscela di tre componenti, cosicché si possono a questo punto eliminare prima il benzene e poi l'acqua, ottenendo di conseguenza l'alcool assoluto (p.e. 78.4 °C).
Le bevande alcooliche - Nel caso della produzione alimentare (bevande alcooliche) l'etanolo si ottiene fermentando zuccheri esosi, di solito glucosio e/o fruttosio, in presenza di saccaromiceti i quali sono dotati del necessario enzima zimasi. Nel caso si parta non da esosi ma da amido, sarà necessaria l'idrolisi (tallazione) dell'amido a monosaccaridi. Se la preparazione della bevanda parte dall'amido (birra) sarà poi presente una notevole quantità di destrina (carboidrato destrogiro risultante dall'idrolisi dell'amido).
Tutte le bevande alcooliche sono formate principalmente da acqua ed etanolo (es: vodka) ed eventualmente altre sostanze aromatiche in piccola quantità (es: gin); alcuni Stati consentono di aggiungere un po' di zucchero ad alcune bevande alcooliche (per esempio zucchero nel vino, ad esempio in Germania). Oltre ad acqua ed alcool comunque in tutti gli alcoolici troviamo in piccolissima quantità i congeneri dell'alcool, ossia sostanze che per diversi motivi possono essere presenti (alcool metanolo, propanolo, butanolo ed amilico, tannini...). Il metanolo per esempio nel vino e nel brandy deriva dalla scissione di gruppi metossi dalla pectina, presente nella buccia dell'uva. Whisky invecchiato e brandy contengono tannini ed altri composti ceduti dai fusti di legno affumicato nei quali sono contenuti.
Espressione del grado alcoolico nei vari Stati - In Italia la quantità d'etanolo contenuta in una bevanda è espressa in % (volume etanolo/volume totale o vol.) e si indica con termine grado alcoolico. Così una birra di 7° contiene il 7% di etanolo.
Negli Stati Uniti si usa un valore di proof: 100 proof americani = 50 % vol.
In Inghilterra e negli Stati appartenenti al Commonwealth si usa sempre il proof, ma che lì vale 1 proof inglese = 57% vol, e sulle etichette non si indica un valore di proof ma si indica la percentuale al di sopra o al di sotto del proof che quella bevanda possiede, ossia in Inghilterra un ipotetico superalcoolico che avesse il 57% vol. avrebbe valore di 1 proof. Esempio: 7 under proof = 57 - 7 = 50° gradi alcoolici.
Determinazione del Tasso Alcoolico tramite l'analisi dell' ARIA ESPIRATA - I primi apparecchi deputati a determinare la concentrazione dell'etanolo nell'aria espirata si basavano sull'ossidazione dell'etanolo per mezzo del bicromato: l'aria espirata passava in una soluzione (acidificata con H2SO4 ) di potassio bicromato, Cr+6 arancione che veniva ridotto a Cr+3 verde. Ora la determinazione viene fatta con metodi gas-cromatografici o spettrofotometrici. Le apparecchiature più precise (alcohol - sensors) sono le celle a combustibile (fuel cells*) elettrochimico: l'ossidazione dell'etanolo presso l'elettrodo di platino produce una piccola differenza di potenziale che poi può venir quantificata tramite appositi circuiti. Alcuni di questi dispositivi danno anche valori stimati di concentrazione plasmatica.
* Fuel cell, o pila a combustibile: trattasi di cella che converte l'energia chimica in energia elettrica. L'energia chimica deriva da una reazione fra un elettrolita ed un combustibile (etanolo, cherosene, combustibili gassosi...).
Misura del tasso alcoolemico (= concentrazione dell'etanolo nel sangue = tasso ematico sanguigno) tramite MICRODIFFUSIONE: esistono due metodi.
Il metodo diWinnick prevede l'uso della cella di Conway con l'etanolo (presente in soluzione nel sangue addizionato d'acqua o nell'urina, 1-4 ml, o in omogeneizzati di organi opportunamente trattati) il quale migra verso il solvente, nel quale reagisce riducendo il bicromato di potassio lì presente (a concentrazione nota) ossidandosi ad acido acetico. La reazione viene fatta procedere per un'ora a 37° C, o per 24 ore a temperatura ambiente. Per avere un risultato più esatto si esegue nelle stesse condizioni una prova in bianco con acqua al posto del liquido organico contenete etanolo. La reazione che avviene è (riduzione del bicromato):
2 Cr2O7= + 3 C2H5OH + 16 H+ => 4 Cr+++ + 3 CH3COOH + 11 H2O Si eseguono i calcoli facendo reagire potassio iodato sul bicromato residuo secondo la reazione:
6 I- + Cr2O7= + 14 H+ => 3 I2 + 2 Cr+++ + 7 H2O Successivamente lo iodio viene titolato con tiosolfato, usando come indicatore la salda d'amido, secondo la reazione seguente (per differenza ottengo la quantità di sostanza ridotta):
I2 + 2 S2O3 = => 2 I- + S4O6 =
Metodo diWidmark prevede l'uso della beuta omonima, vedi figura sotto (al posto della cella di Conway) ed il sangue essiccato; si ha comunque anche qui la riduzione del bicromato. Modus operandi: 3 capsule di stagnola, contenenti tre campioni di sangue presati da 80 a 120 g., vengono sospese su un sostegno in tre beute di Widmark , contenenti sul loro fondo ognuna 1 ml di soluzione reattiva di potassio bicromato in acido solforico. Si mettono le beute in stufa a 60 °C per 2 ore (assieme ad altre 3 beute prive di sangue che costituiranno i bianchi).
Trascorse le 2 ore si estraggono le beute e si aggiunge 25 ml di H2O + 0.5 ml di KI 5%: lo ione iodato riduce il Cr (+6) rimasto e diviene Iodio molecolare. Poi si titola lo iodio con Na2S2O3 (salda d'amido indicatore). La quantità (media dei tre bianchi) di tiosolfato consumato andrà diminuita della quantità consumata nelle tre prove col sangue. Si moltiplica ognuno dei tre risultati per 1.13 e si divide ognuno per la quantità di sangue usata. La media dei tre numeri è il tasso alcoolemico (g/1000). L'etanolo si può dosare anche con un metodo cromatografico e con uno enzimatico.
Determinazione del tasso alcoolemico tramite GAS CROMATOGRAFIA con la tecnica dello HEAD SPACE - Un vial da 5 ml viene riempito con 1 ml di sangue addizionato di una quantità nota di standard interno (BuOH = alcool butilico secondario) poi un secondo vial fa da bianco con l'acqua che sostituisce il sangue. Dopo un'ora a 50°C da ognuno dei due contenitori si preleva, con una siringa da gas, un campione di fase vapore e si esegue la gas-cromatografia (polietilenglicole 400 in elevata percentuale in un supporto a basso numero di mesh). Questa tecnica viene ottimizzata tramite una curva di taratura ottenuta con frequenti verifiche della linearità di risposta del cromatogramma a diverse concentrazione di etanolo in confronto allo standard interno che viene aggiunto. (prove meno accurate presuppongono la cromatografia diretta di un distillato di sangue)
La percentuale x di etanolo nel sangue esaminato è data dalla seguente proporzione:
Picco EtOH standard : Picco EtOH incognito = C : x Picco BuOH standard int. Picco BuOH standard int. nel bianco
C = concentrazione dell'etanolo del bianco (gr%°) x = etanolo nel campione (gr%°)
Determinazione tasso alcoolemico da 0.5 ml di siero sanguigno o sangue distillato tramite METODO ENZIMATICO - L'enzima ADH + coenzima NAD (ox) catalizza la razione etanolo => acetaldeide, che viene spostata completamente a dx dalla presenza di semicarbazide che sequestra l'acetaldeide e precipita come semicarbazone. Si determina poi tramite spettrofotometria la quantità di NADH + H+ (red) prodotto (max d'assorbimento a lambda 366/340/334 nm), che è in rapporto 1:1 con l'etanolo presente. Il risultato raggiunto va confrontato con prove effettuate su soluzioni di etanolo a concentrazioni note di 0.5, 1, 2, 3 g/1000.
Tossicocinetica dell'Etanolo - Assorbimento - L'etanolo è assorbito completamente e rapidamente dal tratto gastrointestinale (se somministrato a stomaco vuoto entro due ore si raggiunge un assorbimento prossimo al 100%, che per la metà circa avviene nello stomaco) e poi si distribuisce in tutto l'organismo, ciò anche in virtù della sua somiglianza all'acqua.
Harger ha dimostrato che più della metà dell'alcool (24% vol.) somministrato a cani a stomaco vuoto veniva assorbito in 15 min, e dopo due ore l'assorbimento era quasi totale. L'assorbimento si può dire totale quando l'intero tratto gastrointestinale raggiunge l'equilibrio con il resto del corpo. Se invece nello stomaco è presente una certa quantità di sostanza acquosa fluida l'assorbimento viene rallentato (Tuovinen).
Per via inalatoria i vapori di alcool sono irritanti (vapori di 9000 p.p.m. di etanolo; circa il 60% dell'etanolo veniva assorbito ma poi veniva anche velocemente distrutto, a meno che non ci fosse iperventilazione polmonare, Loster).
Per l'etanolo è veloce anche la via rettale, mentre scarso è l'assorbimento transdermico.
Distribuzione - L'etanolo supera con facilità tutte le barriere biologiche (come accennato precedentemente supera con difficoltà solo la cute integra), e il suo equilibrio di distribuzione o carica alcoolica si raggiunge abbastanza velocemente: una volta che l'equilibrio sia stato raggiunto il tasso alcoolemico è costante in tutto il letto vascolare.
Durante l'assorbimento invece il sangue che è nel cuore o nelle arterie presenta un tasso alcoolemico maggiore del sangue venoso, il quale ha già ceduto parte dell'alcool ai tessuti (figura sotto). Dopo somministrazione per via orale tassi alcoolici prossimi a quelli d'equilibrio sono raggiunti velocemente negli organi più perfusi, come fegato, reni e cervello (l'equilibrio di concentrazione sangue arterioso/cervello si raggiunge in circa 10 minuti nei cani per via orale (Forney) e in pochi minuti (0.5 => 5) nei conigli per via endovenosa (Hulpieu), mentre organi meno perfusi, come i muscoli, richiedono circa un'ora di tempo (ciò vale anche per il liquido spinale e per l'urina depositata nella vescica prima dell'assunzione di alcool).
In figura: concentrazioni di alcool nel sangue cardiaco, della vena safena e del cervello misurati in 13 cani dopo 10 minuti dalla somminisrazione di 3 g di alcool/kg per via orale (nero: sangue venoso, bianco: sangue arterioso)
Prima che si raggiunga l'equilibrio di distribuzione diverse zone del letto sanguigno non presentano la stessa concentrazione d'etanolo, specialmente se si stanno assorbendo grosse quantità di alcool in poco tempo, per via orale. In questo caso la concentrazione più elevata si registrerà nella vena porta e poi nel sangue arterioso in genere, mentre il sangue venoso di ritorno dalla periferia conterrà meno alcool.
¥ Per esempio la concentrazione ematica registrata in conigli, dopo 8 minuti dalla somministrazione tramite sonda gastrica di 2.9 g EtOH/Kg, nella vena porta è il 105% di quella della vena cava, entro un'ora poi le due concentrazioni si uguagliano.
¥ Studî simili sono stati compiuti su cani: nel caso di forte assorbimento di alcool (assorbimento "attivo") il rapporto tra la concentrazione di alcool nel sangue arterioso (cuore) e venoso (safena) era 1.4 dopo 10 minuti, e solo dopo un'ora diventava 1.
¥ Studî simili sull'uomo cui era stato somministrato etanolo presentavano un tasso alcoolemico uniforme tra vena cubitale e capillari delle dita dopo un'ora dalla somministrazione (fig. sotto).
In figura: 34 paia di campioni di sangue umano prelevati dopo 70 minuti dall'ultima somministrazione il tasso alcoolemico capillare aveva un valore in media 7.5% maggiore di quello venoso, ed in sette paia il tasso capillare era maggiore del 15 - 24 % di quello venoso, Harger). Ciò dimostra quanto sia importante specificare dove vengono i prelievi quando essi sono effettuati nella fase pre-equilibrio.
Una volta che è stato raggiunto l'equilibrio di distribuzione, in poco o tanto tempo, si nota che il tasso ematico nei diversi tessuti è direttamente proporzionale al contenuto d'acqua dei tessuti stessi: per esempio sangue, liquido spinale e urine conterranno molto etanolo possedendo altissime % di acqua. Nicloux ipotizzò che questo fatto poteva dipendere dalla quantità di acqua "non legata" presente in un tessuto, quantità che è bassa per esempio nei tessuti solidi. Harger trovò, ad equilibrio avvenuto, le seguenti concentrazioni relative di etanolo /g H2O lavorando con cani (posta 1 la concentrazione nel cervello):
sangue 1.18 ± 0.08 muscolo striato 1.01 ± 0.06 intestino inferiore 0.99 ± 0.05 intestino superiore 0.97 ± 0.03 fegato 0.94 ± 0.04 stomaco (tessuto) 0.93 ± 0.06
Poiché le ossa ed il tessuto adiposo contengono poca acqua (in confronto per esempio al sangue), ne segue che il tasso alcoolico riferito al corpo intero sarà sempre minore di quello riferito al sangue, ossia il loro rapporto, r detto fattore di Widmark, sarà sempre minore di 1 (r per l'uomo oscilla da 0.46 a 0.67; presenta valori minori nella donna che solitamente ha percentuale maggiore di tessuto adiposo). Il valore di r è una stima della quantità di etanolo nel corpo. Il tasso alcoolico riferito al corpo intero si trova conoscendo la dose di alcool somministrata e il peso del soggetto; il tasso alcoolico riferito al sangue si trova estrapolando al tempo zero i dati di eliminazione dell'etanolo somministrato per via orale: facendo il rapporto tra questi due valori si ottiene r .
Poiché i muscoli rappresentano circa il 40% del peso corporeo, rappresentano un fattore di rallentamento alla distribuzione dell'alcool, "costringendo" l'etanolo a rimanere nel sangue e a muoversi verso gli organi più perfusi. Ciò spiega sia l'overshooting, ossia una curva concentrazione/tempo piuttosto ripida sia in ascesa che in discesa) sia il fatto che ci voglia circa mezz'ora affinché si manifestino i sintomi dell'ubriacatura, mentre a quel punto la concentrazione plasmatica è già da tempo in "discesa".
Biotrasformazione - Nell'uomo (e nel ratto) l'etanolo viene metabolizzato dal fegato (90%) tramite l'enzima del citoplasma epatico alcool deidrogenasi (ADH) ad una velocità di 100 mg * ora / Kg, velocità che risulta indipendente dal livello ematico dell'alcool (a); oppure c'è la possibilità che l'ADH non intervenga (b), e infine si pensa che esistano ulteriori vie secondarie. Il restante 10% di etanolo non metabolizzato dal fegato viene eliminato tramite l'aria espirata, i reni ecc (vedi: Eliminazione)
¥ (a) EtOH + NAD coenzima ox (ADH enzima) => Acetaldeide + NADH coenzima red + H+ ¥ (b) EtOH + NADPH + H+ + O2 => Acetaldeide + NADP+ + H2O2
L'acetaldeide ottenuta viene trasformata ad acido acetico con l'intervento di mezza molecola di O2 (non è ancora chiaro quali enzimi siano coinvolti). Questa reazione è spostata a destra, è più veloce* delle reazioni precedenti e così le "porta avanti". L'acido acetico reagisce con i sali tampone dell'organismo a formare l'acetato.
L'acetato è una sostanza che è normalmente presente quale metabolita intermedio degli acidi grassi. L'acetato originatosi dall'ossidazione dell'alcool si distribuisce tramite il torrente ematico ai vari tessuti e lì, come l'acetato endogeno, viene attivato ad Acetil Coenzima A dall'enzima AcCoA sintetasi citoplasmatico o mitocondriale. L'AcCoA servirà poi alla sintesi degli acidi grassi e del colesterolo.
* il farmaco Disulfiram ritarda questa reazione causando accumulo di acetaldeide negli individui che abbiano assunto alcool.
Eliminazione - Il 90 % dell'alcool viene eliminato tramite metabolizzazione. Il 10% restante viene eliminato invariato tramite altre vie, che in tutto eliminano mediamente lo 0.61% della dose/h durante il periodo di eliminazione. Esempio: in 4 ore tramite queste vie si eliminerà lo 0.61%/h x 4h = 4.27% della dose di alcool.
¥ urine (valore medio: 0.24% della dose/h durante il periodo di eliminazione) ¥ respirazione (valore medio: 0.25% della dose/h durante il periodo di eliminazione) ¥ traspirazione (valore medio: 0.12% della dose/h durante il periodo di eliminazione) ¥ feci trascurabile contenendo le feci poca acqua (0.24 + 0.25 + 0.12 = 0.61)
NB: in genere la concentrazione di etanolo nel sangue viene espressa in mg/dl ossia mg/100 ml.
La curva di Widmark qui sopra rappresentata descrive la variazione della concentrazione dell'etanolo nell'organismo al passare del tempo. Praticamente è una linea retta in quanto la velocità di ossidazione dell'etanolo è costante, e riguarda il 90% dell'alcool. Dopo 6 ore la concentrazione può essere approssimata a zero. Considerato costante r fattore di Widmark, la pendenza della retta rappresenta la velocità di eliminazione dell'etanolo.
Intossicazione da Etanolo - L'etanolo è frequentemente causa di avvelenamento, in quanto è una sostanza di facile reperimento (si trova prima di tutto nelle bevande alcooliche: per esempio il Whisky è rappresentato al 40% in volume dall'etanolo, il che equivale ad una concentrazione 8 molare). L'assunzione di 50 cl di un superalcoolico è potenzialmente letale per un adolescente.
Il grado d'intossicazione acuta da etanolo dipende non solo dal tasso alcoolemico raggiunto ma anche da quanto tempo è stato necessario per raggiungerlo e per quanto tempo esso rimane elevato. Entrano poi in gioco molti altri fattori individuali e non.
In generale pazienti con una concentrazione ematica di etanolo pari a 150 mg/100 ml denotano lieve scoordinamento muscolare, riflessi rallentati e tendenza al riso. Se saliamo fino a 30 mg/cl si aggiunge scoordinamento nel linguaggio e lieve perdita sensoria. Superati i 30 mg/cl si ha perdita di coscienza, e superati i 50 mg/cl si va incontro a coma (di gravità proporzionale al tasso alcolico), depressione respiratoria, collasso pressorio, ipotermia e morte. Questi sono valori tutti piuttosto elevati, nel senso che nessun'altra sostanza esogena a tali concentrazioni viene tollerata dall'organismo. Ai sintomi sopra descritti si associano spesso nausea, vomito, tachicardia e sudorazione. Più raramente è associata anche l'ipoglicemia: questo problema riguarda bambini da 2 a 6 anni, e si manifesta da due a cinque ore dopo l'assunzione dell'etanolo. In molti paesi la concentrazione massima di etanolo nel sangue con la quale si può guidare un veicolo è 7,5 mg/cl.
Terapie contro l'intossicazione - Si tratta essenzialmente di trattamenti di supporto e di controllo. L'ipecacuana* o il lavaggio gastrico sono utile se non sono passate più di due ore dall'ingestione, mentre il carbone attivo per risultare utile (in effetti lega bene l'etanolo) dovrebbe venir somministrato subito dopo l'ingestione.
La normale terapia di supporto consiste nel mantenere le funzioni vitali, nella somministrazione di liquidi e nel trattamento di eventuali convulsioni e dell'eventuale ipoglicemia. In genere non è indicata la somministrazione di farmaci agenti sul SNC (ne stimolanti ne deprimenti) ma talvolta è necessaria una stimolazione del centro del respiro, tramite efedrina o L-dopa. Aumentare la diuresi ingerendo liquidi si è rivelato inutile. in più non esiste finora una via efficace per stimolare il metabolismo epatico dell'etanolo, anche se negli Stati Uniti molti studî sono stati fatti in tal senso immettendo fruttosio endovena nel tentativo di aumentare l'efficienza della catena respiratoria e quindi dell'ossidazione dell'alcool (il fruttosio fa diminuire la concentrazione dell'ATP epatico e quindi aumenta l'attività della catena respiratoria).
Hanno una certa efficacia invece l'emodialisi e la dialisi peritoneale, ma questi metodi si usano solo nei casi estremi (complicazioni o concentrazioni ³ 50 mg/cl) La normale terapia di controllo consiste nell'effettuare specifici saggi di laboratorio (misure di osmolarità** del siero, misure del tasso di glucosio e dell'alcool nel sangue)
* La droga vegetale ipecacuana si ottiene dalla radice e dal rizoma essicato della pianta Cephaelis Ipecacuanha, Brasile, e dalla Cephaelis acuminata, Nicaragua. Gli alcaloidi che si estraggono dalla radice sono la cefehia e la emetina. L'ipecacuana si usa in polvere o come estratto fluido.
** Osmolarità: concentrazione di una soluzione espressa come numero di moli osmoticamente attive (osmoli***) di soluti presenti in 1 l di soluzione.
*** Osmole: una mole di particelle che esistono in soluzione come entità separate (es: 1/2 mol NaCl) : la quantità di soluto ideale che produce lo stesso effetto sulla pressione osmotica della quantità effettivamente presente di soluto.
Il Metanolo - CH3OH
Caratteristiche ed Usi del Metanolo - Il metanolo o alcool metilico è un liquido volatile (p.d.e. 64.5 °C), ha formula CH3OH, non è ionizzato ed è sia lipofilo che idrofilo. Possiede un proprio odore caratteristico, brucia con fiamma azzurra non lucente. Dato che il metanolo si può ottenere dalla distillazione secca del legno (Boyle, 1661) è anche detto alcool di legno. Al giorno d'oggi è ottenuto per sintesi, in due modi:
¥ processo ad alta pressione: monossido di carbonio ed idrogeno in adeguata proporzione formano il gas di sintesi, che a 200 bar e a 400 °C, su ZnO/Cr2O3 come catalizzatori danno la reazione:
CO + H2 => CH3OH
¥ processo a bassa pressione: monossido di carbonio ed idrogeno in adeguata proporzione formano il gas di sintesi, che a 50 bar e a 250 °C, su Cu/Zn/Al catalizzatori da la reazione precendente.
Il metanolo è miscelabile con l'acqua in ogni proporzione: la miscelazione dà contrazione di volume della soluzione e libera calore. E' usato come additivo per carburanti, o esso stesso è usato come carburante solido (tavolette meta), nell'industria chimica è usato come solvente per coloranti, collanti, poliesteri, svernicianti... e in chimica organica è un importante agente metilante.
A differenza dell'etanolo il metanolo puro (99%) può ottenersi da una sua soluzione acquosa tramite la distillazione frazionata, mentre per il metanolo assoluto (99.97%) bisogna distillare il metanolo su magnesio metallico, il quale si scioglie con formazione di alcoolato di magnesio. Esso, in presenza d'acqua, si scinde a dare magnesio ossido (insolubile in acqua) e metanolo:
2 MeOH in miscela con H2O su Mg => H2 + (MeO)2Mg + H2O (MeO)2Mg + H2O => MgO (ppt) + 2 MeOH
Tossicocinetica del Metanolo - Assorbimento e Distribuzione - Il metanolo è assorbito in circa tre ore tramite il tratto gastrointestinale, può venir assorbito anche dal sistema respiratorio o dalla cute. Successivamente si distribuisce in tutto il corpo, infatti è sia idrofilo che lipofilo, come l'etanolo. In particolare il metanolo può essere rinvenuto nel cuore, nella milza, nel fegato, nei polmoni, nel cervello, nei muscoli e nei reni. In caso di intossificazione cronica esso si accumula nel nervo ottico.
Biotrasformazione - Il 90% del metanolo, come primo passaggio, viene ossidato ad aldeide formica la quale successivamente subisce trasformazione ad acido formico. Il restante 10% del metanolo viene eliminato invariato per via renale (tempo di emivita: 22 ore circa).
Lo step da metanolo a formaldeide può avvenire in due modi:
¥ nei perossisomi (forma primitiva della catena respiratoria) vari enzimi ossidoreduttasi partendo da diversi substrati RH2 portano alla formazione di H2O2 (acqua ossigenata o perossido d'idrogeno) che poi, tramite l'enzima catalasi, ossida il metanolo.
RH2 + O2 (by ossidasi)=> R + H2O2 H2O2 + MeOH ( by catalasi)=> HCHO + 2 H2O
¥ nel citosol epatico tramite l'enzima ADH (questa ossidazione è in equilibrio reversibile)
MeOH + NAD+ <= by ADH => CH2O + NADH + H+
¥ Lo step da formaldeide ad acido formico (pKa 3.75, completamente dissociato a formiato) è catalizzato da diversi enzimi aldeide-deidrogenasi, presenti sia nel citosol sia nei mitocondri della maggior parte delle cellule dei mammiferi. Questa reazione, irreversibile, sposta "a destra" l'equilibrio reversibile della reazione ADH mediata.
CH2O + NAD+ (by aldeide-deidrogenasi)=> HCOO-H+ + NADH + H+
Successivamente il formiato (nella scimmia, usata per l'affinità al genere umano, e presumibilmente nell'uomo) subisce ossidazione folato-dipendente a CO2. Nel ratto esiste anche un sistema catalisi-perossidativo, e il ratto non subisce avvelenamento da metanolo o da formiato a meno che non sia reso folato-carente.
Eliminazione - Esaurienti studî sono stati a questo proposito sono stati fatti da Nicloux, utilizzando cani e conigli. I risultati ottenuti hanno permesso di costruire delle curve di eliminazione (vedere figura più avanti), dalle quali si può notare la differenza nella velocità di eliminazione in confronto all'etanolo.
Intossicazione da Metanolo - Il metanolo può dare intossicazione per esempio se è usato in bevande adulterate, anche se ciò non è frequente. La dose tossica di etanolo varia in relazione a vari fattori (età, sesso, presenza di etanolo...), negli adulti la tossicità è proporzionale al tasso ematico di metanolo, per i bambini non si hanno dati. Dalla 12ma alla 24ma ora dall'ingestione di metanolo non si hanno sintomi, e questo periodo può essere prolungato se è presente etanolo (più affine all'enzima ADH di quanto lo sia il metanolo).
Il metanolo come tale causa ebbrezza, in seguito ad intossicazione acuta, poi vertigini, nausea, vomito, dolori addominali, cefalea e depressione del SNC, ma ben più pericolosi sono i sintomi e i danni causati dai suoi due metaboliti, aldeide formica e acido formico.
Essi causano gravi sintomi quali grave acidosi metabolica, atassia*, vertigine, dilatazione delle pupille (che divengono poco reattive), congiuntivite, gonfiore del disco ottico, danni al nervo ottico, al SNC e al fegato. Inoltre sudori freddi, agitazione furiosa, insufficienza respiratoria ed edema polmonare, convulsioni e confusione mentale, depressione, coma con ipotermia. La morte sopraggiunge per paralisi dei muscoli respiratori. I fondamenti biochimici della tossicità del formiato sul SNC non sono stati ancòra chiariti
acidosi metabolica: nei primati la conversione metanolo => formiato è più rapida dell'eliminazione del formiato, cosicché nelle 24 ore seguenti l'assunzione di metanolo si ha un graduale accumulo di acido formico, che causa una diminuzione del pH plasmatico fino a 6.8 (l'acidosi viene analizzata in laboratorio non dosando l'acido formico ma misurando la diminuzione di concentrazione di vari anioni plasmatici.
* atassia: difetto della coordinazione muscolare, può avere come conseguenza irregolarità dei movimenti (a. cinetica) o incapacità di mantenere l'equilibrio (a. statica).
Nel caso di intossicazione cronica da metanolo liquido (via orale o transdermica) si può avere una progressiva degenerazione della visione (atrofia del nervo ottico). Nel caso invece si sia a contatto con vapori di metanolo si avrà irritazione ulcerosa della congiuntiva, che potrà degenerare a cheratite ulcerosa.
Dosaggio del Metanolo - il metanolo non può essere direttamente riconosciuto, e perciò lo si ossida a formaldeide tramite permanganato di potassio KMnO4 in soluzione acida per acido solforico H3PO4, secondo la reazione seguente:
MeOH (by KMnO4 / H3PO4)=> 2H + HCHO
La soluzione violetta ottenuta con permanganato in eccesso viene decolorata con una soluzione di acido ossalico in acido solforico: il permanganato in tal modo ossida l'ossalato a CO2 e H2O, riducendosi a Mn++, incolore, secondo la reazione seguente:
2MnO4 + 5 COO-COO- + 16H+ => 2Mn++ + 10 CO2 + 8 H2O
Sulla soluzione incolore così ottenuta, che contiene la formaldeide prodotto di ossidazione dell'etanolo, si può ora eseguire una delle due reazioni di riconoscimento descritte di seguito.
¥ Reazione di Deniges - Si tratta la soluzione precedente con il reattivo di Schiff (soluzione di fucsina in acido solforoso) che è incolore: si ottiene un prodotto di addizione all'aldeide dalla caratteristica colorazione rosso-violetta.
¥ Reazione con Acido Cromotropico - La soluzione contenente formaldeide viene trattata con una soluzione di acido cromotropico ed acido solforico all'80% e viene riscaldata a 60 °C per 10 minuti: si ottiene una colorazione violetta che viene paragonata allo standard. A temperature più elevate e a concentrazioni di acido maggiori si ottengono polimeri di colori violetti. La reazione può considerarsi un caso speciale delle classiche reazioni colorate che si ottengono dal sistema fenolo + composto carbonilico + acido disidratante.
Terapie contro l'intossicazione - Si tratta essenzialmente di trattamenti di supporto:
¥ lavanda gastrica (se la si può fare entro due ore dall'assunzione) e/o somministrazione di NaHCO3 per contrastare l'acidosi e somministrazione di etanolo* (se il tasso ematico del metanolo e ³ 50 mg/dl e se non si manifestano disturbi della visione) per sottrarre al metanolo l'enzima ADH (si riduce così la formazione dei metaboliti tossici del metanolo). La concentrazione di etanolo prevede una prima dose di attacco di 700 mg/dl e poi deve mantenersi pari a 100 mg/dl per tutto il tempo necessario a far scendere la concentrazione di metanolo sotto i 25 mg/dl.
¥ Nei casi in cui la concentrazione di metanolo sia prossima o superiore a 100 mg/dl, o nel caso si manifestino disturbi della visione, allora si ricorrerà a dialisi peritoneale o ad emodialisi, valide per allontanare non solo il metanolo ma anche i suoi metaboliti.
¥ Inoltre, per limitare i danni sul SNC, si può bloccare l'ossidazione del metanolo a formiato somministrando 2-metil-pirazolo (o simili) endovena; si tratta di sostanze efficaci ma epatotossiche; necessitano di somministrazione immediata dopo l'avvelenamento. ¥ Nelle scimmie sono in fase di sperimentazione trattamenti a base di 5-formil-tetraidroformiato, sostanza che dovrebbe aumentare il metabolismo del formiato.
Il Monossido di Carbonio - CO
Caratteristiche del Monossido di Carbonio - Il monossido di carbonio (CO) è un gas inodore, incolore, non irritante, che si sviluppa dall'incompleta combustione di materiali organici (legna, carbone, petrolio, plastiche...). Se la combustione invece è completa si originerà CO2. CO può anche formarsi ad alta temperatura dai composti di partenza CO2 e C (reazione 3)
1) C + O2 => CO2 combustione completa 2) C + 1/2 O2 => CO combustione incompleta 3) C + CO2 => CO formazione ad alta tempratura
Tossicocinetica del Monossido di Carbonio - Assorbimento e distribuzione - Il CO viene assorbito tramite i polmoni e diffonde rapidamente in tutto il corpo. Supera la placenta e nel feto addirittura rivela concentrazioni ematiche fino a 15% maggiori di quelle registrate nel sangue della madre. Il CO si lega molto velocemente e stabilmente all'emoglobina in virtù della sua affinità circa 230 volte maggiore di quella dell'ossigeno, ossia spiazza l'ossigeno dall'emoglobina e forma la carbossiemoglobina HbCO, molto più stabile della ossiemoglobina (HbO2).
Eliminazione - Una volta che l'esposizione al CO è cessata, la sua concentrazione plasmatica diminuisce, con un tempo di emivita di 5.5 ore nell'adulto che respira a frequenza normale aria atmosferica (il tempo si riduce a 1.5 ore se respira ossigeno puro a pressione atmosferica).
Intossicazione da Monossido di Carbonio - Il meccanismo di tossicità del CO non è ancòra totalmente chiaro, anche se è accertata la sua pericolosità in quanto causa ipossia cellulare (riduce la cessione di O2 dagli eritrociti alle cellule). La ridotta cessione di ossigeno è il risultato di diversi fattori concomitanti, determinati dalla presenza del CO: ¥ spiazzamento fisico dell'ossigeno nell'aria inspirata ¥ spiazzamento chimico (meccanismo competitivo non enzimatico) dell'ossigeno dall'emoglobina: data la grande affinità del CO per l'emoglobina l'asfissia conseguente lo spiazzamento dell'ossigeno è veloce e si attua anche con una bassa pCO* ¥ blocco della catena respiratoria da parte del CO ¥ minor cessione di ossigeno da parte dell'emoglobina in seguito ad un aumento dell'affinità dell'emoglobina per l'ossigeno dopo somministrazione di CO.
*Legge di Haldane. Consideriamo le due reazioni che ci interessano, e la terza che ne deriva:
HbO2 + CO => HbCO + O2 HbCO + O2 => HbO2 + CO
HbO2 + CO <=> HbCO + O2
Dalla quale otteniamo la Legge di Haldane:
[ HbCO ] = M pCO M = affinità relativa di CO per Hb [ HbO2 ] pO2 = circa 210
Ossia: se una soluzione contenente Hb viene saturata con una miscela di gas contenenti CO e O2, allora le quantità di Hb che si combinano all'equilibrio con i due gas saranno direttamente proporzionali alle pressioni parziali, tenendo conto però delle affinità relative. Infatti il CO è più affine dell'O2 alla Hb e la HbCO quindi si dissocia molto meno della HbO2.
La gravità del quadro clinico da intossicazione da CO è variabile, e dipende da mumerosi fattori che possono facilitare la formazione di HbCO, tra essi ricordiamo:
¥ pCO aria inspirata, durata dell'esposizione, grandezza del volume di ventilazione polmonare il quale è direttamente proporzionale al grado di sforzo fisico che si sta compiendo, sforzo fisico che in queste condizioni potrebbe favorire un'insufficienza cardiocircolatoria.
¥ patologie del sistema cardiocircolatorio o respiratorio o del metabolismo in genere. ¥ innalzamento della temperatura corporea o di quella ambientale. ¥ elevata umidità e bassa pressione barometrica. ¥ abitudine al tossico: è stato dimostrato che persone che lavorano in presenza di livelli di CO superiori alla media sviluppano una resistenza asintomatica talvolta fino a livelli di HbCO pari al 40%.
In genere comunque si può affermare che quando il valore di HbCO è compreso tra il 3 e 10% dell'emoglobina totale, non si osservano sintomi di intossicazione, che divengono evidenti invece sopra il 20%, che sono letali talvolta già sopra il 40% e sempre sopra l'80%. Lavoratori sottoposti ad ambienti con atmosfera ricca di CO fino allo 0.005% non evidenziano significativo aumento del tasso di HbCO. Un aumento della concentrazione di HbCO pari al 4% si evidenzia invece se la CO dell'aria sale fino al 0.015%.
I sintomi e i segni dell'intossicazione sono, a carico del
- SNC: mal di testa, labilità emozionale, confusione mentale, convulsioni, coma (il 30% delle persone che entrano in coma rivelano danni neurologici irreversibili)
- apparato respiratorio: respiro breve e veloce
- sistema cardiocircolatorio: tachicardia, aritmie, ipotensione ed insufficienza cardiaca
- cute: vesciche, bolle e alcune delle zone della pelle color ciliegia.
La morte può sopraggiungere già durante l'esposizione al tossico, per ipossia, artimie o edema polmonare, oppure può avvenire settimane dopo l'avvelenamento a causa dei danni cerebrali subìti (ematoma cerebrale o altro).
Il raggiungimento dell'equilibrio avviene più piano man mano che diminuisce la pCO, e comunque la velocità diminuisce all'approssimarsi dell'equilibrio. Allo stesso modo la velocità di eliminazione del CO diminuisce al diminuire della percentuale di HbCO. Nel grafico sottostante vediamo la velocità di combinazione dell'ossido di carbonio con l'emoglobina in funzione della concentrazione di CO.
Terapie contro l'intossicazione - In caso di intossicazione da CO la determinazione dei gas disciolti nel sangue arterioso può dare, nel caso della pCO2, valori normali o leggermente diminuiti (pochissimo CO viene trasformato a CO2 , sembra infatti che non esista negli eritrociti alcun enzima capace di ciò), e valori normali di pO2. Nel sangue venoso si troverà invece una pO2 aumentata. Per quanto riguarda le misure della % di HbCO c'è da tener conto che i risultati non sono correlabili alla gravità dell'intossicazione e non sono validi indicatori di prognosi; sono utili invece per indirizzare verso un certo tipo di trattamento piuttosto che verso un altro.
I valori di HbCO sono influenzati da:
¥ pCO nell'aria inspirata ¥ situazione metabolica del paziente ¥ eventuali affezioni cardiopolmonari del paziente ¥ grado di ventilazione dopo sottrazione dalla fonte di CO ¥ pO2 nell'aria inspirata prima del trattamento ospedaliero (x es durante il viaggio in ambulanza)
La terapia contro l'intossicazione si basa sulla somministrazione di O2 (eventualmente aggiunto di CO2 al 5% per incrementare* la ventilazione polmonare) per ridurre i livelli di CO: si sfrutta cioè lo stesso principio con cui il CO si rivela tossico. Infatti in virtù della sua grande affinità il CO, anche a bassa pCO, spiazza l'ossigeno: la somministrazione di O2 puro iperbarico a 3 atm riesce invece a spiazzare il CO dall'emoglobina (si dimezza la percentuale di HbCO in 20 minuti: ci vorrebbero due ore respirando aria [ossigeno misto ad azoto] a pressione atmosferica). Una volta che il livello di HbCO è tornato nella norma non è ancòra chiarito se sia più opportuno continuare per un certo tempo a somministrare O2 iperbarico oppure a pressione atmosferica.
* l'aggiunta di CO2 non va effettuata se la respirazione è seriamente depressa, in quanto potrebbe deprimerla ancòra di più.
Dosaggio del CO ematico (HbCO %) tramite MICRODIFFUSIONE / misura Densità Ottica Reagenti e Procedimento (tempo di diffusione: 1 ora a temperatura ambiente):
- PdCl2, 0.22 g in 250 ml di HCl 0.01 N, da mettere nel comparto centrale della cella di Conway - H2SO4 soluzione al 10% v/v, agente liberante da mettere nel comparto esterno insieme al sangue - Ghatti Gum, emulsionante soluzione allo 0.1% p/v - KI soluzione al 15% p/v (trasforma PdCl2 a PdI2 che meglio si presta al dosaggio colorimetrico)
PdCl2 + CO + H2O => Pd + 2 HCl + CO2
La presenza di CO liberato dal sangue per mezzo dell'acido solforico formerà sulla soluzione del comparto centrale una film di palladio (Pd) metallico; se non avviene alcuna variazione nella soluzione di PdCl2 si può ritenere che non sia presente CO nel sangue. Ora si separa la pellicola dalla soluzione, la quale va centrifugata per eliminare eventuali particelle di Pd metallico. Dalla porzione sopranatante della soluzione centrifugata si prelevano 0.1 ml che vanno immessi in un pallone tarato da 10 ml.
In un secondo pallone dal 10 ml si introducono 0.1 ml di soluzione originaria di PdCl2 (bianco). Ad entrambi i palloni si aggiunge 1ml della soluzione di emulsionante e 1 ml della soluzione di KI. Si porta a volume agitando. Si misura la densità ottica (D) a 500 µm (posta la densità ottica dell'acqua distillata 0 a 500µm).
Esempio di cacoli:
0.1 ml PdCl2 0.01 N = 0.0528 mg Pd 1 mg Pd equivale a 0.21 mg CO
(D bianco - D campione) x 0.0528 = CO % vol. campione D bianco
CO % vol. campione = HbCO % Hb (% in g) nel campione x 1.34
Dosaggio del CO ematico (HbCO %) tramite MICRODIFFUSIONE / Titolazione dell' HCl Reagenti e Procedimento (tempo di diffusione: 1 ora a temperatura ambiente):
- PdCl2 100N 1 ml, in HCl 1000N contenente 0.5% MgCl2, nel comparto centrale della cella - H2SO4 soluzione 5N, agente liberante da mettere nel comparto esterno prima del sangue
Prima di chiudere a tenuta la cella si aggiungono 0.4 ml di sangue in 1.6 ml d'acqua (diluizione 1:4). Dopo 90 minuti si apre, si trasferiscono 0.8 ml della soluzione centrale in una beuta e si titola l'acido cloridrico totale con KOH 50N (blu di bromofenolo 0.25% indicatore). La comparsa di una colorazione porpora indica il punto di equivalenza. Contemporaneamente si fa un bianco su una soluzione di PdCl2 100N in HCl 1000... . Si può così ottenere, tramite adeguati calcoli, il contenuto di CO in 1 ml di sangue analizzato.
Dosaggio della HbCO tramite SPETTROFOTOMERTRIA / misura qualitativa
Si esaminano le bande di assorbimento dell'HbCO (572, 535 nm). Poichè HbO2 possiede due bande a 577, 540 nm è possibile confonderle. Si opera allora in questo modo: osservando allo spettroscopio la soluzione di sangue ed acqua, si aggiunge qualche ml di riducente (sodio idrosolfito Na2 S2 O4) e se le bande perdurano si ha conferma che è presente HbCO, che è non riducibile; se invece le bande confluiscono nel valore 555 nm significa che c'era HbO2 e che è stata ridotta.
Dosaggio della HbCO tramite SPETTROFOTOMERTRIA / misura quantitativa
Si uniscono 5 ml di sangue a 5 ml d'acqua e ad 1 ml di antischiuma, poi si agita. Metà si porrà al buio, metà si saturerà con CO facendolo fluire per 30 minuti. Due campioni di 1 ml ciascuno vengono prelevati dalle due metà, si aggiunge a ciascuno 4 ml di tampone, si agitano, si scaldano a bagnomaria (55° C, 5 minuti) ed infine si centrifugano per a 5000 giri/min per 5 minuti. Due ml di sovranatante vengono prelevati da ognuno dei due tubi da centrifuga e si diluiscono con 10 ml d'acqua. Si eseguono delle registrazioni (bianco = acqua) di assorbanza A a 572 e 630. Si ottiene la % (0-1) di HbCO dalla relazione:
A570 - A630 (campione non trattato) = HbCO A570 - A630 (campione saturo di CO)
Dosaggio della HbCO tramite MANOMETRO / o metodo di Van Slike
Questo metodo fa uso dell'omonimo apparecchio (figura sotto) che opera secondo il principio dell'espulsione dei gas contenuti in un liquido (CO dal sangue, in questo caso) tramite vuoto torricelliano.
Nell'apparecchio, dopo aver versato 2 ml di sangue insieme ad una soluzione che causi emolisi (potassio ferricianuro più saponina), si fa il vuoto: l'O2 si libera per primo e viene assorbito da una soluzione di pirogallolo; successivamente si legge la pressione manometrica. Di seguito si assorbe CO2 su NaOH 1n e poi si rilegge la pressione. Infine si espellono CO ed N2 e si legge la pressione corrispondente. Poichè il contenuto di N2 nel sangue è fisso è possibile risalire alla concentrazione di CO e poi alla % di HbCO.
Dosaggio della HbCO tramite GAS CROMATOGRAFIA
E' un metodo semplice, rapido ed accurato. Si impiega sangue più acqua più saponina: si agita, si centrifuga e si immette in una siringa da gas 1 ml di sopranatante. Questa è un tipo di siringa che contiene una sostanza degassificante che serve a privare il sangue dei gas in esso contenuti, ad eccezione del CO che si trova isolato in un comparto della siringa, così che possa essere immesso nella colonna cromatografica. La quantità di CO presente nel campione si ottiene confrontando il picco ottenuto con quello ottenuto iniettando una quantità nota di CO a parità di condizioni analitiche.
Ulteriori Considerazioni:
¥ l'aria alveolare contiene una concentrazione costante di CO, anche quando i polmoni sono sottoposti ad atmosfera poverissima di CO. ¥ piccole quantità di CO, eliminate con l'espirazione, si formano dalla degradazione ossidativa dell'emoglobina
L'Acido Cianidrico - HCN
Caratteristiche del l' Acido Cianidrico - L'acido cianidrico puro (anidro) è un liquido dall'odore di mandorle amare. Ha p.d. congelamento -14° C e p.d. ebollizione 26.5° C, densità 0.696, forma con l'acqua una soluzione debolmente acida:
acido cianidrico + acqua => idrolisi e dà acido formico + ammoniaca
e con gli elementi del primo gruppo forma sali, per esempio cianuro di sodio o di potassio. L'atomo di carbonio dell' HCN è bivalente: nell'acido non dissociato ha carica parziale + (con acidi catalizzatori può trimerizzare e formare la triazina = un benzene con i carbonî 1, 3, 5 sostituiti da azoti) mentre nello ione CN- è possiede la carica negativa (vedasi formazione cianidrine*). L'odore di mandorle amare tipico del cianuro, odore che si può rilevare nell'alito delle persone intossicate, non è percepibile per motivi genetici, dal 18% degli uomini e dal 5% delle donne.
* Le Cianidrine - HCN può sommarsi ad una aldeide a formare un alfa-idrossinitrile, o cianidrina. Ciò avviene specialmente in presenza di un catalizzatore tipo OH- che trasformi HCN in ione cianuro, divenendo acqua. La coppia di elettroni dell'atomo di carbonio dello ione cianuro CN- vanno sul C carbonilico dell'aldeide, C che è parzialmente positivo. L'Ossigeno dell'aldeide diviene carico negativamente e dall'ambiente si prende un H+ (per esempio dall'acqua, così si rigenera il catalizzatore OH-)a dare un gruppo -OH.
CN- + RCHO => RC(CN)HO- => RCH(CN)OH
Fonti Naturali di cianuri- Piante o loro parti contenenti glicosidi cianogenetici. Tra queste ricordiamo la radice della tapioca (245 mg cianuro / 100 g), i fagioli bianchi americani (10 mg / 100 gr) e poi cavoli, spinaci, mandorle, semi di prughe, albicocche, pesche, mele, pere o fagioli di Giava. Per liberare il cianuro dal glicoside (amigdalina) è necessario rompere i semi e metterli a contatto con l'acqua, elemento necessario affinchè l'enzima apposito possa eseguire l'idrolisi del glicoside. C'è da notare che gli animali ruminanti possiedono un enzima capace di metabolizzare l'HCN, cosicchè essi possono cibarsi per esempio dei fagioli di Giava.
Fonti Industriali di cianuri - viene preparato per ossidazione di metano + ammoniaca, su un catalizzatore metallico quale il Pt, a 1000 °C:
CH4 + NH3 + 3/2 O2 => HCN + 3 H2O
oppure per disidratazione della ammide dell'acido formico, su ossido di alluminio a 300 °C:
HCONH2 => HCN
L'acido cianidrico è usato come disinfestante fumigante nei depositi di granaglie, per esempio, in virtù del fatto che non si accumula nel materiale organico da disinfestare. Per rendene il cianuro gassoso più sicuro esso viene addizionato di altri gas "marcatori d'allarme" quali lacrimanti, ma nonostante ciò non sono i rari i casi di intossicazione da parte del personale deputato alle disinfestazioni. Oltre a ciò i cianuri sono usati anche nell'estrazione di metalli nobili, per la galvanoplastica (= ricoprire di un sottile strato metallico plastica o altri metalli o leghe), sottoforma di composti come insetticidi, come solventi eccetera. Statistiche rendono evidente il fatto che nella maggioranza dei casi l'avvelenamento da cianuro è legato al mondo del lavoro e che solo raramente è un fatto volontario legato al suicidio. Tra i casi di suicidio però è particolarmente rilevante la quota rappresentata dai chimici, i quali hanno facile accesso a vari sali di cianuro.
Fonti iatrogeniche (ossia fonti farmaceutiche) - ioni cianuro si formano durante la terapia antiipertensiva con nitroprussiato di sodio, terapia che per motivi di tachifilassi richiede spesso l'impiego di dosi superiori a quelle raccomandate. Un tempo c'erano in commercio farmaci antiipertensivi a base di tiocianato, poi ritirati in quanto rilasciavano cianuri. Anche un farmaco antitumorale derivato dall'amigdalina dei nòccioli delle albicocche è stato ritirato in quanto dannoso al SNC a causa della liberazione di cianuri.
Altre fonti di cianuri - cianuri possono derivare anche dalla combustione di varie sostanze naturali (lana, seta tabacco...) o sintetiche (poliuretani...) nonchè da marmitte catalitiche e filtri di ciminiere che non funzionino bene.
Tossicocinetica dell'Acido Cianidrico - Assorbimento, Distribuzione e Meccanismo d'Intossicazione- Il cianuro viene ben assorbito da tutte le superfici corporee (pelle, polmoni, mucose, stomaco), viene distribuito uniformemente nell'organismo e si lega al ferro ferrico (trivalente), il quale è presente per esempio negli enzimi intracellulare del sistema citocromo ossidasi, che così vengono inibiti. In questo modo viene inibita l'utilizzazione dell'ossigeno da parte delle cellule, che così muoiono.
Biotrasformazione - Eliminazione - Il cianuro viene normalmente detossificato dal sistema enzimatico tiocianico o delle rodanesi (detto anche tiosolfato solfotransferasi) il quale combina lo ione cianuro CN- con tiosolfato S2O3= a formare tiocianato CNS- (non tossico ed eliminabile con le urine: chi soffre di insufficienza renale è più a rischio per la tossicità da cianuri) e SO3=. Se però la quantità di cianuro è troppo elevata questo sistema non riesce a smaltire il tossico che quindi inizierà a legarsi al ferro. Il first pass epatico può ritardare il manifestarsi degli effetti tossici.
Altri enzimi che contribuiscono alla biotrasformazione dei cianuri sono la tiosolfotransferasi mitocondriale (una volta ritenuto l'enzima primario, ma poi si è visto che S2O3= passa piuttosto lentamente le membrane lipidiche e non sarebbe quindi disponibile a sufficienza come fonte di zolfo nella detossificazione). Un altro enzima è presente negli eritrociti, ma nell'uomo è poco attivo.
Intossicazione da Acido Cianidrico - Meccanismo - Come accennato precedentemente i cianuri sono affini al ferro ferrico presente nella cromoproteina citocromo ossidasi, enzima respiratorio ossidativo terminale situato nei mitocondri, fondamentale per l'utilizzo dell'ossigeno dal parte dei tessuti. I cianuri quindi riescono a bloccare il metabolismo aerobico causando anossia istotossica (= il sangue porta l'ossigeno, ma esso non può essere sfruttato).
Quando il cianuro si inserisce nel flusso sanguigno, per il 98% penetra rapidamente nei globuli rossi dove si lega al ferro ferrico, perciò nel sangue intero si possono misurare concentrazioni di cianuri fino a 10 volte maggiori di quelle registrate nel plasma. Quindi tra le due concentrazioni quella plasmatica è più indicata per descrivere per esempio la concentrazione tissutale dei cianuri. Il problema principale è che la concentrazione plasmatica varia molto al variare del tempo, proprio per le caratteristiche tossicocinetiche dei cianuri, e quindi è di difficile interpretazione.
Avvelenamento Acuto - Il cianuro è molto velenoso e se somministrato in alte dosi provoca la morte entro pochi minuti (Dose Letale pari a 50 ml di HCN gassoso, o 250 mg di sali di cianuro), specialmente se lo stomaco è vuoto. Sottoforma di gas può essere adsorbito sul gel di silice e può essere poi rilasciato in seguito a riscaldamento (metodo usato durante la Seconda Guerra Mondiale nei campi di sterminio ad Auschwitz).
Sintomi dell'avvelenamento acuto innanzitutto irritazione o danneggiamento delle mucose orali e dello stomaco (l'aspirato del lavaggio gastrico può presentare sangue) poi seguono ansia, mal di testa, vertigini e disorientamento, dispnea (fino a 60 ispirazioni al minuto), bradicardia, aritmie, ipotensione (e talvolta insufficienza cardiaca*), cianosi transitoria, nausea, sudorazione fredda e acidosi metabolica. L'acidosi è dovuta alla diminuzione della normale differenza di quantità di ossigeno arterioso e venoso. Se la concentrazione di cianuro supera i 2.5 µg/l si avrà anche paralisi con depressione respiratoria, dispnea (difficoltà di respirazione con sensazione di "fame" d'aria) convulsioni, opistotono (corpo contratto ad arco), trisma (contrazione mascelle), collasso cardiovascolare, edema polmonare**, coma e morte.
La colorazione rossa della pelle (dovuta probabilmente dalla presenza di ossiemoglobina nel sangue venoso) descritta in molti libri è raramente presente: per esempio non ci può essere se viene preceduta dal collasso cardiocircolatorio;
* causata da shock autonomo (o autonomico) dovuto al rilascio di amine endogene in seguito alla ingestione di alte dosi di cianuri e/o dalla vasocostrizione polmonare e coronarica. Quest'ultima azione è stata studiata da Vick & Froelich ('86): essi notarono che si verificava un innalzamento della pressione media del corpo quando diminuiva la pressione locale arteriosa in seguito a somministrazione endocardica di cianuro. Essi osservarono poi che l'alfa-fenossibenzamina (un alfa-bloccante adrenergico) prevenica questi effetti, suggerendo così che si verifichi uno sttao simile allo shock-primitivo non correlato all'inibizione del sistema citocromo ossidasi.
** l'edema polmonare può derivare da processi metabolici intracellulari che danneggiano direttamente l'epitelio degli alveoli e dei capillari oppure può essere la conseguenza di un danno ventricolare sinistro dovuto ai cianuri. Il ventricolo sinistro che non pompa bene il sangue causa un aumento della pressione venosa polmonare, e quindi edema.
Avvelenamento Cronico - Dovuto al contatto con basse dosi di cianuri per tempi prolungati, riguarda lavoratori, chimici o popolazioni che mangiano in grande quantità cibi contenenti glicosidi cianogenetici , quali la tapioca o che fumano tabacco. (Le popolazioni tropicali che si nutrono principalmente di radici di tapioca e non possiedono cibi ricchi di proteine o di zolfo sono speso colpite da neuropatia atassica tropicale ed emiparesi spastiche endemiche). L'intossicazione cronica ha come conseguenza neurotossicità nonchè ingrossamento e malfunzionamento della tiroide.
Sintomi presenti in entrambe le intossicazioni - Il cervello, dopo intossicazione ha rivelato au aumento della concentrazione di acido lattico e una diminuzione della concentrazione di ATP. Ciò si può spiegare poichè il blocco della fosforilazione ossidativa causato dai cianuri fa aumentare la glicolisi, con conseguente acidosi lattica, la quale è proporzionale alla gravità dell'avvelenamento. Le cellule beta del pancreas danno, in seguito ad intossicazione, iperglicemia reversibile. Nel caso in cui il soggetto sia in coma, il coma da cianuri può essere confuso con il coma diabetico iperglicemico.
Terapie contro l'intossicazione - (Data la velocità d'azione del cianuro non c'è tempo di sfruttare i test di laboratorio come diagnosi. I tests sono utili invece per monitorare e ottimizzare la terapia di supporto e quella con antidoti).
Principio base del trattamento è la decontaminazione del paziente (lavaggio gastrico, lavaggio della cute ecc), il supporto cardiocircolatorio e l'eventuale somministrazione di bicarbonato contro l'acidosi. Dopo aver ottenuto una diagnosi più precisa è possibile somministrare anche degli antidoti.
Prima dell'inizio della somministrazione degli antidoti è opportuno prelevare un campione di sangue (trattato con eparina e non con sodio fluoruro) per determinare la concentrazione dei cianuri: un test semiquantitativo può essere fatto usando una apposita provetta rivelatrice , un test quantitativo invece richiede tecniche analitiche più specifiche. Dopo il trattamento con antidoti la continuazione della terapia dovrebbe basarsi essenzialmente sulle condizioni del paziente, piuttosto che sulla concentrazione residua del tossico.
Antidoti sodio nitrito, amile nitrito e sodio tiosolfato - Questa terapia consiste nell'aumentare la quantità di metaemoglobina (contenente Fe ferrico) circolante, il che si ottiene somministrando sodio nitrito o amile nitrito. L'amile nitrito funge poi anche da vasodilatatore e contrasta così la vasocostrizione delle arteriole indotta dal cianuro. La metaemoglobina tramite il proprio ferro ferrico sequestra gli ioni cianuro formando con essi la cianometaemoglobina: in questo modo si evita il blocco del sistema citocromo ossidasi.
Successivamente la somministrazione di sodio tiosolfato fornisce lo zolfo necessario alla formazione del non tossico ione tiocianato (curiosamente ciò è generalmente accettato nonostrante manchino studi clinici controllati che confermino l'utilità di questo protocollo terapeutico).
Antidoti chelanti al Cobalto o EDTA- E' un metodo più semplice che, tra le altre cose, non necessita del monitoraggio dei livelli di metaemoglobina. Il cobalto cloruro o l'EDTA formano complessi stabili e facilmente eliminabili con CN-. Questo trattamento è accettato unanimamente in Europa, mentre alcuni studiosi americani nutrono ancòra delle riserve.
Antidoto provitamina B12 - Si tratta di un metodo sperimentato sugli animali ma ancòra poco usato sull'uomo. Si basa sul fatto che la provitamina B12 si lega con il CN- a formare la vitamina B12.
Valori dei cianuri in persone non intossicate:
[ ] nel sangue intero [ ] nel plasma [ ] nei globuli rossi
Non Fumatori 3-5 µg/l 0.5 µg/l 6 µg/l Fumatori 90-9 µg/l 0.8 µg/l 18µg/l
Questi valori sono stati ritenuti "normali" e non causa di intossicazione, anche se è da tener presente che i fumatori si avvicinano più ai valori di tossicità, che sono, in linea di massima: 1000 µg/l o più: avvelenamento 2000 µg/l o più: avvelenamento grave 3000 µg/l o più: morte.
Ricerca e determinazione dei cianuri
Metodo semiquantitativo Gettler e Goldbaum, su materiale biologico - nella apposita provetta si immette il campione + ac. tricloroacetico + Pb acetato per eliminare eventualio ioni S=. Nella provetta "a monte" si immette azoto, gas "trasportatore".
L'azoto da questa raggiunge la provetta contenente il campione, e lì, se c'è del cianuro si forma HCN, che sospinto dalla corrente d'azoto va a fissarsi su una cartina umida con Fe++ solfato e KOH. Concluso l'esperimento si immerge la carina in HCl: la formazione di un colore per via di una reazione tra sali ferrosi e cianuri rivela la presenza di questi ultimi. Con delle cartine contenente diverse e note quantità di ferricianuro si possono ottenere informazioni semiquantitative.
Fe++ + 6 CN- => [Fe(CN)6]= = [Fe(CN)6]= = + Fe+++ => complesso colorato
Metodo quantitativo Goldbaum e Baine, su materiale biologico - nella pallone B si immette il campione + acqua + olio minerale + ac. tartarico. Il pallone B è collegato ad un apparecchio per condensare che a sua volta è collegato a tre tubi (in serie) contenente NaOH. Alla fine dei tre tubi ci sta una pompa d'aspirazione ad acqua. Si scalda il pallone a b.m. e si regola il flusso dell'acqua in modo che la pressione sia adeguata ad una distillazione di 5 gcc di distillato / min.
Il cianuro che si sviluppa satura man mano i tre tubi. Alla fine si immette il contenuto dei tubi saturi in un pallone e si porta a volume. Si preleva una certa quantità e si immette in una beuta con NaOH e KI diluito. Si titola il cianuro con AgNO3 (p.d.e. = opalescenza dovuta a AgI).
Ag+ + CN => AgCN ppt AgCN ppt + CN- => [Ag(CN)2]- complesso solubile
(KI sottrae Ag+ in eccesso dalla reazione sottoindicata, così che Ag+ non si attacchi a [Ag(CN)2]- rendendolo insolubile) Metodo quantitativo Fordos e Gelis - seondo la reazione: HCN + I2 => ICN + HI che può venir titolato Metodo qualitativo dell'acido picrico - seondo la reazione: HCN + ac. picrico => color porpora
4B - Tossici volatili distillabili in corrente di vapore
Apparecchio per la distillazione in corrente di vapore: una caldaia a vapore (riscaldato all'ebollizione) fa affluire vapore al pallone contenente la sostanza da distillare, che possiede anch'esso una fiamma. Il distillato che così si forma (almeno 100 ml) raffreddato dalla camicia refrigerante, si condensa nel pallone di raccolta dotato di rubinetto. Anche il pallone può essere refrigerato per evitare l'evaporazione del distillato.Usualmente si adoperano:
¥ circa 350 g di omogenati d'organo + 3 ml soluzione acido tartarico + 300 ml acqua ¥ circa 100 ml di sangue o urine + 3 ml soluzione acido tartarico + 300 ml acqua
In questo modo (pH acido) i composti basici daranno sali non volatili mentre si potranno distillare sostanze neutre o acide, tra le quali eteri, alcooli, aldeidi, chetoni, idrocarburi clorurati, olii essenziali, insetticidi organofosforici, alcuni ipnotici non barbiturici...
Successivamente si basifica la soluzione e così in un altro pallone si potrà raccogliere il distillato delle sostanze basiche (non più sottoforma di sali) quali efedrine, amfetamine, nicotina. Nel pallone di raccolta, riacidificando la soluzione, si otterranno composti meno volatili prevenendo così l'evaporazione del distillato.
Dai palloni, tramite appositi solventi organici bassobollenti, si estrarranno poi i prodotti solubili nei solventi stessi. Prima di codesta estrazione è possibile effettuare sul distillato (dist.) alcuni test per rivelare la presenza di vari tipi di tossici. 1) Sostanze Ossidabili - riducono il cromo da viola a verde (es: alcooli, aldeidi, idrocarburi...) 1 ml di dist. + K bicromato 0.05N (Cr viola) in H2SO4 + bagno maria (b.m.) => Cr verde
2) Fenoli... (reaz. di Liebermann) - OK anche per riconoscere nitriti e gruppo nitroso -N=O
- estraggo il distillato 2 volte con d'etere => disidrato l'estratto (con Na2SO4 anidro) e lo concentro - aggiungo HNO2 ac. nitroso e ottengo il para-nitrosofenolo - se la reazione avviene in H2SO4 conc. ottengo condensazione p-nitrosofenolo + fenolo = verde/blu - se diluisco con acqua ottengo rosso - se aggiungo una base ottengo blu
Analogamente: o- m- Cresoli: marrone alfa naftolo: verde chiaro beta naftolo: verde scuro 3) Aldeidi - distillato + reattivo di Shiff (fucsina + ac. solforoso H2SO3) => colore rosso
Test di Denigés - vedasi prima
4) Chetoni: butanone, acetone... (saggio di Legal in ambiente alcalino) - Si ottiene un complesso viola
Oggi in questo saggio si sa che il Ferro del nitroprussiato di sodio (disodio-pentaciano-nitrosil-ferrato (II)), ha stato di ossidazione +2.
Il gruppo nitroso, composto carbonilico eteroanalogo, si trasforma - con l'anione acetonitrilico (1-) - nel senso di dar luogo ad una addizione di tipo aldolico. Durante la reazione il ferro non muta il suo stato di ossidazione. A seguito di acuta acidificazione ha luogo una mutazione del colore da rosso a violetto.
L'idrolisi alcalina a 40°C circa distrugge il complesso; si isola l'isonitroso acetone (7a), che è presente in equilibrio con il nitrosoacetone (7b).
La reazione non è specifica per l'acetone. Reagiscono positivamente i gruppo metilenici o metilici attivati, i quali sono in grado di formare, in soluzione alcalina, carbanioni stabilizzati per risonanza. Il saggio di Legal non è solo adatto a scopi analitici, ma si presta pure a scopi preparativi in quantio consente di preparare isonitroso composti (esempio: reazione di Simon-Awe).
Un'altra reazione è quella dello iodoformio: In presenza di I2 in acqua, se c'è acetone si ha precipitazione di iodoformio CHI3 giallo:
CH3(CO)CH3 + [ 3I2 + 3KOH ]***=> CH3(CO)CI3 + 3 KI + 3 H2O
CH3(CO)CI3 + K+OH- => CH3COO-K+ + CHI3 ppt
[ 3I2 + 3KOH ]*** è => HOI acido ipoiodoso + HI HOI in presenza di KOH è => K+OI- ipoiod. di K + H2O
5) Idrocarburi alogenati - (cloroformio, cloralio idrato, CCl4, tricloroetilene...) distillato + piridina + NaOH + b.m. => fase piridinica rosa
Reazione di Fujiwara - si tratta di una alfa-eliminazione, nella quale entrmbi gli atomi che vengono scissi provengono dallo stesso C. La reazione serve a riconoscere, fra gli altri, il cloroformio, anche quando esso sia presente in quantità scarse. Il cloroformio in ambiente basico, caldo, provoca una scissione dell'anello della piridina. Il sale di bis-imminio (1) che si forma subisce idrolisi ad anione polimetina (2), che ha colore rosso:
Reazione dell'Isonitrile - utile per riconoscere anche le ammine primarie! - nelle condizioni della reazione precedente si forma il diclorocarbene (CCl2), che reagisce con doppietto elettronico di una ammina primaria, se essa è presente, la molecola che si forma elimina due molecole di HCl trasformandosi nell'isocianato corrispondente.
CCl2 + R-NH2 => R-NH2+CCl2 => R-NC + 2HCl
6) Solfuro di Carbonio 5 ml distillato + Pb acetato soluz. satura gcc => ppt Pb solfuro. Filtrare, bollire con KOH in eccesso => ppt nero
7) Nitrobenzene (reaz. di diazotazione + copulazione) 5 gcc distillato + 2 gcc HCl 2N + Zn + scuotere + Na nitrito gcc + Naftilammina gc => azocomposto color porpora
I Glicoli
I glicoli sono usati come antigelo, per fluidi idraulici (cambio, giunti...), nell'industria chimica, farmaceutica e cosmetica. Sono poco volatili e quindi solo poco pericolosi. Esistono:
- etilenglicole, HO-CH2-CH2-OH DL 1.4 ml/Kg (il 2% della dose viene metabolizzata ad ac. ossalico, che ppt come Ca++ ossalato nei tubuli contorti prossimali provocando necrosi)
- dietilenglicole, HO-CH2-O-CH2-OH DL 1 ml/Kg (precipita anche lui come ossalato). Causa dolori renali, oliguria.
- glicolepropilenico, CH3-CHOH-CH2-OH (usato in farmaci, cosmetici...), poco tossico: DL 32 ml/Kg sul ratto.
Alogenoderivati alifatici
Sono ottimi solventi, poco infiammabili, hanno attività anestetica più o meno accentuata e variabile tossicità (CFC atossici, CCl4 molto tossico...)
Cloruro di Metilene CH2Cl2: propellente gassoso per aerosol, diluente per vernici e sgrassante, come gli altri alogenoderivati a basso p.m. dà aumento della % di carbossiemoglobina anche per 12 ore dopo la somministrazione e depressione del SNC (con [ ] di 500 ppm per 6 ore) e può essere letale, ma a dosi piuttosto più elevate (a 75 ppm è innocuo).
Cloroformio CHCl3: liquido incolore, di odore dolce, p.d.e. 61 °C, poco solubile in acqua e più denso di essa, solubile in etere. In presenza di acqua (o anche solo umidità) da fosgene, altamente tossico*. La sua conservazione con etanolo permette di trasformare l'eventuale fosgene formatosi in dietilestere carbonico, non tossico. Può essere riconosciuto con la reazione di Fujiwara o dell'isonitrile (vedi prima).
E' stato preparato, indipendentemente, da Liebig e da Soubeiran nel 1831. Nel 1846 Simpson scopre l'attività di depressore del SNC (ad alte dosi: coma e morte) e poi l'attività anestetica. Forse è cancerogeno, e negli USA a differenza che in Europa, non è più usato per esempio per preparare cosmetici. Come solvente può essere sostituito dal cloruro di metilene.
Preparazione del cloroformio #1
EtOH + calcio ipoclorito Ca(OCl)2 => ox etanolo ad acetaldeide CH3CHO CH3CHO + calcio ipoclorito Ca(OCl)2 => sostituisce H con Cl CCl3CHO, cloralio CCl3CHO + OH- => formiato HCOO- + CHCl3
Preparazione del cloroformio #2 - clorazione del metano in fase gassosa, metodo industriale.
* da cloroformio a fosgene - in presenza di luce, ossigeno ed umidità si ha:
CHCl3 + O2 + lux => idroperossido => Cl2 + CO2 + HCl => COCl2 + 1/2O2 + HCl
Aggiungendo etanolo anidro l'eventuale fosgene formato viene catturato, con la reazione:
COCl2 + 2EtOH => dietilestere dell'ac. carbonico CO(EtO)2 + 2HCl
Tetracloruro di Carbonio - CCl4: ottimo solvente, economico (usato anche in casa). Deprime il SNC (ad alte dosi: coma e morte) ed ha proprietà anestetiche. Causa danni renali ed epatici, talvolta letali (i metaboliti del CCl4 tra le altre cose danneggiano gli enzimi microsimiali epatici).
Trielina, o tricloroetilene - Cl2C=CHCl: molto usato nell'industria e non solo (lavaggio a secco dei vestiti, smacchiatore domestico). Causa depressione SNC, insonnia. I suoi principali metaboliti sono l'ac. tricloroacetico ed il tricloroetanolo (è lui che deprime il SNC). Data la sua lipofilia dà fenomeni di accumulo (intossicazione cronica) mentre l'intossicazione acuta è letale per via delle aritmie indotte (l'induzione è dovuta al potenziamento dell'azione dell'adrenalina endogena). L'eliminazione renale è proporzionale alla dose assunta.
Tetracloroetilene - Cl2C=CCl2: è la sostanza oggi più in uso (sostituisce la trielina), è meno tossica della trielina ma ha effetti qualitativamente simili (danni a reni e fegato). La via di eliminazione è principalmente respiratoria. Subisce poca biotrasformazione, ad acido tricloroacetico.
Benzene
E' un liquido incolore, volatile, dall'odore caratteristico. P.d.e. 80.1 °C, è miscibile con la maggior parte dei solventi organici. E' usato dall'industria come materia prima (sintesi di altri composti, coloranti, collanti, insetticidi, farmaci...). L'assorbimento del benzene è molto elevato data la sua lipofilia. Il metabolismo, specialmente epatico, porta alla formazione di metaboliti più idrofili (fenoli, che possono essere solfatati* o glucurono-coniugati, altrimenti si può anche giungere all'apertura dell'anello aromatico). L'eliminazione della (grande)% non metabolizzata avviene per via respiratoria.
L'intossicazione acuta da vapori di benzene causa danni locali alle mucose e sistemici (irritazione mucose, alterazione SNC, edema polmonare con conseguente come e morte, se la dose è 20 000 ppm per 5-10 minuti). Se l'intossicazione acuta non è letale i disturbi al SNC possono durare anche due settimale.
L'intossicazione cronica si hanno danni al SNC ed al midollo osseo, al sistema digerente, al sangue (anemia, < numero di globuli bianchi...)
* poichè i solfati derivanti dal metabolismo del benzene si formani a scapito di solfati inorganici, il rapporto tra solfati org/ solfati inorg. (otenuto dalle urine del soggetto dopo l'esposizione al tossico) può essere un utile indicatore della esposizione al benzene.
Toluene
Molto usato nell'industria dei coloranti, vernici, lacche...nonchè come materia prima per la sintesi di altri composti organici. L'intossicazione (es: sniffando vapori di collanti che contengano toluene ed altri composti) causa sintomi quali affaticamento, stato confusionale, man mano più gravi passando da 200 a 600 ppm per 8 ore. Non causa però danni al midollo come il benzene. Viene metabolizzato ad acido benzoico e poi coniugato all'AA glicina. La via di escrezione è urinaria (proporzionale alla esposizione, entro certi limiti) sottoforma di acido ippurico.
4C - Acidi e Basi Forti
Acidi e basi hanno azione topica sull'organismo: sono corrosivi (proporzionalmente alla loro [ ]) e distruggono localmente i tessuti con i quali vengono in contatto. Per via sistemica modificano l'equilibrio acido-base dell'organismo e sono dannosi per tutti i sistemi, in particolare per cuore, polmoni, reni e fegato. Per quanto rigurda le basi forti esse si dividono in fisse (KOH, NaOH...) e volatili (NH4OH...).
La ricerca tossicologica di queste sostanze è resa difficile dal fatto che alcune di esse tendono a scomparire dopo il decesso del soggetto (HCl, HNO3, NH4OH...) ma anche a formarsi i seguito alla decomposizione (NH4OH). Un aiuto può venire dal fatto che, per esempio, l'acido solforico o l'acido nitrico provocano delle caratteristiche lesioni che possono "indirizzare" la ricerca (l'acido nitrico reagisce con alcuni AA aromatici della cute a dare nitroderivati gialli: reazione xantoproteica).
I saggi più usati per determinare la presenza di acidi forti sfruttano le classiche reazioni di chimica inorganica (vedasi sotto), mentre per alcuni acidi può essere utile ricercarne l'anione. Esempi:
HCl contenuto gastrico + MnO2 => gas Cl2, odore caratteristico contenuto gastrico + AgNO3 => ppt insol. in HNO3/solub. in NH3
H2SO4 contenuto gastrico + veratrina => colore giallo contenuto gastrico + Cu metallico => gas SO2, odore caratteristico
HNO3 contenuto gastrico + Cu metallico => gas NO2, odore caratteristico contenuto gastrico + difenilammina => colore blu contenuto gastrico + brucina => colore rosso
HF materiale organico ossidato con acido iodico, cromico, solforico, fosforico si sviluppa HF (gas) e lo si raccoglie in acqua. La soluzione acquosa la si fa reagire con alizarina (antrachinone con due -OH su uno dei due anelli laterali) solfonato adsorbito su Th(OH)4 idrossido di Torio, rosso. in presenza di HF si sviluppa ThF4 Torio fluoruro, incolore. in assenza di HF non accade nulla (il colore rimane rosso).
Determinazioni quantitative
HCl - il materiale biologico, addizionato di acqua, viene diviso in due porzioni, A e B. Alla prima si aggiunge Na2CO3 in eccesso. Si inceneriscono in capsula di porcellana in forno. Si riprendono i residui con acqua. Nel campione B l'eventuale HCl (= esogeno) è stato eliminato con l'incenerimento, e rimangono presenti solo i cloruri endogeni. Nel campione A l'eventuale HCl esogeno non è scomparso in quanto ha reagito con Na2CO3 a formare NaCl, che si somma ai cloruri endogeni. Si procede all'analisi di entrambi i campioni tramite le normali tecniche della chimica analitica: la differenza tra i risultati dei due campioni è la quantità di HCl esogeno.
H2SO4 - Metodo Chalmers & Rigby: si neutralizza la soluzione (nel caso si abbiano ppt li si elimina), si aggiunge EtOH 95% e BaCl2 in quantità nota ed in eccesso: precipita BaSO4 e si titola il Ba++ in eccesso (tramite Na2CO3, fenolftaleina indicatore).
HNO3 - si riduce l'acido nitrico, contentuto nel campione biologico, ad ammoniaca tramite SuCl2 (soluzione preparata sul momento: Su metallico + HCl conc). Si porta il tutto a secchezza a b.m. ottenendo cristalli di NH4Cl che vengono sciolti in acqua. Si aggiunge una soluzione satura di K2CO3 in volume pari a quello della soluzione da analizzare: l'ammoniaca che si libera neutralizza una certa quantità di acido minerale a titolo noto. Si titola l'acido rimanente.
Per determinare la presenza di basi forti ingerite si effettuano analisi delle mucose o sul pH gastrico. Si può poi effettuare la determinazione dei loro cationi (Na+, K+...) tramite spettrofotometria di assorbimento atomico, ma essi sono presenti in notevole quantità (variabile) anche fisiologicamente, e ciò non rende chiara l'analisi. L' NH4OH può essere rivelato a livello gastrico tramite il reattivo di Nessler che dà un colore giallo (questa è una determinazione sia quali- che quanti-tativa).
Cenni di Tossicologia - gli acidi forti sono presenti spesso nell'ambiente domestico (ac. muriatico...) e ciò aumenta la possibilità di intossicazione (=> corrosione delle mucose orali, polmonari..., dolori addominali, variazione funzionalità renale e generica: SNC, epatica, cardiaca...). Per quanto riguarda le sostanze alcaline, anch'esse sono presenti in casa (varechina...) e danno corrosione delle mucose e variazione dell'equilibrio renale, epatico e del SNC (nonchè edema polmonare e dell'epiglottide se inalate).
4D - Tossici Metallici
I metalli sono ubiquitari in natura, ma con l'industrializzazione c'è stato un aumento degli avvelenamenti da metalli. Alcuni elementi, come gli alcalino-terrosi, sono essenziali per gli organismi viventi: Na, K, Ca, Fe... . Anche altri metalli, in tracce, sono molto importanti come coenzimi, cofattori, catalizzatori: Zn, Mg, Cu, Ni, Mn, Co, Cr, I, Me (mendelevio), Se (selenio)... . I restanti metalli non sono necessari all'organismo, anzi sono tossici.
I metalli possono agire con tossicità diretta o indiretta (ossia diventando sali che possono diventrare parte di strutture organiche per poi abbandonarle e causare danno). Di solito i metalli si accumulano in un individuo col passare dell'età o a seconda delle abitudini (il Cd è proporzionale alla quantità di sigarette fumate).
La loro ricerca prevede l'eliminazione del materiale organico per via secca (muffola o forno) o umida (distruzione tramite attacco solfonitrico: metodo Kieldahl; o con cloro gassoso: metodo Babo-Ogier). Il metodo per via secca è adatto a tutti i metalli, eccezzion fatta per Hg, As e Sb (antimonio) in quanto questi sono volatili.
Esiste anche la possibilità di effettuare un test per la ricerca dei metalli prima di distruggere la materia organica (Test di Reinsch).
- 25 g di omogenato d'organi + 5 ml HCl [ ] = omogenato acido - si prepara una laminetta di rame metallico (lavandolo in HNO3 e poi H2O) - rame + omogenato acido: si bolle per 1h, mantenendo il volume costante aggiungendo HCl diluito
- ora la lamina, lavata e asciugata può essere: lucente (assenza metalli pesanti) o ossidata dai metalli da Cu° a Cu++ o altro a seconda dei metalli (il colore della lamina, variabile, indica la presenza di diversi metalli). Un risultato falso positivo (deposito di solfuri) può essere dato dalla presenza di zolfo in alta [ ] come avviene per esempio nel materiale putretatto => controllare!
Il deposito metallico sula lamina di rame può essere esaminato (saggi di Gettler e Kaye) secondo i seguenti protocolli:
MERCURIO: su un vetro d'orologio viene posta una carta da filtro imbevuta di alcune gocce di CuI ioduro rameoso, con la laminetta di rame si ha: 2 CuI + Hg => HgI2 (rosso) + 2 Cu. Tramite degli standard la reazione può essere semi-quantitativa.
BISMUTO: si fa in seguito alla prova precedente, se negativa. Si immette in una beuta la laminetta e si aggiunge HNO3 e Na2SO3 (sodio solfito che impedisce al rame di passare in soluzione) scuotendo fino a scioglimento del residuo. Sulla soluzione si cerca il Bismuto con le reazioni appropriate.
ANTIMONIO / ARSENICO: si fa in seguito alla prova precedente, se negativa. Si immette in una beuta la laminetta e si aggiunge KCN 10% scuotendo fino a scioglimento del residuo (Sb rimane attaccato, As eventuale va in soluzione). Sulla lamina si cerca l'antimonio Sb con le reazioni appropriate; nella soluzione si cerca l'arsenico.
Ricerca dell' antimonio e dell'arsenico col metodo Liebig - Marsh - Berzelius (metodo ora superato dalla spettroscopia d'assorbimento atomico): da As o Sb, tramite idrogeno nascente, si ottiene AsH3 arsina o SbH3 stibina, gas. Il gas viene scaldato fino a decomposizione e a formazione quindi di As o Sb metallico che si deposita a formare uno specchio.
ARSENICO - rappresentato spesso da As2O3, anidride arseniosa, ottenuta da diversi minerali "arrostendoli". I composti dell'arsenico sono usati come erbicidi, insetticidi, conservanti del legno, inoltre trovano largo impiego nelle vernici, negli olî lubrificanti e per indurire il Pb.
I composti dell'arsenico possono venir assorbiti per ingestione o inalazione. As +3 viene ossidato tramite processi naturali, ad As +5, meno tossico in quanto può venire eliminato tramite la via biliare (As +3 invece si accumula nell'organismo). L'arsenico si lega alle proteine (è affine al gruppo -SH), si concentra nei globuli bianchi, nel fegato e nei muscoli.
L'intossicazione acuta causa bruciore e secchezza delle vie aeree, disturbi gastrointestinali e spasmi muscolari, vertigine e delirio, coma e morte (10 ppm sono sufficienti). L'intossicazione cronica (sono a rischio alcune categorie di lavoratori) è caratterizzata da astenia, disturbi gastro-intestinali e neurologico.
CROMO - è diffuso, si trova in natura sottoforma di cromite, viene usato nell'industria per la cromatura dei metalli e nei trattamenti dei pellami. In farmacia viene usato come Cr triossido (applicazione esterna, caustico) e come radiocromato sodico per stabilire il tempo di emivita dei globuli rossi.
E' poco assorbito per via gastrointestinale (1%) e non dà, usualmente, problemi. Col passare degli anni le [ ] del cromo nei vari tessuti diminuisce, ad eccezioni fatta per il tessuto polmonare, dove aumenta. Normalmente il cromo lo si trova anche nella cute, nei muscoli e nel grasso.
Il cromo esavalente (Cr+6 dall'acido cromico H2CrO4, forma i cromati) che sono idrosolubili e passano velocemente dai polmoni al sangue, dove si legano ai globuli rossi. L'esposizione ai cromati provoca dermatiti (reazione allergica), ulcere (azione diretta dello ione), epatite e perforazione del setto nasale, ninchè nefrotossicità ( a dosi basse danneggia l'ansa, a dosi più alte il tubulo contorto prossimale). E' possibile che siano cancerogeni. E' raro che l'acido cromico usato per far cicatrizzare le ferite abbia causato nefriti letali.
Il cromo trivalente (Cr+++ dall(acido cromoso, forma i cromiti) viene assorbito più lentamente e anche si sposta più lentamente dal polmone al sangue, nel quale andrà a legarsi alle proteine plasmatiche. Il cromo in forma trivalente è necessario al corretto metabolismo del glucosio, e la sua carenza dà una patologia simile al diabete mellito, nonchè favorisce l'insorgenza di aterosclerosi ed aumenta la tossicità del Pb. E' possibile comunque che sia cancerogeno. L'ox Cr+++ => Cr+6 non avviene in campo biologico.
ZINCO - forma legami covalenti, specialmente con i gruppi tiolici. E' un metallo essenziale in tracce (in enzimi quali l'anidrasi carbonica, la fosfatasi alcalina e la deidrogenasi o come cofattore nella sintesi del DNA e di varie proteine). L'organismo possiede su di esso il controllo omeostatico e quindi questo metallo non è tra i più pericolosi. L'assorbimento per via g-int. è massimo nel duodeno, ma comunque non significativo in confronto a somministrazione per via polmonare o sottocute (assorbimento totale, più o meno veloce a seconda dei sali). La distribuzione non è selettiva, l'eliminazione è pricipalmente biliare.
L'intossicazione cronica da zinco conduce ad anemia (forse in seguito al diminuito assorbimento di rame) e fibrosi epatica e pancreatica; in seguito ad inalazione lo zinco causa la "febbre da fumi" (febbere, artriti, stanchezza, tosse...) che un sintomo comune anche ad altri metalli e probabilmente è il risultato di una reazione di ipersensibilità alle proteine denaturate dal metallo. Una inalazione di fumi concetrati può essere letale per danni ai polmoni.
CADMIO - forma legami covalenti, specialmente con i gruppi tiolici. Per questo metallo l'organismo non possiede il controllo omeostatico, e quindi esso è pericoloso: tra le altre cose si lega al gruppo -SH e può dare fenomeni di accumulo.
L'assorbimento per via inalatoria o placentare del Cd è buono, piuttosto basso è invece l'assorbimento per via orale. Il Cd si lega ad emoglobina e metallotioneina e così la distribuzione è molto buona. L'eliminazione è lenta e costante per via urinarie e biliare.
L'intossicazione acuta da Cd per via orale causa vomito e diarrea => disidratazione, trombosi, embolia coma e morte. Per via inalatoria si ha enfisema e fibrosi, se le dosi sono alte si ha edema polmonare letale, se si sopravvive permangono grossi problemi polmonari e paralisi. Somministrazione cronica di Cd causa fragilità delle ossa (=> demineralizzazione delle ossa e aminoaciduria = troppi AA nelle urine), dolori e deformazioni ("itai - itai" in giapponese)
MERCURIO - forma legami covalenti, specialmente con i gruppi tiolici. Per questo metallo l'organismo non possiede il controllo omeostatico, e quindi esso è pericoloso: il mercurio è ancòra più solubile del Cadmio e lega con maggiore affinità il gruppo -SH. Può dare fenomeni di accumulo. Se l'esposizione è continuata agisce da cancerogeno.
E' presente in natura spesso come HgS (cinabro, ad esempio nelle miniere di Idria, località situata nelle vicinanze di Trieste). E' usato in apparecchiature elettriche, celle elettrolitiche per preparare Cloro e NaOH, nei termometri, è usato sottoforma di vari composti nelle vernici, come insetticida, e in chimica ed odontoiatria (per preparare l'amalgama) nonchè per preparazioni antisettiche per la cute. Il mercurio esiste principalmente sottoforma di:
¥ Hg metallico, volatile => assorbimento per via inalatoria (irritazione polmonare), ma anche transplacentare - basso l'assorbimento per via orale o transdermica. Ha una non trascurabile solubilità in acqua e nei solventi organici. - nel plasma e nei globuli rossi mantiene = [ ]. Nell'organismo viene ossidato a Hg++ (molto reattivo, x es col -SH) - Causa danni al SNC (danni di tipo neuropsichiatrici: depressione, irratibilità, insonnia) e anche stomatiti, gengiviti, ipersalivazione e sensazione di sapore metallico in bocca
¥ Hg inorganico e suoi sali (Hg++, molto reattivo, x es col -SH, Hg2++). - medio assorbimento per via orale (infiammazioni tratto g-i e specialmente duodeno, principale sito d'assorbimento) o transdermica - viene eliminato principalmente per via renale (t 1/2 = 40 gg) - intossicazione acuta = anuria per alcuni giorni (ostruzione tubulare, vasocostrizione preglomerulare...), poi poliuria anche per mesi (dovuta alla diminuita capacità di concentrazione del'ultrafiltrato da parte del rene) poi normalità. - intossicazione cronica = nefrotossicità (esfoliazione delle cellule dell tubulo renale deputate alla escrezione del mercurio inorganico) con conseguente proteinuria .
¥ Hg organico (= legato a C), esempio: CH3Hg, PhHg, diuretici mercuriali. Questi composti reagiscono col gruppo -SH e così aumentano ancòra di più la loro liposolubilità. - ben assorbito per via orale o transdermica o transplacentare. - nel plasma si concentra nei globuli rossi 20x più che nel plasma - nell'organismo viene trasformato a Hg++ o R-Hg++. Danneggia il SNC (spec. danni senso-motori: paralisi e riflessi anormali) fatta eccezione per il PhHg che viene velocemente degradato a benzene e Hg++, idrofilo, e quindi pericoloso più per i reni che per il SNC). - I composti del mercurio organico subiscono principalmente eliminazione biliare e "intestinale": le cellule della mucosa intestinale "spremono" il mercurio nel lume intestinale, e se la [ ] del mercurio è elevata le cellule dell'intestino subiscono esfoliazione. C'è anche una componente di eliminazione renale (di ordine zero, lenta: t 1/2 = 70 gg).
La distribuzione del mercurio nell'organismo non è omogenea: in seguito all'assorbimento esso si concentra nei reni, sebbene una intossicazione cronica per via inalatoria da anche problemi al SNC (i composti organici del mercurio, come si diceva, sono molto liposolubili: poi ulteriori trasformazioni che avvengono al di là della barriera ematoencefalica e che rendono più idrofilo il mercurio, fanno si che lo spostamento SNC => sangue sia parzialmente impedito).
Nei bambini il mercurio è responsabile di una sindrome detta acrodinia (o malattia rosa), che tra le altre cose è rappresentata da disturbi neuropsichiatrici, disturbi sensoriale alle estremità, stomatiti, effetti sul sistema cardiocircolatorio ecc.
L'azione dannosa del mercurio viene in parte attenuata dall'aumento della [ ] di metallotioneina (proteina trasportatrice di metalli, a basso p.m. e ricca di gruppi -SH) che viene indotto dalla somministrazione (soprattutto cronica) di mercurio.
PIOMBO - in natura è presente in molti minerali, è molto usato nell'industria (es: batterie o antidetonante nella benzina sottoforma di Pd tetraetile). E' contenuto naturalmente nei vegetali; viene assorbito principalmente per via g-i o inalatoria. Il Pb assimilato viene immagazzinato nelle ossa, nel fegato, reni, pancreas, milza ed encefalo. L'escrezione (spec. renale ma anche biliare) al passare del tempo diminuisce, probabilmente poichè al passare del tempo aumenta la % di Pb fissato alle ossa).
L'intossicazione cronica dà encefalopatie, tremori, convulsioni, coliche, nausea e vomito, nefriti, iperurinemia, perdita di capelli e dannegiamento degli epitelî, nonchè viene diminuita la sintesi di emoglobina in quanto il Pb interferisce con l'utilizzazione del ferro ed inoltre ha azione di lisi dei globuli rossi. L'intossicazione acuta, rara, dà delirio, allucinazione e talvolta coma.
TALLIO, Tl - si ottiene dal trattamento di diversi metalli. Si usa in leghe, gioielli, lenti ottiche, coloranti... . Il solfato talloso (Tl2SO4) è un rodenticida e insetticida. Può venir assorbito per via g-i o transdermica. In caso di intossicazione si concentra specialmente nei reni (ma lo si trova anche in tiroide, pancreas, cute, ossa e milza) e subisce lenta eliminazione tramite reni e bile (a parte le prime 24 ore dove viene eliminato in gran quantità per via urinaria).
L'intossicazione acuta dà irritazione g-i e poi paralisi e disturbi psichici. La dose letame è circa 10 mg/kg. L'intossicazione cronica (sali di tallio usati nelle creme depilatorie e nelle lavorazioni industriali di lenti e di vetri) dà necrosi del fegato, nefiti, degenerazione del SNC e periferico, edema polmonare.
Fattori generali che influenzano la tossicità dei metalli
Fattori specifici - carattere elettrochimico, solubilità, reattività biologica, forma fisica e tossicocinetica... . Esistenza del contollo omeostatico da parte dell'organismo su un certo metallo.
Sito molecolare d'azione - generalmente si tratta di un legame del metallo con gruppi chimici metabolicamente attivi (di solito si tratta di gruppi amminici o carbossilici o tiolici liberi, che possono essere presenti per esempio in enzimi, cofattori, molecole antiossidanti, trasportatori di elettroni o ossigeno...). Spesso in particolare i metalli spiazzano gli atomi di idrogeno dal gruppo tiolico -SH o da quello imidazolico.
Assorbimento - elevato con aerosol, poi il torrente circolatorio pensa alla distribuzione. L'assorbimento per via gastrointestinale varia da metallo a metallo (per esempio il Pb si assimila bene per via aerosol e poco per via orale, specialmente se nell'intestino sono presenti Calcio o vitamina D). Danni all'epitelio intestinale possono aumentare le potenzialità d'assorbimento.
Selettività d'organo - i metalli sono dannosi solo quando raggiungono una certa [ ], e ciò può avvenire se assorbimento, distribuzione ed eliminazione concorrono a questo accumulo. Un classico esempio è la tossicità renale del mercurio Hg++, o dell'Hg metallico (più lipofilo) per il cervello.
4E - Tossici Anionici
I composti che appartengono a questo gruppo sono numerosi (borato, fosfati, clorati, tiocianati, nitriti, nitrati...) e presentano elevata tossicità, ma sono poco "distribuiti" nell'ambiente. Noi si analizzerà due metodologie di analisi degli anioni che si basano sul contenuto gastrico, e che quindi presuppongono l'ingestione del tossico.
SEPARAZIONE PER DIALISI - (per separare sostanze cristalline da sostanze colloidi). La membrana dializzante è rappresentata da celloidina in solvente alcoolico (in un palllone di Erlenmeyer), solvente che va pian piano allontanato per permettere la formazione di una "borsetta" di celloidina. Essa, chiusa e riempita della soluzione da dializzare viene immessa in un becker contenente acqua fatta girare a "circuito chiuso": quando la sostanza permeabile giunge all' equilibrio tra dentro e fuori la borsetta di celloidina, allora si preleva l'acqua, la si fa evaporare e sul concentrato rimanente si va a riconoscere il residuo.
METODO RIEDERS & FRERE - si fanno precipitare le proteine (dal contenuto gastrico o altro) tramite (NH4)2SO4., si filtra e si leva l'ammonio solfato rimanente con etanolo; infine si centrifuga. Sulla soluzione limpida così ottenuta si ricercano i cationi, in maniera quali- e/o quanti-tativa secondo i procedimenti della chimica analitica.
Ricerca sostanze ossidanti (= anioni in genere) - gcc centrifugato precedente + difenilammina 1% in ac. solforico diluito => momentanea colorazione blu (reazione di Wurster, semichinone blu).
Ricerca persolfati, permanganati e cromati - gcc centrifugato + benzidina 2% in ac. acetico diluito => colorazione blu, gli altri anioni non danno colore.
Ipocloriti (dall'acido ipocloroso HClO) o clorati (dall'acido clorico HClO3) - sul contenuto gastrico neutralizzato gli ipocloriti danno, con la cartina amidoclorurata, la reazione:
ClO- + 2I- (cartina) + H2O => Cl- + I2 (blu) + 2 OH- 3I2 + 6 OH- <=> 3 IO- + 3 H2O + 3I-
La seconda reazione*, che porta alla perdita di I2, rende la prima non quantitativa. I clorati danno il colore blu solo in soluzione acida, secondo la reazione:
ClO3- + 6I- + 6 H+ => Cl- + 3I2 + 3H2O
Inoltre, trattando il centrifugato con anilina in ac. solforico conc. (che va in fondo) all'intrerfaccia con il cnetrifugato, che stà sopra, si ottiene un colore blu. * in realtà è un saggio per distinguere ipoclorati da clorati
Nitriti (dall'acido nitroso HNO2) - centrifugato + ac. solfanilico + alfa-naftilammina, entrambi in acido acetico => colore rosso (formazione sali di diazionio).
Borati - il boro sottoforma di sodio borato o acido borico viene introdotto nell'organismo con frutta e verdura, o può essere assorbito tramite la cute, specialmente se danneggiata. Causa depressione del SNC (nel quale si può accumulare) e disturbi gastrici. Viene riconosciuto aggiungendo al centrifugato di prima alcune gocce di sostanza di sostanza carmimica in ac. solforico conc. => colore viola.
Tossicologia di alcuni anioni tossici - Potassio Bicromato K2Cr2O7 - è tossico sia l'anione bicromato Cr2O7= (cardiotossico) sia lo ione Cr+6 (vedasi prima).
4F - Tossici Organici non Volatili solubili in acqua e/o etanolo
Questo è il gruppo, tra quelli presi in considerazione, più numeroso. Oltre agli oppiacei (detti anche oppiati) infatti contiene anche insetticidi, stupefacenti ecc. Noi ci soffermeremo però sugli oppiacei. Data la vastità di questo gruppo, non esiste un unico metodo di ricerca che comprenda tutti i componenti della classe "F". Ci sono comunque numerosi saggi (da farsi direttamente sul materiale organico) che aiutano ad escludere alcune sostanze e ad indirizzare verso altre.
Estrazione dei tossici organici non volatili dal materiale organico (questi tossici, che sono acidi o basici, nell'organismo si trovano sotoforma di sali solubili, o se vengono assorbiti in foma non salina vengono poi salificati) . Scopo:
- identificazione gruppo d'appartenza - identificazione singola sostanza - dosaggio della singola sostanza
Innanzitutto per ottenere quantità sufficienti di tossico si sfrutta il coefficiente di ripartizione, tra solventi polari ed apolari (i sali sono idrosolubili e pochi sono liposolubili = solubili in solventi organici, il contrario avviene per le forme acide o basiche non salificate). Quindi, acidificando il materiale di partenza otterrò acidi in forma HA; liposolubili. Basificando otterrò basi in forma B, liposolubili.
Questo concetto teorico in pratica viene affiancato a numerosi protocolli intesi ad ottimizzarlo (omogeneizzazione materiale biologico, scelta opportuna delle condizioni operative: solvente, pH, temperatura - di norma < 60°C per evitare il dannegiamento del tossico - ppt delle proteine tramite acidificazione o EtOH o ammonio solfato..., eliminazione dei grassi condensandoli a bassa temperatura...). Dopo l'applicazione delle tecniche estrattive bisogna spesso ricorrere ad ulteriori tecniche di analisi tipo gas-cromatografia o altro.
Tecniche estrattive
Metodo di Stas & Otto - (J.S. Stas, nato nel 1813, fu prof. di chimica a Brussel e invento' l'omonimo metodo d'analisi; F.J. Otto fondò l'Istituto farmaceutico di Braunschweig ed a lui si devono le modifiche apportate al metodo di Stas; ulteriori modifiche sono state apportate da Jackson). Questo metodo è ancòra valido, e la sua validità è da ricercarsi nella sua capacità di separere i tossici e anche nel fatto che è applicabile alla separazione di tossici per quel tempo ancòra sconosciuti. Sfrutta la proprietà dell' EtOH di solubilizzare gli alcaloidi e di precipitare le proteine.
200 g di omogenato d'organi, acidificato + EtOH, a b.m. a 60 °C x 1h. Raffreddo, filtro e per distillazione sottovuoto elimino l'EtOH. La massa ottenuta va trattata con aggiunte successive di EtOH assoluto a caldo. Se il residuo appare ancòra contenente grassi (granuli) si ripete l'estrazione con EtOH, che va eliminato come già visto sottovuoto.
Si estrae il residuo con acqua acidulata, si lascia sedimentare a freddo per separare gli ultimi grassi presenti e si filtra. Il filtrato viene estratto con etere etilico => fraz. A, che viene seccata con Na2SO4 e con distillazione sottovuoto. Il residuo di A (ESTRATTO ETEREO ACIDO, contenente tutti i tossici organici non volatili, acidi o neutri) viene portato in soluzione con appositi solventi a seconda delle analisi da fare.
La porzione di filtrato che non era stata estratta viene basificata, estratta con etere etilico => fraz. D, che viene seccata con Na2SO4 e con distillazione sottovuoto. Il residuo di D (ESTRATTO ALCALINO, contenente tutti i tossici organici non volatili, basici; ad eccezione delle basi fenoliche*) viene portato in soluzione con appositi solventi a seconda delle analisi da fare.
* tipo morfina, che durante la basificazione è diventata sale solubile in acqua. Allora sulla porzione di filtrato, che rimane dopo l'estrazione con etere etilico per formare D, si acidifica a caldo, si raffredda e si alcalinizza e si estrae con cloroformio ed ispropanolo. Si secca con Na2SO4 e corrente d'azoto. Il residuo di ESTRATTO CLOROFORMIO-AMMONIACALE, contente le basi fenoliche viene portato in soluzione con appositi solventi a seconda delle analisi da fare.
Difetti del metodo Stas & Otto: dispendioso in quanto si usa molto solvente, di lunga effettuazione, dà estratti non molto puri e quindi talvolta necessitano di cromatografia per un'ulteriore separazione.
Metodo di Daubney & Nickolls - metodo riservato agli alcaloidi esclusa la morfina- si preleva un campione triturato, si aggiunge acido acetico diluito e si scalda, si aggiunge (NH4)2SO4 fino a soluzione satura di esso; così precipitano le proteine. - la soluzione filtrata viene basificata ed estratta ripetutamente con cloroformio, CHCl3. - gli estratti vengono filtrati e ri-estratti ripetutamente con acido solforico e poi con acqua. - infine si filtrano e si basificano e si estraggono di nuovo ripetutamente con cloroformio - infine si filtrano: essi contengono tutti gli alcaloidi eccetto la morfina.
Metodo di Daubney & Nickolls modificato per la morfina - si preleva un campione triturato, si aggiunge acido acetico diluito e si scalda, si aggiunge (NH4)2SO4 fino a soluzione satura di esso; così precipitano le proteine. - la soluzione filtrata viene basificata ed estratta ripetutamente con cloroformio ed etanolo. - per evaporazione dei solventi si ottiene la morfina.
Metodo di Curry - (va bene per esempio per barbiturici, morfina, cocaina...) - Trattasi di un altro metodo di estrazione in continuo. Nel pallone A si pone il campione macerato in alcool, e si aggiunge etanolo 95° fino a che si raggiunga l'altezza del sifone che porta nella beuta B, nella quale c'è etanolo assoluto. In questo modo il supernatante da A fluirà verso B e lì nell'etanolo assoluto le eventuali proteine estratte precipiteranno. In questo modo non potranno raggiungere il pallone di distillazione C, parzialmente riempito di etanolo 95°.
L'etanolo nel pallone C viene fatto bollire sottovuoto a 30°C. Evapora, viene fatto condensare dal refrigerante e cade nel pallone A tramite un opportuno raccordo. Lì estrae i tossici dal campione e sol sifone va nella beuta B; contemporaneamente si ottiene una concentrazione dell'estratto nel pallone C: dopo 6 ore nel pallone C rimangono solo i tossici.
Metodo di Feldstein & Klendshoj - il campione di tessuto o di liquido viene acidificato e distillato in corrente di vapore (il distillato può venir usato per ricercare i tossici volatili). - il residuo della distillazione (acido, contiene proteine coagulate ed una soluzione dei tossici non volatili estratti dal tessuto) viene filtrato. - la soluzione filtrata si immette nel pallone A di estrazione, estrazione che avviene tramite ebollizione in cloroformio - la fase cloroformica, contenente i tossici estratti, passa nel pallone B, dove il cloroformio viene fatto evaporare, poi condensare e ricadere in A e si rocomincia il ciclo. - Infine si allontana il cloroformio e si seccano i tossici estratti riscaldandoli a bagno maria e con sodio solfato anidro. Si ottengono così alcune sostanze acide (barbiturici, salicilati...) e anche alcune basiche (caffeina...)
Uteriori procedimenti permettondo di ottenere, dalla soluzione acquosa in B dopo allontanamento del cloroformio: alcaloidi e altre sostanze basiche ad eccezione della morfina.
la morfina si ottiene con ulteriori procedimenti dalla soluzione nel pallone A.
Inconvenienti: le alte temperature di distillazione possono danneggiare alcuni tossici; la precipitazione delle proteine può sequestrare alcuni tossici; infine i tossici insolubili in acqua non vengono rivelati.
Metodo al tungstato - per sostanze acide omogenato d'organi + tungstato + acqua, si omogeneizza. Si aggiunge sodio bisolfito e si scalda fino a ppt delle proteine, si filtra, si raffredda e si estrae secondo la tabella III.
Metodo della digestione acida - omogenato d'ogani + HCl diluito, si riscalda a b.m. per 1h. Raffreddo, filtro e sul filtrato eseguo l'estrazione secondo la tabella III.
Metodo della estrazione diretta con solventi organici (in grande volume per evitare emulsioni) su materiale biologico fresco - (soppiantato da cromatografia, spettrofotometria...): simile a S. & Otto:
- campione + HCl in inbuto separatore, estraggo con etere etilico = frazione A - basifico il residuo non estratto e lo estraggo con cloroformio = frazione D - disidrato e filtro A e D e le suddivido per analisi dirette o per la analisi secondo la tab. III.
Questo metodo non da grandi risultati per quei tossici che si legano a composti dell'organismo e che quindi vengono estratti in bassa %.
Tabella III - estrazione per tossici oranici non volatili
1) Estrazione diretta da materiali biologici (sangue, urine, omogenati, bile...) acidificazione
1 variante) Deproteinizzazione da materili biologici (sangue, urine, omogenati, bile...) trattamento Stas/Otto, Feldstein e Klendsoj, Daubney e Nickolls...
2) si è ottenuto così il filtrato acquoso acido. Il filtrato acquoso acidosi estrae con etere, si ottiene 3) e 4).
3) frazione eterea acida, contiene tossici acidi e neutri solubili in etere, si può dividere in: tossici acidi forti tossici acidi deboli (fenoli et al.) tossici neutri
4) frazione acquosa acida, viene basificata ed estratta con cloroformio, si ottiene 4a) e 4b)
4a) frazione cloroformica basica, contiene tossici basici solubili in cloroformio si può suddividere in: tossici basici i cui sali sono solubili in cloroformio tossici basici NON anfoteri tossici basici anfoteri
4b) frazione acquosa basica, contiene tossici basici idrosolubili e tossici insolubili in etere ed in cloroformio
Oppiacei: oppio, derivati di semisintes
e di sintesi (analgesici narcotici)
Farmacotossicologia degli oppiacei - gli oppiacei vengono bene assorbiti per via orale o per iniezione (i.m., s.c.). La codeina i.m. per esempio raggiungono il picco plasmatico in 1-2 ore. Gli oppiacei si distribuiscono in tutti i compartimenti corporei, ma si accumulano specialmente in fegato, reni, milza e polmoni, organi deputati alla loro trasformazione/eliminazione (in primis il fegato).
La principale via di biotrasformazione degli oppiacei è la loro coniugazione con acido glucuronico, il coniugato poi viene eliminato per via renale (90% dose in 24h).
Gli effetti principali degli oppiacei (quanto detto qui sotto vale in particolare per la morfina) sono a carico del SNC (analgesia, sonnolenza, depressione centri del respiro)
Il classico quadro clinico da intossicazione acuta da oppiacei è: coma + pupille ristrette + ipotensione e bradicardia + diminuita motilità intestinale + depressione respiratoria con edema, letale. In caso di ipossia le pupille possono essere non ristrette. Possono aggiungersi, a seconda delle dosi, euforia, apatia, analgesia, convulsioni, variazioni repentine della temperatura, prurito.
In caso di intossicazione cronica (che da dipendenza prima "psichica" e col tempo fisica, e tolleranza diretta o crociata con altri oppiacei: ma l'azione di depressione respiratoria non dà assuefazione!!!) si hanno aritmie, edema periferico e tromboflebiti, nonchè depressione del sistema immunitario. Dopo 30 ore dall'ultima somministrazione iniziano a manifestarsi i sintomi della crisi di astinenza primaria (piloerezione, sudorazione, crampi, vomito e diarrea, confusione mentale, insonnia, crampi muscolari...), seguita dalla crisi di astinenza secondaria (ansia, depressione, desideri di altre dosi... e può durare anche un anno).
La codeina ha azioni simili ma più blande in confronto alla morfina, viene usata come antitosse. Viene comunque assorbita per via orale meglio della morfina. Necessita di alte dosi per ottenere effetti paragonabili a quelli della morfina, e quindi il suo uso come stupefacente è scarso.
Trattamento contro l'intossicazione da oppiacei - si sostiene il sistema cardiovascolare e respiratorio, successivamente si agisce con antidoti: il carbone attivo che lega gli oppiacei può essere utile. Manovre semplici ma efficaci (dato che gli oppiacei rallentano motilità gastro-intestinale) sono la lavanda gastrica e/o l'uso di purganti.
Contro l'avvelenamento acuto si usa l'antagonista naloxone per infusione continua e.v. (a differenza degli antagonisti precendenti non ha alcuna azione stupefacente o di depressione respiratoria). Lo si usa a dosi di 1.2 mg per un adulto, ha rapido inizio d'azione e la terapia continua fino a scomparsa dei sintomi. Avendo esso breve semivita in confronto agli alcaloidi si effettua spesso l'infusione continua per il tempo necessario.
Ricerca chimico-tossicologica su materiale biologico degli oppiacei e in particolare della morfina*, e della codeina** (metodo alternativo a quello di Daubney & Nickolls modificato per la morfina , vedasi prima)
- liquido biologico + NH4+ solfato (soluz. satura) + gcc HCl conc. + standard interno nalorfina - si scalda fino ad idrolisi del glicuronato di morfina, si filtra e si tiene la soluzione - la soluzione, che non ha proteine, viene basificata ed estratta con cloroformio/ispropanolo - si lavano gli estratti con Na borato, si acidifica, si basifica e si aggiunge NH4+ solfato - estraggo con cloroformio/ispropanolo e tratto opportunamente (derivatizzo, riduco il volume...) per sottoporre a gas-cromatografia o altro. Parallelamente faccio tutto ciò su sangue o urine contenente quantità note di tossico, per avere dei riscontri.
* la morfina è il principale metabolita dell'eroina ** l'acetil codeina è sepre presente, nell'eroina impura o "eroina da strada", così la codeina ritrovabile nelle urine di chi ha assunto eroina impura deriva dalla acetilcodeina presente nella eroina da strada
Se il rapporto eroina/acetil codeina nella polvere spacciata rispecchia il rapporto morfina/codeina nelle urine allora significa che il suggetto ha assunto eroina, e non morfina! Ciò è utile per capire se un tossicodipendente ha assunto eroina o altro. Modus Operandi: - urine sottoposte ad idrolisi acida + basificazione + estrazione con etere etilico + TLC o altro.
Ricerca chimico-tossicologica degli oppiacei su materiale non biologico
- materiale non biologico + si acidifica e si filtra e si estrae la soluzione con etere etilico per eliminare eventuali sostanze organiche o fenoliche o neutre solubili in solvente organico - si basifica la soluzione e si estrae con cloroformio ed etanolo, si concentra e si sottopone ad analisi TLC (reattivo cloroplatinico o di Dragendorf rivelatori) o gas-cromatografia: quest'ultima tecnica è necessaria, unita ad un adeuato standard interno, per una determinazione quantitativa.
L'oppio e' una sostanza che deriva dal lattice delle capsule del Papaver Somniferum, lattice che contiene anche resine, proteine, tannini ed acidi organici coi quali gli alcaloidi salificano: ac. lattico, acetico, solforico, fosforico, meconico... Il papavero e' noto dall'antichità (sumeri, egizi, cinesi, greci romani, arabi; nel medioevo entra tra le piante medicinali). Viene coltivato, entro una certa latitudine, nel vicino e lontano oriente nonchè nella penisola balcanica. La semina è a settembre, dopo tre mesi la pianta è matura, e due settimane dopo la fioritura si puo' raccogliere il lattice. Il Papaver Somniferum è una pianta annuale con radice a fittone, alta fino a 2 m e con foglie alterne ellittiche e glabre. Il fiore ha 4 petali, è bianco, rosa o viola. Esiste anche il Papaver Setigerum, che produce morfina.
Il lattice del P. Somniferum all'aria si rapprende e imbrunisce. Viene raccolto in pani che col tempo induriscono, e se rotti appaiono neri lucidi nel punto di rottura.
L'oppio è definito dalla Farmacopea Internazionale come "lattice essicato proveniente dall'incisione delle capsule ancora verdi ma a pieno sviluppo del Papaver Somniferum L. (Linneo)".
L'oppio grezzo invece e' definito (dagli accordi internazionali del 1925 / 31) come "succo coagulato, proveniente dalle capsule del Papaver Somniferum, che abbia subìto solo confezionamento e trasporto, qualunque sia la sua % in morfina".
L'oppio officinale e' definito (dagli accordi internazionali del 1925 / 31) come "oppio che abbia subìto le lavorazioni necessarie per l'uso medico: polvere o granuli, miscuglio con eccipienti varî ecc."
Alcaloidi dell'Oppio - Esistono due classi: gli alcaloidi a nucleo fenantrenico che hanno propietà stupefacente (morfina, codeina...) e quelli a nucleo benzil-isochinolinico, che hanno altre proprietà farmacologiche (papaverina, narcotina...).
Estrazione degli Alcaloidi - i pani d'oppio frantumati (pannello A) sono estratti con acqua a 25°C, velocemente in modo da impedire ai sali della narcotina di passare in soluzione. Nonostante ciò un 25% di narcotina viene estratta insieme agli alcaloidi di interesse farmacologico (soluzione B). Essa può rendere difficoltosa la separazione degli altri alcaloidi. Il pannello A rimanente viene acidificato per portare in soluzione e separare la narcotina, che poi viene fatta precipitare con ammoniaca.
La soluzione B viene scaldata per far coagulare le impurezze e poi con carbonio animale e CaCl2 si fanno precipitare solfati, fosfati e meconati di:
codeina morfina narcotina papaverina tebaina;
filtrando si ottiene il pannello C e la soluzione D contenente gli alcaloidi sottoforma di cloridrati. Facendo evaporare si ottengono cristalli di cloridrato di morfina e codeina (pannello E). Basificando il pannello E con ammoniaca si ottiene la precipitazione selettiva della morfina (pannello G) mentre in soluzione rimane la codeina (soluzione H) .
L'evaporato della soluzione D diviene la soluzione F, che basificata con ammonica da un precipitato (pannello I) e una soluzione L contenente narceina. Trattando il pannello I con KOH si ottiene il pannello M (narcotina, che viene estratta e separata con acido e poi fatta ppr basificando) e la soluzione N. La soluzione N, neutralizzata con acido acetico e aggiunta di Pb acetato dà precipitazione del pannello O (papaverina) mentre rimane in soluzione (P) la tebaina. Aggiungendo scido solforico libero la tebaina da Pb (ppt Pb solfato) e basificando ottengo la tebaina.
Il pannello O viene trattato con EtOh bollento così da liberare la papaverina dall'acetato basico. Facendo evaporare l'etanolo e trattando con acido ossalico si ottiene la papaverina cristallizzata sottoforma di ossalato.
Nell'industria si usa una via di mezzo tra questo metodo e altri di tipo estrattivo e cromatografico.
Analisi dell'Oppio - una volta riconosciuto l'oppio tramite le sue caratteristiche organolettiche e morfologiche e tramite le varie reazione della Farmacopee, si passa ad analisi più specifiche.
- oppio grezzo + oppio estratto + oppio tintura; si scalda a 60 °C in alcool 70°, si raffredda e si porta a volume con alcool 70°. Si effettua TLC, avendo preparato delle soluzioni a [ ] nota di riferimento. Il reativo rivelante può essere il cloroplatinico o quello di Dragendorf. E' possibile poi estrarre la morfina (e anche altri alcaloidi) dall'oppio (con tecniche simili a quanto detto per l'estrazione da materiale biologico) ed analizzarli anche quantitativamente tramite gas-cromatografia, avendo cura di preparare anche degli standard da oppio F.U.
Derivati di Sintesi (analgesici narcotici) - Queste sostanze sono state sintetizzate recentemente (uso nella II° guerra mondiale: necessità analgesici non stupefacenti). Esempi sono:
Meperidina: '39, attività analgesica atropino-simile, è tossica. E' ben assorbita per tutte le vie: picco ematico dopo ingesitione 1.5h, 2h dopo somministrazione e.v. E' legata al 40% alle proteine plasmatiche. 2h dopo il picco è gia stata eliminata in buona% (I° ordine) tramite metabolismo epatico ed altro (metabolita: ac. nor meperidinico).
Pentazocina: attività oppiaceo-simile ed allo stesso tempo è un loro debole antagonista
Metadone: '45, simile per azione alla morfina ma con struttura diversa. Ha struttura ciclo - pseudopiperidinica, necessaria sembra all'attività oppioide. E' ben assorbito per os (picco ematico: 4h). E' legato all'80% alle proteine plasmatiche. Avendo una lunga emivita è usato nello svelenamento da morfina o eroina.
Tossicologia specifica dei derivati di Sintesi - Non sono usati molto come droghe d'abuso; le dosi sono simili a quelle della morfina (talvolta più elevate: meperidina).
Ricerca chimico-tossicologica - sul materiale biologico: si usano i metodi della ricerca dei tossici non volatili ("4F") precedute da idrolisi acida per separare i tossici dalle proteine plasmatiche. Su soggetti vivi si estraggono i tossici dall'urina, poi si fa gas-cromatografia, UV o altro come per oppiacei.
Derivati di semisintesi: eroina...
L'eroina: si tratta della sostanza stupefacente più usata nel mondo. E' molto tossica: circ 5 volte la morfina. Dà dipendenza e sindrome da astinenza (simile a quella degli oppiacei ma più grave) in brevissimo tempo. Essendo una sostanza dalla quale ricavare il "numero massimo di dosi" per la vendita sul mercato dell'illecito, l'eroina è stata "tagliata" in vari modi. Ricordiamo il "brown sugar" degli anni '70 da Hong Kong, prodotta così:
- diacetilazione della morfina proveniente dall'oppio (da queste diacetilazioni "artigianali") si ottenevano in percentuali non trascurabili anche altri sottoprodotti di sintesi. - aggiunta di caffeina e stricnina per contrastare la depressione respiratoria dovuta alla eroina (in oriente la si inalava). Ora l'uso di stricnina è quasi scomparso essendo anche mutata la via di somministraziuone (ora e.v.) - granulazione del prodotto
In generale, nella eroina da strada si possono trovare anche: - adulteranti (procaina, lidocaina, caffeina...) - diluenti (zuccheri vari...) - chinina (presente negli USA ma rarissimamente in Italia)
Le dosi d'uso variano da 100 a 300 mg/die. La morte per overdose (la causa del decesso è da attribuirsi sempre all'eroina e non agli accipienti ed adulteranti) ha le stesse caratteristiche di quella da morfina o oppiacei in genere. Può essere dovuta all'assunzione di una dose maggiore di quella che si può sopportare (overdose assoluta) o dell'assunzione di una dose cui si era abituati un tempo, prima che ci si detossificasse (overdose relativa). Inoltre ci sono casi in cui il soggetto muore dopo la prima assunzione di una dose letale eroina (morte da prima assunzione). Nell'organismo l'eroina (che viene rapidamente metabolizzata a morfina, responsabile delle azioni tossiche) riesce a passare molto bene nel SNC (è più lipofila della morfina) cosicchè essa agisce potentemente sull'attività mentale del soggetto.
La Canapa Indiana
Pianta nota per le sue proprietà fin dai tempi antichi (2000 a.C. Cina, India, Medio Oriente, Africa, Europa). Nel 200 a.C. è nota agli Assiri, se ne parla anche nell'Odissea. Era inizialmente usata dai sacerdoti, poi si passò all'uso voluttuario. Fu denominata cibo di dio, foglia eroica... L'uso della cannabis divenne così vasto che dal XII° secolo vennero emanati degli editti, da parte delle autorità religiose islamiche, che ne vietavano l'uso. Successivamente fece lo stesso Napoleone.
Esistono vari tipi chimici di cannabis, spontanei o coltivati, tutti riconducibili alla Cannabis Sativa L. (1753, classificazione by Linneo). Precedentemente diverse morfologie avevano suggerito l'uso di differenti nomi (cannabis indiana, messicana, americana...). E' importante anche l'uso della canapa per ottenere fibra tessile.
La Cannabis Sativa è una pianta erbacea, alta circa 2m, genere Cannabacee, famiglia Maracee; originaria dell'Asia centrale. Si presenta in due varietà fenotipiche, maschile (figura sopra) e femminile (figura sotto). Di essa, per ottenere i principî attivi, si usa la resina o le foglie. I fiori maschili sono riuniti in grappoli, quelli femminili sono più grandi e a spiga. Nel caso la si coltivi (India, Pakistan, Caucaso, Arabia, Persia, Siria, Marocco...) per ottenere la resina sarà opportuno trattare il terreno (ararlo, formare solchi di profondità e distanza specifica...: la fecondazione della pianta femminile ne diminuisce il contenuto in principî attivi.). La coltivazione in zone climatiche diverse da quelle caldo-temperate e/o tropicali dà piante più povere in principî attivi.
Chimica della cannabis - il pricipi attivi sono del tipo TetraHydroCannabinolo (THC) e simili, presenti solo in questa pianta. Hanno 21C e strutture caratteristiche necessarie per l'attività (struttura ciclica, grupopo fenolico, doppi legami, catena laterale alchilica). I THC più rappresentativi sono:
¥ delta1-THC, struttura monoterpenica ¥ delta9 e delta8-THC (detto anche delta6) , struttura dibenzopiranica (isomeri col = in diversa posizione). NB: il delta9, + attivo, tende a divenire delta8, - attivo (con basse temp. si rallenta la reazione) ¥ altri, tra cui l'acido THCico. Le piante "fresche" hanno > % di questo acido, che col tempo tende a decarbossilarsi (col fumo) a delta9 e delta8-THC. Piante immature hanno < % di ac. THCico, e quindi poi origineranno una più bassa % di cannabinoidi. In più è possibile decidere se una pianta giovane (e quindi in quel momento povera in cannabinoidi e quindi NON classificabile tra gli stupefacenti) diverrà o no, una volta giunta a maturazione, stupefacente. Definendo (con THC = TetraHydroCannabinolo, CBD = CannaBiDiolo e CBN = CannaBiNolo)
Rapporto Fenotipico = % THC + % CBN % CBD
Se RF > 1 la pianta diverrà stupefacente, altrimenti no (= cannabis da fibra).
Si tratta sempre di composti levogiri, mentre solo il cannabicromene è stato trovato in racemo. Esistono poi altri composti, ma in quantità trascurabile (terpeni, cere, olî essenziali, alcaloidi quali muscarina, cannabamine A, B, C, D, e altri tipi di molecole). il THC con doppio legame tra C3 e C4, molto attivo, ed anche altri, sono ottenibili per via sintetica.
Preparazione - dalla pianta cannabis si ottengono varie preparazioni più o meno attive. L'attività fa sempre riferimento alla % di THC (tetraidrocannabinolo) presente, con altri principi attivi ritenuti però non stupefacenti, nella cannabis.
attività alta - Hashish - è la preparazione con [ ] massima e quindi con massima azione. Deriva dalla resina pura proveniente dai fiori, lavorata in forma di bastoncini, tavolette o altro. I colori del prodotto ed il loro confezionamento variano a seconda del luogo di origine: hashish dorato da Acapulco, il migliore; hashish verde dal Mexico, il più comune...). Esiste anche la variante sottoforma di olio, talvolta aggiunto alla canapa da fumare.
attività media - Ganja - omogenato di resina e fiori + talvolta tabacco. Principi attivi 3%.
attività bassa - Bhang - equivale alla marijuana; è una bevanda (decotto). E' usato in India.
attività bassa - Marijuana - questa preparazione è formata da diverse parti della pianta (fiori, foglie, gambi...+ talvolta tabacco e giosquiamo) e quindi può avere diverse % di principî attivi. L'efficacia dipende anche dai tipo di pianta: si passa dalla cannabis thailandese (5%) a quella messicana (1.2%) passando per la Jamaica (2%).
Esistono poi mix varî di diverse parti in diverse %: Kiff, dhag... Il metodo di assunzione è quasi sempre il fumo in quanto la comparsa degli effetti è molto veloce e l'assorbimento è migliore rispetto a quello che si ha con la ingestione.
Farmacotossicologia - La tossicità della Cannbis è funzione di molti fattori: dose, rapporto delta8 THC / delta9 THC, via di somministrazione, frequenza d'uso (tolleranza), condizioni psicofisiche del fumatore, variabilità personale, presenza di altri farmaci (sinergia con cocaina ed amfetamine, antagonismo con barbiturici...). La dose minima efficace è 15 mg THC per inalazione, 40 per ingestione. I danni da uso di cannabis riguardano più l' "abuso" che l' "uso".
La dose minima per ottenere degli effetti piacevoli (stimolazione intelletto, minor controllo di sè, appetito, luci e suoni appaiono meravigliosi... questi effetti sono preceduti però da un periodo di malessere ed angoscia, ipertensione specialmente se il soggetto non è abituato all'uso) è 20 mg se inalati, 40 mg ingeriti (gli effetti in questo caso necessitano di tempi più lunghi per manifestarsi). Dopo 2h subentra il sonno, ed al risveglio i ricordi degli avvenimenti sono deboli. In 4-8 ore (dipende dalla via di somministrazione) l'organismo si riprende. Sintomi di uso prolungato sono un deposito di pigmento giallo nella congiuntiva, unito all'arrossamento della stessa
Dosi > di 120 g inalati (240 ingeriti) danno in ogni caso agitazione, iperattività e allucinazioni ottiche ed uditive, delirio, proporzionali alla dose. Inoltre si ha diminuzione delle secrezioni, aumento dell'appetito, ipertensione, aumento della frequenza cardiaca, aritmie, depressione del respiro e talvolta collasso cardiocircolatorio. Infine debolezza, tremori, ansia ed agrgressività (alcuni effetti simi a quelli che si ottengono con l'LSD possono forse essere spiegati con analogie strutturali e quindi di fnzione tra i due tossici).
Esperimenti su animali hanno dimostrato che l'uso di Cannabis modifica l'attività elettrica del cervello e il rapporto RNA/DNA e l'equilibrio di noradrenalina, acetilcolina e di altri neurotrasmettitori. Non sono stati dimostrati, ancòra, alterazioni genetiche.
Per quanto riguarda l'itossicazione acuta (DL 30 mg/Kg per via, inalatoria), essa è difficile che accada, anche se è questo rischio è possibile con preparazioni concentrate, quali l'olio di hashish.
La cannabis non è inclusa tra le "droghe pesanti", da manifestazioni tossicologiche di tipo psico-dislettico (distorsione dell'attività mentale). Volendo applicare l'arbitraria distinzione tra dipendenza fisica e dipendenza psichica, si può affermare che la cannabis induca dipendenza solo psichica (non dà forti crisi di astinenza). A dire la verità però, questo modo di intendere, che effettua una netta distinzione tra corpo e mente, non è più sostenibile.
Ricerca Chimica Tossicologica della Cannabis
Su materiale biologico - ricerca resa non agevole dalla tossicocinetica dei THC (scarsa eliminazione, e sottoforma di metaboliti probabilmente coniugati). Il fine principale è detrerminare se un soggetto ha assunto o no tale sostanza: la ricerca si fa asportando dei residui del "fumo" dalle dita e dalle unghie. Nei rari casi di intossicazione acuta si procede ad estrazione diretta dei tossici dalle urine con etere di petrolio, che va poi evaporato. Segue cromatografia.
Su materiale non biologico - sui residui non fumati o su oggetti usati per fumare, che vanno frantumati ed estratti con solventi, poi si centrifuga. Oppure si agisce sulla pianta o sulla resina ecc, a seconda dei casi. Della pianta si può studiare la morfologia, per il riconoscimento, e si può anche, come nel caso precedente, procedere all'estrazione. Gli estratti vanno concentrati e sottoposti a TLC su gel di silice. La TLC può essere di ripartizione o di assorbimento (si usano diversi solventi per impregnare le piastrine della TLC).
Reattivo rivelante dei cannabinoidi su TLC è il F-BBS (Fast-Blue B Salt: complesso dello Zn + derivato anilina) in ambiente basico, sensibile anche a basse [ ] di tossici, e inoltre dà diverse colorazioni con alcuni diversi cannabinoidi (TetraHydroCannabinolo, CannaBiDiolo e CannaBiNolo) . Per analisi quantitative si ricorre poi alla gas-cromatografia. Modus Operandi:
Dopo aver sottoposto la pianta o suoi derivati ad estrazione con etere di petrolio si centrifuga e si porta a secco l'estratto in corrente d'azoto. Si tratta con alfa-colestano e si sottopone a gas-cromatografia. Si preparano poi 9 standards di controllo (THC, CBD e CBN, ognuno a 3 [ ] note e addizionate della stessa quantità di alfa-colestano.
Piccoli volumi di estratto possono essere seccati e sottoposti a reazioni colorate, coi reattivi di - Beam 5g KOH + 100 ml EtOH => viola - Duquenois/Negm 0.4 g vanillina + 5 gcc acetaldeide + EtOH 95% q.b.a. a 20 ml => rosso
Gli Allucinogeni
Sono uno dei più vecchi tipi di droga conosciuti agenti sul SNC; alcuni allucinogeni (che non considereremo) non sono anche stupedacenti! Molti allucinogeni derivano dalle piante e sono conosciuti sin dall'antichità. La classificazione è difficile a causa della varietà delle azioni. Gli allucinogeni vegetali agiscono di solito a dosi più alte rispetto a quelli di sintesi. Queste sostanze non entrano a nessun titolo nel regolare circuito delle farmacie; si presentano sotto una moltitudine di forme farmaceutiche. Esempi di alluciniogeni vegetali, di sintesi e di semisintesi sono:
- dal cactus americano tipo peytol: si essica, si affetta il cactus e si estrae con EtOH. Poi si aggiunge acqua e si fa evaporare l'etanolo con distillazione sottovuoto. Si basifica con Na2CO3 e si estrae con cloroformio, per esempio. Si ottengono numerosi allucinigeni (naturali) feniletilamminici (tra i quali spicca la mescalina, sostanza oleosa bassofondente) ed TetraHydroChimolinici.
- da funghi sostanze allucinogene naturali di tipo indolico (psilocidina, psilocina...) chiamate "carne divina" note già agli Aztechi, ma anche ai popoli primitivi del nord Europa e nel sudest asiatico. Si essica, si affetta e si estrae con etanolo. Si elimina il materiale vegetale inerte (tramite cloroformio et. al.) e il rimanente, diluito in acqua, viene precipitato con EtOH assoluto. I diversi componenti possono poi essere divisi con cromatografia (il procedimento di estrazione risale al 1960).
- DMT - dimetiltriptamina, allucinogeno naturale - dalla Piptadenia Peregrina, ad Haiti o dalla Prestonia Amazonica (gli indios ne facevano una bevanda). Esiste poi la DET - dietiltriptamina, sintetica.
- LSD - dietilammide dell'acido lisergico (ma esiste anche la monometilammide e l'ammide semplice) - ottenuto per semisintesi da Stoll & Hoffmann nel '38 dall'acido L lisergico, il quale rappresenta il nucleo di base degli alcaloidi (es: ergotamina, '13 Stoll) prodotti dal fungo parassita claviceps purpurea quando esso infetta i cereali (usualmente la segale, che per la presenza del micelio incurvato del fungo viene detta cornuta).
- Esistono poi, tra le sostanze sintetiche, la dimetossi e trimetossi amfetamina (STP = serenità, tranquillità e pace), la fenilciclidina (polvere d'angelo) una volta usata in terapia, ma poi abbandonata per la sua attività di stimolatore del SNC.
Farmacotossicologia - gli allucinogeni sono sostanze agenti sul SNC capaci di causare allucinazioni ed altre alterazioni mentali simili a quelle degli stati psicotici spontanei (sono anche detti psicomimetici o psicogenetici, ma questi termini sono meno appropriati).
Gli effetti della assunzione degli allucinogeni sono variabili (psicologia del soggetto), ma in generale, dopo assunzione di (vedasi tabella successiva...)
¥ 35-70 µg di LSD (metabolismo principale: epatico, l'LSD si accumula nella bile) ¥ 3 mg di DOM (picco ematico in 20 min, accumulo nella bile, 20% eliminato in 24h, immodificato) ¥ 4 mg di fenciclidina (polvere d'angelo), eliminata al 60% in 12h con le urine, metabolizzata ¥ 20 mg di psylocibina (idrolisi del gruppo PO4= by fosfatasi alcalina nel tratto g-intestinale, si ottiene il metabolita attivo psilocina, che poi subisce deaminazione ossidativa ¥ 50 - 70 mg di DMT o DET, subiscono deaminazione ossidativa ¥ 350 mg per la mescalina, sostanza naturale (viene parzialmente eliminata per via renale)
...si ha:
1) dopo 20 min circa, malessere generale, nausea, vertigini. Dopo 1h si ha euforia o ansia.
2) trip (viaggio psichedelico): dopo 2 ore dall'assunzione. Dura 5-8 ore. Si hanno allucinazioni spaziali e visive (distorsione delle percezioni) con conseguente comportamento anomalo. Compare la sinestesia: il suono viene percepito come sensazione colorata; si alternano euforia ed ansia. Inoltre di ha la sensazione che una parte di se stessi diventi spettatore delle azioni dell'altra parte. Non è rara la tendenza al suicidio.
3) ripresa: dopo il trip si ha riavvicinamento alla realtà, con astenia. Il soggetto ricorda le illusioni provate, con senso critico. Successivamente stress fisici o psichici o l'assuznione di altri tossici possono favorire l'insorgere di flash-back (si rifà il trip senza assumere sostanza)
Gli allucinigeni non danno vera dipendenza, nè solitamente* tolleranza, semplicemente un trip piacevole può spingere a farne un'altro, un trip spiacevole no. L'abuso cronico dell'LSD (raro, i soggetti che lo praticano sono detti "acid heads") porta a schizofrenia, turbe della memoria ed altre distorsioni della psiche.
* tolleranza viene data da LSD, psylocidina e mescalina
Ricerca chimico-tossicologica:
su materiale biologico - essendo basici, gli allucinogeni vegono estratti da sangue, urine o bile con metodi relativi alle sostanze basiche. Problemi sono dati da quegli allucinogeni presenti in bassa [ ] (es: l'LSD dopo 4h dall'assunzione presenta una conc. pari a 0.001 µg/ml !). Si applica poi la cromatografia o la spettrofotometria U.V. (tecniche che si applicano anche all'analisi su materiale non biologico).
su materiale non biologico - a tale scopo dividiamo gli allucinogeni in tre classi: a struttura
¥ indolica derivabilii dall'ac. lisergico: dietilamide dell'ac. lis. = LSD, ... derivabili dalla triptamina: dimetiltriptamina, psilocina...
¥ feniletilamminica derivati del peytol: mescalina, ... sostanze derivabili dalle amfetamine
¥ piperidinica fenciclidina
Si opera nel modo seguente: il campione, polverizzato uniformemente viene acidificato con ac. solforico, diluito e filtrato*. Il filtrato viene quindi basificato ed estratto 3 volte con CHCl3-Isopropanolo 9:1. Si concentrano gli estratti (in corrente d'azoto o con distillazione sottovuoto). Si riprende il residuo con etanolo.
* se il supporto è cartaceo esso va spezzettato, aggiunto di acetone ed acido solforico ed infine lavato con EtOH per allontanare le sostanze acide o neutre estraibili con solventi organici.
Ricerca classe indolica - alcuni µl vanno messi su una carta da filtro; l'analisi UV a 360 nm, se da fluorescenza blu, rivela la presenza di LSD o derivati. Poi con un apposita sostanza rivelatrice, dopo riscaldamento, si ha colorazione blu ci sono sostanze a nucleo indolico. Se le due prove sono negative si esclude la presenza di questa classe. Se sono positive segue TLC su gel di silice con eluente etilacetato - benzene - metanolo - ammoniaca. Altre analisi quantitative, applicabili a tutte e tre le classi ma specialmente a quella degli allucinogeni indolici, sono la gas-cromatografia con standard interno e con precedente derivatizzazione (es: ricerca LSD come sililderivato), spettrofotometria U.V. o la spettrofotofluorometria.
Ricerca classe feniletilamminica- alcuni µl vanno messi su una carta da filtro; col reattivo cloroplatinico + ninidrina, si ha colorazione blu (basi di Schiff, o azometine) se ci sono sostanze di questa classe. Se ci sono sono segue gas-cromatografia** quali-quantitativa.
Ricerca classe piperidinica- alcuni µl vanno messi su una carta da filtro; col reattivo cloroplatinico si ha rivelazione della fenciclidina. Se la prova è positiva segue gas-cromatografia** quali-quantitativa.
** fase stazionaria polare, in isoterma oppure no, dipende dai casi. Può essere raccomandabile la derivatizzazione (es: con acetone a caldo => ottengo basi di Schiff se nella molecola ci sono gruppi -NH2).
La Cocaina
La cocaina è un eterociclico derivato del tropano. (un secondo gruppo di alcaloidi derivati dal tropano (alcaloide) include moélecole ad attività parasimpaticolitica, es: scopolamina. Alcaloidi derivati del tropano sono anche i tossici dell'Ammanita Muscaria).
La cocaina (coca = pianta (?) nella lingua degli indios) si estrae dalla foglie di un arbusto legnoso originario del sudamerica (Bolivia, Perù, Colombia) ma ora coltivato anche in oriente. Si sa che tra i primi ad utilizzare la cocaina sono state le antiche popolazioni autoctone del Sud America (es; Incas, per cerimonie religiose, e indios dell'amazzonia). Notizie di tale pianta furono portate in europa al seguito del ritorno di Pizzarro dalla sua spedizione nelle Americhe nel 1533. Comunque fino all'800 la coca era poco nota in Europa e raramente usata in terapia.
La pianta della coca esiste in diverse varietà selvatiche. La sua coltivazione si fa ancòra seguendo tecniche tradizionali. La temperatura dev'essere non elevata e l'altezza compresa tra 500 e 1500 m.s.l.m., con 12° - 24° di latitudine nord. Non si usano concimi, si semina a siepi. E' possibile prelevare le foglie dopo 3 anni dalla semina, e la pianta vive circa 20 anni. Le foglie vanno essicate e poi le si impacchetta con del cotone in balle di 30 Kg circa.
Nella zona di produzione si prepara la cocaina grezza trattando le foglie essiccate con H2SO4 dil. e poi con Na2CO3 per far precipitare gli alcaloidi. Dalla cocaina grezza così ottenuta si fa precipitare con EtOH ed HCl la cocaina cloridrato (la cocaina è meno solubile degli altri alcaloidi in EtOH).
L'etanolo immesso, che ha estratto vari alcaloidi, può essere distillato sottovuoto così da ottenere un residuo. Il residuo, trattato con acqua e Na2CO3 dà un ppt di benzoil-ecgonina, cinnammil-ecgonina, sottoforma di basi libere, che per idrolisi con HCl danno cloridrato di ecgonina che rimane in soluzione mentre gli acidi benzoico e cinnamico vengono eliminati. Il cloridrato di ecgonina viene trasformato per via chimica in cocaina.
Farmacotossicologia della cocaina - la principale attività è la capacità di bloccare la conduzione nervosa dopo applicazione locale. Agisce quindi come anestetico locale. E' l'unico anestico locale che agisca anche da vasocostrittore. Per questo, quando inalata cronicamente, causa ischemia del setto nasale. La cocaina (assumibile anche e.v.) come effetto sistemico ha azione di stimolazione del SNC che si manifesta con eccitazione, disibinizione, aumentata attività mentale e diminuito senso di fatica fisica. Chi fa uso di cocaina quindi è portato alla supervalutazione dell'io con conseguenti azioni pericolose. La dose tossica è 1.2 g, ma in casi di ipersensibilità (impossibilità di metabolizzare la molecola) anche 20 mg (dose per anestesia locale) possono risultare letali. Talvolta l'assunzione di cocaina è affiancato a quello di stupefacenti di tossici che mitigano l'effetto eccitante (es: morfina, eroina), questo metodo è chiamato "speed ball".
La cocaina subisce rapido metabolismo epatico (=> metil-ecgonina, benzoil-ecgonina, metilestere-ecgonina, ecgonina, nor-cocaina), e ciò porta il soggetto a ripetere spesso l'assunzione. Il picco ematico, dopo assunzione per via inalatoria, si raggiunge in un'ora, e nella seconda ora un'elevata % della dose viene eliminata. Non si sviluppa il fenomeno della tolleranza: quindi anche dopo un periodo di astinenza si può assumere grandi dosi senza il pericolo di iperdosaggio. Se si sviluppasse tolleranza, invece, dopo un periodo di astinenza ripredere improvvisamente con le dosi usate un tempo porterebbe ad intossicazione acuta, come avviene per gli oppiacei.
Ricerca chimico tossicologica
Su materiale biologico - su sangue e urine in vivo, sul tessuto epatico su cadavere. Si estrae secondo i dettami della chimica per quanto riguarda le sostanze basiche. Seguono TLC o gas-cromatografia, UV o IR, come per il materiale non biologico.
Su materiale non biologico - Spesso la cocaina in commercio viene adulterata per "aumentare la quantità vendibile" con "eccipienti" vari (amido, zucchero...), anestetici locali (difficilmete rilevabili in quanto simili: lidocaina...) o altri tossici meno costosi (amfetamine,...). Per riconoscere la cocaina e le altre sostanze aggiunte, si opera così:
- una soluzione di cocaina, resa basica con NaOH, viene estratta con etere. Poi la si fa evaporare, successivamente si va ad indentificare la cocaina. Su una soluzione alcolica della cocaina impura si può cercare gli altri principi attivi aggiunti.
- una soluzione di cocaina, in ambiente non neutro, viene estratta con solventi organici. Si concentrano gli estratti e si sottopongono a TLC su lastre di gel di silice con appositi eluenti. Dopo osservazione della lastra sotto raggi U.V. si può identificare la cocaina con indicatori di fluorescenza quali il reattivo cloroplatinico o p-cloro-dimetilamminobenzaldeide, utile anche al riconoscimento di eventuali altri anestetici locali aggiunti.
Solo l'intossicazione cronica dà lieve dipendenza fisica. L'intossicazione acuta causa danni al SNC, tachicardia, midriasi, nausea, convulsioni, delirio, coma e morte per arresto respiratorio.
L'Amfetamina e gli Amfetamino-simili
Fanno parte di questa classe numerose sostanze, tutte ad azione simpaticomimetica ma soprattutto di stimolazione del SNC. La maggior parte di loro hanno struttura derivante dalla feniletilammina, ma alcune sono strutturalmente diverse e sono dette amfetamino-simili perchè svolgono azione simile.
L'amfetamina - alfa-metil-feniletil-ammina (sintesi 1887) è la prima sostanza utilizzata in terapia simpaticomimetica (in racemo, 1935. In particolare l'enentiomero destrogiro ha maggiore stimolazione centrale, quello levogiro > attività periferica).
Altra molecola importante è la metil-amfetamina (sintesi 1916): più potente, più rapida e più duratura dell'amfetamina. Citiamo poi:
¥ 2 fenil 3 metil morfolina interessante per la sua stereochimica ¥ 2 fenil 3,4 dimetil morfolina (sintesi '56) ¥ prolintano ('57 studiando analoghi aperti della papaverina) ...
Farmacotossicologia: - inibizione attività MonoAmminoOssidasi - blocco re-uptake delle catecolamine nelle sinapsi - azione diretta sui recettori post-sinaptici delle catecolamine
Si ottiene così una stimolazione del SNC, variabile a seconda del composto chimico usato, ma tutto sommato "positiva" a piccole dosi (aumento dell'attenzione, riduzione fatica, euforia...). A dosi più alte o in seguito a trattamenti prolungati invece si ottengono effetti indesiderati: cefalea, vertigini, depressione, affaticamento, irritabilità, allucinazioni, panico, tendenza al suicidio... Si aggiungono poi anoressia, nausea, vomito, diarrea, ipotensione/ipertensione, dolori anginosi, convulsioni, coma e morte .
Per tutti gli amfetaminici il fenomeno della tolleranza è forte: ciò, unito ad una dipendenza psicologica, porta ad assumere dosi fino a 150 volte quella "terapeutica".
Il metabolismo delle amfetamine (para-ossidrilazione ed N-ossidazione) porta a composti che agiscono in sinergia con l'amfetamina stessa, specialmente in caso di assunzione continuata. La principale via di eliminazione è quella urinaria (il pH delle urine, se elevato, rallenta l'eliminazione). L'eliminazione inizia mezz'ora dopo l'assunzione; in 24h si elimina il 70% della dose (il 20% invariato). Eccezioni sono rappresentate dal metilfenidato e dal pipradolo, che sono eliminati più lentamente e subiscono metabolizzazione in maniera non ancòra totalmente nota.
Per quanto riguarda la metilamfetamina, essa viene bioattivata ad amfetamina e poi subisce metabolismo ed eliminazione come amfetamina. Per quanto riguarda la fentermina, subisce metabolismo ed eliminazione simila all'amfetamina. Per quanto riguarda il dietilpropione, esso viene metabolizzato in % molto alta, cosicchè nelle urine si ritrovano principalmente: fenil-(di)etil-amminopropanolo nor-pseudoefedrina
Il doping
Il termine doping, di origine incerta, sta ora a significare "assunzione di una o più sostanze che esalti artificialmente le prestazioni psicofisiche di un atleta". Al giorno d'oggi esiste una lista ufficiale di sostanze vietate nella pratica sportiva, tra di esse troviamo ad esempio le amfetamine.
Queste sostanze, che hanno attività psicostimolante e che innalzano la soglia della fatica fisiologica, sono da tempo utilizzate nello sport. La diminuzione del senso di fatica, che di per se è un meccanismo di protezione dell'organismo, rende il soggetto più vulnerabile a tutta una serie di fattori esterni ed interni (es: acidosi metabolica dovuta alla fatica).
Ricerche anti-doping (in particolare: amfetamine)
Su materiale biologico - si ricorre alle tecniche usate per le sostanze organiche non volatili basiche. E' da tener presente però che alcune delle sostanze usate come doping sono almeno parzialmente volatili: si potrà quindi usare anche la distillazione in corrente di vapore, o nel caso di estrazione diretta da plasma o urine con solventi (metodo spesso usato) si eviterà l'evaporazione totale del solvente stesso. Modus Operandi:
5-10 ml di liquido vengono basificate ed estratte con etere etilico. L'estratto, disidratato su Na2SO4 anidro, viene sottoposto a TLC, gas-cromatografia o analisi IR. poi a rivelazione con i metodi validi per la ricerca su materiali non biologici.
L'estratto basico etereo, se occorre sottoporlo a gas-cromatografia per ulteriori approfondimenti, deve essere purificato in questo modo:
- si aggiunge HCl diluito per solubilizzare in ambiente acquoso le sostanze come cloridrati - si conserva la fase acquosa e si elimina quella eterea - la fase acquosa va basificata ed estratta due volte con etere etilico, l'estratto viene disidratato e immesso nella colonna cromatografica (con standard interno). La gas-cromatografia può essere a fase stazionaria di tipo polietilenglicole, con polarità che varia da caso a caso. Talvolta è necessaria la derivatizzazione pre-colonna.
Su materiale non biologico - sul mercato clandestino si possono trovare diversi amfetaminici (o altro) più o meno adulterati con eccipiennti inerti o con altri principî attivi. Per l'analisi si procede alla solubilizzazione del campione in acqua, cui segue una estrazione come dalle urine. Si applicano poi le analisi viste per le urine.
In particolare, per la TLC si opera in questo modo:
- si può usare una piastra di cellulosa, e butanolo come eluente - rivelatore: bromo-cresolo (verde). Questo indicatore non modifica la sostanza e quindi la si può poi "riutilizzare" per altri tipi di analisi. Oppure:
- si può usare gel di silice, con eluenti fatti da miscele binarie, ternarie, quaternarie - rivelatore: ac. cloroplatinico o ninidrina + reattivo di Dragendorff
Cenni sulla ricerca di altre sostanze:
Salicilati
Test diretto sulle urine per verificare la loro presenza - urine + FeCl3, se ci sono i salicilati si otterrà una colorazione violetta dovuta alla formazione di un complesso (il colore varia al variare del pH). Test diretto sul sangue per verificare la loro presenza - plasma + Ferro(ico) nitrato, se ci sono i salicilati si otterrà una colorazione porpora dovuta alla formazione di un complesso.
Fenotiazione
Test diretto sulle urine per verificare la loro presenza - urine + reattivo FPN (cloruro ferrico, acido perclorico, acido nitrico), se ci sono le fenotiazine si otterrà una colorazione rosso-rosa-violetta.
Antidepressivi
Test diretto sulle urine per verificare la loro presenza - urine + reattivo di Forrest, se ci sono gli antidepressivi si otterrà una colorazione verde-gialla. Reattivo di Forrest: K2Cr2O7 sol. al 0.2% in H2SO4 (al 30%), HClO4 (20%) e HNO3 (al 50%)
Insetticidi
Test diretto sulle urine per verificare la presenza di paraquat o diquat - urine + sodio bicarbonato + sodio idrosolfito, se ci sono paraquat o diquat si otterrà una colorazione verde-gialla.
p-amminofenolo
Test diretto sulle urine per verificare la sua presenza - urine + HCl + sodio nitrito + alfa-naftolo in NaOH, se c'è il para-amminofenolo si otterrà una colorazione rossa. Esso può indicare la presenza di paracetamolo o altri composti o farmaci che contengono un anello aromatico con un gruppo -NH2 (primario) che sostituisce un idrogeno dell'anello aromatico.
Appendice I
Test immuno-tossicologici
Introduzione: questi test si basano sulla interazione che avviene tra la sostanza da individuare (tossico = aptene) ed un reagente specifico (es: anticorpo specifico, Ab). Prima di reagire con l'Ab spesso il tossico = aptene deve essere trasformato, tramite una molecola carrier, ad antigene attivo (AG), che poi come vedremo potrà essere marcato (AGmarcato) o no (AG) per poter far scattare il meccanismo della competizione tra AG e AGmarcato.
Nei test immunologici "eterogenei"la fase legata e quella non legata del sistema devono stare separate, nei saggi "omogenei" le due fasi sono insieme. In entrambi i casi la marcatura di AG non viene modificata dalle reazioni del test. I marcatori usati nei test omogenei, danno risposte diverse a seconda che AGmarcato sia attaccato ad Ab o sia libero (in seguito a spiazzamento) da Ab.
Si tratta quindi di esperimenti semplici e veloci che sfruttano le reazioni tra antigene AGmarcato (antigene marcato formato da tossico [= aptene] + proteina carrier + marcatore, presente in quantità nota), anticorpo specifico (Ab) e AG da dosare (antigene non marcato formato da tossico [= aptene] + proteina carrier).
1) Radio Immuno Assay - AG* è un antigene preformato e marcato così da essere radioattivo e dosabile da un contatore a scintillazione. Esso si attacca stechiometricamente all'Ab. Quando viene a contatto con il nostro campione da analizzare (contenente AG) si ha che AG spiazzza AG* e così AG* spiazzato è relevabile quantitativamente e poichè la sua quantità è proporzionale ad AG si ottiene in maniera indiretta di AG, tossico da dosare.
2) Free Radical Assay Tecnique - AG° è un antigene preformato e marcato con una molecola contenente un elettrone spaiato stabile, così da risultare dosabile con uno spettrometro di risonanza magnetica (dà un picco largo). Esso si attacca stechiometricamente all'Ab. Quando viene a contatto con il nostro campione da analizzare (contenente AG) si ha che AG spiazzza AG° e così AG° spiazzato è relevabile quantitativamente (dà un picco stretto) e poichè la sua quantità è proporzionale ad AG si ottiene in maniera indiretta di AG, tossico da dosare.
3) Enzyme Multiplied Immunoassay Techique, ETEROGENEO. Un esempio di questa tecniva è il saggio denominato ELISA (Enzyme Linked Immunosorbent Assay). Si tratta di una miglioria del metodo F.R.A.T. - al posto della molecola con l'elettrone spaiato, ora si usa un enzima per ottenere un AG^ marcato. Esso si attacca stechiometricamente all'Ab. Quando viene a contatto con il nostro campione da analizzare (contenente AG) si ha che AG spiazzza AG^ e così AG^ spiazzato è rilevabile quantitativamente in quanto ora l'enzima (prima bloccato stericamente dalla presenza della molecola carrier) può lisare i batteri (suo substrato) quando preventivamente venga aggiunto all'ambiente di reazione. Uno spettrofotometro valuta quantitativamente l'entità della lisi, proporzionale in ultima analisi alla presenza di AG.
4) Inhibition Hemoagglutination Assay - i globuli rossi fungono da marcatori per ottenere AG~. Gli Ab legano i globuli rossi e causano agglutinazione. Se prima di inserire AG~ inseriamo AG che vada ad occupare i siti degli Ab, allora poi non si potrà avere agglutinazione. Su questa tecnica si basa il test di gravidanza (agglutinazione della coriogonadotropina umana HGC nelle urine, presente solo in caso di gravidanza).
HGC funge da AG. Trattando le urine con Ab specifici, se c'è HCG essa si attaccherà agli Ab, cosicchè una successiva aggiunta di AG~ marcati con globuli rossi NON darà emoagglutinazione, e ciò segnalerà che è in corso una gravidanza.
Dipendenza dai tossici
Definizioni
¥ Dipendenza psichica o psicologica: impulso che richiede periodiche o continue assunzioni di sostanze farmacologicamente attive per raggiungere piacere o per ridurre lo stato di disagio.
¥ Dipendenza fisica: alterazione dello stato fisiologico, conseguente l'assunzione ripetuta di una sostanza farmacologicamente attiva, che richiede una continua assunzione della sostanza stessa per prevenire la sindrome da astinenza (withdrawal) causata all'organismo dall'assenza della sostanza.
¥ Dipendenza crociata: possibilità che una sostanza può avere di annullare i sintomi provocati dall'astinenza da un'altra sostanza, senza tuttavia alleviare lo stato di dipendenza fisica.
¥ Tolleranza (tolerance) : necessità di aumentare gradualmente le dosi assunte per poter ottenere gli stessi effetti che le dosi iniziali producevano.
¥ Tolleranza crociata: la tolleranza ad una determinata sostanza può indurre tolleranza anche per un'altra sostanza (chimicamente simile oppure diversa).
I termini drug addiction (tossicomania) e drug habituation (abitudine) usati un tempo non erano di chiara interpretazione e così sono stati sostituiti entrambi dall'unico termine drug dependance (dipendenza dalla sostanza/farmaco).
I livelli degli agenti inquinanti
In relazione agli agenti inquinanti, nocivi per l'individuo o per i sistemi ecologici si usa il no-effect level (quel livello di tossico che non provoca alcun effetto rilevabile). In tossicologia industriale si usano poi i:
¥ no-adverse effect (livello di tossico che non provoca alcun effetto nocivo)
¥ maximal allowable concentration (MAC * o concentrazione massima tollerabile)
¥ threshhold limit values (TLV o valore di soglia limite, è un valore medio). E' relativo alla concentrazione** nell'aria di una data sostanza. E' stato determinato per numerose sostanze, e per altre si stà procedendo. Molte di queste sostanze sono gas, nebbie ed aerosol (+ vedasi tabella relativa).
(*) Talvolta la sigla MAC è erroneamente presa come sigla di maximal accepted concentration. (**) espressa in ppm (parti di inquinante per milione di parti aria considerata a 25°C e 760 mmHg)
I valori di soglia limite o TLV sono nati negli Stati Uniti d'America nel 1970 dall'esigenza di sviluppare degli standard che definissero delle condizioni accettabili per gli individui esposti ad agenti chimici. Questo compito è portato avanti dal National Institute of Occupational Safety and Health (Istituto Nazionale per la Sicurezza sul Lavoro e la Salute).
Ogni standard rappresenta un'unanimità di giudizio data da un gruppo di esperti su un determinato agente chimico - dopo attento e completo studio - e comprende:
¥ la concentrazione massima tollerabile per un determinato composto nell'aria dell'ambiente di lavoro espressa come concentrazione media misurata nel tempo (time weighted average o TWA) in una giornata di lavoro (8/10 ore) o in una settimana lavorativa (40 ore). Es: il berillio ha una TWA di 0.022 mg/m3, il toluene ha una TWA di 375 mg/m3.
¥ la concentrazione massima tollerabile per un determinato composto nell'aria o celilig value (la si ottiene tramite una campionatura della durata di 10 o 15 minuti). Es: dopo 10 minuti per il toluene questo valore è di 750 mg/m3.
Esiste un elenco contenente oltre un migliaio di sostanze i valori di TLV , compilato dall'American Conference of Governamental Industrial Hygienist. Questo elenco viene di continuo aggiornato man mano che nuove informazioni si rendono disponibili.
Ad un valore inferiore al TLV per un dato composto quasi tutti gli individui possono essere sottoposti senza subire alcun effetto nocivo. Non si esclude però che soggetti ipersensibili possano essere danneggiati anche da concentrazioni più basse delle TLV. Durante la giornata o la settimana lavorativa la concentrazione effettiva istantanea può comunque variare sopra o sotto la TLV, l'importante è che la media effettiva risultante non superi la TLV (che in effetti, come accennato prima, è anch'essa un valor medio).
I TLV rappresentano una pratica classificazione della pericolosità di un gran numero di inquinanti atmosferici industriali. L'uso dei TLV per altri scopi è invece erroneo (es: valutazione di comuni contaminanti atmosferici), se si accetta il fatto che tutti gli effetti dannosi di un composto chimico sono delle risposte graduali dipendenti dalla dose e che non esiste una concentrazione sopra alla quale l'agente è dannoso e sotto la quale è innocuo.
L'unica via attraverso la quale è possibile stabilire che un determinato valore rappresenta un valore di sicurezza è quella che passa attraveso una sufficientemente alta esperienza. Non si tratterà quindi di un valore limite.
Il rilevamento delle esposizioni pericolose
Il relazione alla tossicità delle sostanze pericolose che un individuo ha assorbito, si possono distinguere due fasi: la fase pretossica (la concentrazione del tossico rimane al di sotto di valori pericolosi) e la fase di intossicazione vera e propria (la concentarzione del tossico raggiunge o supera i valori di pericolosità per l'organismo). In questa seconda fase gli effetti provocati dal tossico forniscono gli elementi per la diagnosi d'intossicazione. Diversi test* possono essere effettuati, essi sono utili soprattuto nei casi di intossicazione acuta, per poter effettuare la terapia più appropriata. Per prevenire le intossicazioni è importante rivelare l'eventuale assorbimento di sostanze potenzialmente tossiche prima che esse raggiungano concentrazioni dannose. Infatti l'esposizione continua a concentrazioni anche basse di sostanze tossiche può condurre a lungo termine ad una intossicazione.
* ai fini di una corretta diagnosi di intossicazione non è sufficiente - di norma - un solo test.
Prove di esposizione
Le prove biologiche di esposizione (biological exposure tests) servono a studiare quanto un organismo possa essere esposto ad una determinata sostanza senza subire danni. Questi test possono prevedere la campionatura di elementi esterni (es: aria o acqua) o interni (es: sangue, urina, aria emessa).
La determinazione della concentrazione del tossico nell'ambiente esterno (TLV, vedi prima) fornisce il grado di esposizione accetabile. La determinazione della concentrazione del tossico tramite gli elementi interni fornisce invece informazioni più dirette, e aiutano a valutare i tempi d'esposizione. A tal fine si fa uso di particolari tecniche e regole di prelievo e di campionatura.
Esistono poi i biological limit values (BLV o valori limite biologici), concentrazioni massime di tossici ammesse in determinati liquidi biologici o nell'aria espirata, prendendo in considerazione persone sane. Esempi di BLV sono la concentrazione di etanolo nel sangue o nell'aria espirata (+ vedasi tabella relativa). BLV e TLV rappresentano una misura preventiva importante per la protezione di soggetti che lavorano in condizioni a rischio. Non si tratta comunque di limiti di sicurezza: si tratta solo delle concentrazioni massime tollerabili in un dato momento, in un dato luogo ed in una determinata situazione. Esistono poi le maximal organ concentrations (MOC o massime concentrazioni in un organo).
Appendice II
Numeri in tossicologia
Nessun agente chimico deve essere considerato completamente innocuo, nè deve essere considerato completamente nocivo. Questo concetto si basa sulla premessa che l'agente chimico può entrare a contatto con un meccanismo biologico senza produrre effetto, purchè la sua concentrazione sia al di sotto di un livello minimo efficace . Allo stesso modo gli agenti chimici producono danno se in concentrazione sufficientemente grande vengono a contatto con il meccanismo biologico.
Quindi esisterà un intervallo di concentrazione del composto che produrrà un effetto graduale fra i due estremi "tutto" e "nulla". La determinazione sperimentale di questo intervallo sta alla base della relazione DOSE/RISPOSTA.
Relazioni dose/risposta
In pratica lo sperimentatore dimostra che vi sono differenze fra i singoli individui di una popolazione ipotizzata omogenea di cellule, tessuti od animali. La natura di queste differenze è raramente evidente, e lo diviene solo quando il meccanismo biologico viene stimolato a dare risposta.
Per esempio un gruppo di cellule singole, come batteri, oppure un intero gruppo di animali, ad esempio topi consanguinei, possono essere considerati come popolazioni omogenee di meccanismi biologici e come tali essere sottoposti ad una concentrazione, o dose, opportunamente scelta, di uno specifico agente chimico. Se l'agente è capace di provocare un effetto osservabile, come la morte dell'organismo, o un effetto dal quale le cellule , o gli animali, si ristabiliscono in modo completo in un determinato periodo di tempo, allora la concentrazione o dose dell'agente chimico può venir scelta in modo tale da produrre tale effetto. Inoltre se l'effetto dovesse venir sottoposto ad indagine, l'esperimento che si conduce dovrebbe dimostrare che non tutti i membri del gruppo rispondono alla medesima dose o concentrazione del composto chimico in maniera quantitativamente identica.
Alcuni degli animali mostreranno una risposta massima mentre altri una risposta minima alla stessa dose di agente chimico. Oppure se la dose era stata scelta in maniera appropriata, alcuni degli animali moriranno, altri sopravviveranno. Pertanto ciò che era stata considerata come una risposta totale, oppure come una non risposta, vale solamente per un singolo membro del gruppo sottoposto a test, mentre si vede in realtà una risposta graduata quando si considera l'intero gruppo dei membri sottoposti al test. Tali deviazioni dalla risposta di popolazioni apparentemlente uniformi di cellule od animali ad una data concentrazione dell'agente chimico, può essere ascritta alla variazione biologica. L'esperienza ha dimostrato che la variazione biologica in risposta a composti chimici all'interno dei membri di una stessa specie è in generale piccola se paragonata alla variazione fra specie.
Risposta in frequenza
I dati che si ottengono somministrando la stessa dose di tossico ad una popolazione uniforme di soggetti possono essere riportati su di un diagramma di una curva detta: risposta in frequenza (detta anche curva di distribuzione). Una tale rappresentazione per un ipotetico agente chimico è descritta da una gaussiana (asse x = dose, asse y = % della popolazione omogenea che risponde all'agente chimico).
Una tale curva segue le leggi rappresentate dai normali modelli di distribuzione di Gauss, e ciò è di grande interesse, perche permette l'uso di procedimenti statistici applicabili a tali curve. Per esempio l'area sotto la curva, delimitata da linee verticali nei punti +/- 1 (posta zero l'ascissa corrispondente all'apice della curva) racchiude la popolazione che risponde alla dose media più o meno 1 deviazione standard dalla dose media. In realtà però la vera curva di Gauss è raramente ottenibile; piuttosto si ottiene una variazione asimmetrica della curva.
Il tracciato della gaussiana viene poi frequentemente riportato come curva di risposta quantal. Quantal significa che i dati fanno riferimento ad esperimenti nei quali ci sono due categorie di risposte. Per esempio il caso MORTI O VIVI, in quanto rappresenta l'intervallo di dose richiesto a causare un'identica risposta in una popolazione sufficientemente ampia di soggetti.
Risposta cumulativa
In tossicologia, le curve risposta in frequenza non vengono comunemente usate. Piuttosto è comune diagrammare in coordinate i dati sotto forma di una curva che mette in relazione la dose del composto chimico con la percentuale cumulativa degli animali che mostrano risposta quale la morte. Tali curve sono comunemente note come curve dose/risposta.
La relazione dose/risposta per due composti ipotetici - i cui dati possono essere ottenuti per via sperimentale come segue - è rappresentata da due curve sigmoidi uguali ma spostate diversamente lungo l'asse x (dose). L'asse y rappresenta la % cumulativa della popolazione che presenta l'effetto (es: morte).
A gruppi di specie omogenee, quali ad esempio topi, si somministra una soluzione dell'agente chimico scegliendo una via specifica di somministrazione. Solamente tramite la sperimentazione puo venir scelta una dose tale che non tutti gli animali debbano morire, nè tutti possano sopravvivere. La dose di inizio può essere una dose così piccola che nessun effetto venga manifestato dagli animali.
A gruppi di animali in sequenza la dose puo venire aumentata di un multiplo costante, ad esepio 2, o su base logaritmica, in modo tale da giungere per ultimo ad una dose di composto da somministrare sufficientemente elevata che tutti gli animali del gruppo muoiano come consegueza all'esposizione dell'agente chimico. Ne deriva che la sola osservazione fatta nell'esperimento è quella della morte o della sopravvivenza degli animali.
In queste condizioni si otterranno dei dati che possono venir coordinati per dare le due (se due sono i composti) sigmoidi di cui si diceva prima.
Concetti statistici ed LD-50
E' da rilevare che la porzione maggiore della curva sigmoide dose-risposta è lineare, e che fintanto che si considera questa porzione della curva , l' incidenza della mortalità e direttamente correlata alla concentrazione del composto presente.
Non ha importanza se il composto possa essere considerato nocivo od innocuo, dipendendo ciò solo dalla dose data. La curva rappresenta il concetto a mezzo del quale viene ottenuta la dose letale per il 50% degli animali.
La dose letale per il 50% degli animali , comunemente nota come LD-50, è quella dose di composto che provocherà morte nel 50% degli animali. La LD-50 è un valore virtuale ottenuto per via statistica. Esso è un valore calcolato che rappresenta la migliore stima della dose richiesta per produrre morte nel 50% degli animali ed è pertanto sempre accompagnata da alcune medie di stima dell'errore del valore, quale l'intervallo di probabilita del valore.
I limiti dell'intervallo di probabilità vengono scelti arbitrariamente dallo sperimentatore per indicare che risultati simili si potrebbero ottenere in 90 o 95 di 100 tests condotti in modo identico a quello descritto. Parecchi metodi sono disponibili per l'esecuzione di tale calcolo. Metodi ormai "classici" (e superati al giorno d'oggi da altri procedimenti più moderni) sono il procedimento grafico di Litchfield e Wilcoxon, il grafico logaritmico di Miller e Tainter, il procedimento di ricerca dell'intervallo di Weil.
E' evidente che la curva che ci da l'informazione che riguarda la dose letale per il 95% degli animali, o per il 5% degli animali può essere ricavata con lo stesso pecedimento. La LD-84 (dose letale per l'84% degli animali) rappresenta +1 SD (Deviazione Standard) dalla LD-50, e la LD-16 (dose letale per il 16% degli animali) rappresenta -1 SD dalla LD-50.
Il percento di mortalità può essere convertito in probits, che sono numeri che vengono assegnati alla percentuale , di modo che il 50% di mortalità sia uguale ad un probit di 5. Il 50% di mortalità ± 1SD è uguale a probit 5 o 4, rispettivamente. Il 50% di mortalità ± 2 SD è uguale ad un probit di 7 o 3 etc...
Potenza contro tossicità
Se la LD-50 per il composto B è maggiore di quella del composto A, si può dire che il composto B è meno potente del composto A. Ciò sta ad indicare che la potenza (in termini di quantita di composto chimico coinvolto) e tossicità (in termini di nocività) sono termini relativi che possono venir usati solo in riferimento ad un altro composto chimico.
Pertanto uno dei criteri che possono venir usati per descrivere le tossicità relative di 2 composti è quello della relazione delle dosi richieste per produrre un uguale effetto. Comunque, per quanto si riferisce alla tossicità di un singolo composto, il valore assoluto della LD-50 può essere di pochi microgrammi o di più grammi. Se la LD-50 è di pochi microgrammi per uno dei composti, ed e di più grammi per il secondo, la differenza fra i 2 diventa altamente significativa. E'comune usare il termine "potente" per un composto chimico se la dose richiesta per produrre un qualsiasi effetto è piccola (pochi milligrammi).
La tabella che qui presentiamo dà un elenco di valori di LD-50 di una serie di composti opportunamente scelti, e mostra il limite oltre il quale effetti letali possono venir indotti negli animali. Basandosi sul fatto che parecchi agenti chimici sono capaci di causare morte a dosi di microgrammi, tali composti sono normalmente ritenuti essere estremamente tossici ( o velenosi).
Estremamente tossico ¾ 1 mg/Kg Altamente tossico 1-50 mg/Kg Moderatamente tossico 50-500 mg/Kg Leggermente tossico 0.5-5 g/Kg Praticamente non tossico 5-15 g/Kg Relativamente innocuo >15 g/Kg
Altri composti possono essere relativamente innocui anche se somministrati in dosi di parecchi grammi. Poichè un grande intervallo di valori di concentrazione o di dosi per composti diversi possono essere coinvolti nel provocare danno, sono state escogitate categorie di tossicità sulla base della quantità di composto chimico necessario a produrre la tossicità. Un esempio di tale categorizzazione è rappresentato dallo schema precedente visto.
Questa classificazione serve a scopi di praticità ed utilità, ma se la base per ascrivere la proprietà di essere "altamente tossica"è perchè la dose letale è piccola, allora sorge la questione dal dove esattamente deve venir posta la linea che separa il composto chimico tossico dal non tossico. Fondalmentalmente è evidente che la tossicità è relativa e deve essere descritta come una relazione dose-effetto fra composti. Tuttavia è evidente che il concetto di tossicità quale fenomeno relativo è vero solo se la pendenza delle curve della relazione dose-risposta per i composti è identica.
E' possibile che le pendenze delle curve dose-risposta per ciascuno dei due composti possano essere differenti e distinte: in tal caso potrebbe darsi, per esempio, che tra due composti C e D il C abbia una DL-5 minore di quella del D, ma il D può avere una DL-50 minore del C. Non è quindi facile, in assoluto, stabilire quale dei due composti sia più velenoso.
Margine di sicurezza
Una varieta di inclinazioni* sono possibili quando i dati di dose-risposta per composti differenti vengono diagrammati (y: % cumulativa della popolazione che risponde al tossico; x: dose in scala logaritmica*, quindi si ha la linearizzazione della sigmoide). Ogni composto può avere una pendenza identificabile per il proprio rapporto dose-risposta. Per ovvi motivi non possono esistere pendenze parallele all'asse x (risposta nulla per ogni dose) o parallele all'asse y (risposta sia nulla che letale per la stessa dose) un indice del "margine di sicurezza" del composto. Il margine di sicurezza è l'ampiezza dell'intervallo delle dosi coinvolte progressivamente partendo da una dose non efficace per arrivare ad una dose letale.
Sebbene l'ultimo estremo nella progressione per quel che riguarda la tossicità di un agente chimico si renda evidente come effetto letale, è chiaro che efetti sub-letali o reversibili da parte di agenti chimici possano essere dannosi od indesiderabili e pertanto devono essere tenuti in considerazione nella valutazione di composti chimici. Parecchi farmaci comunemente usati sono esempi di sostanze che possono produrre effetti indesiderabili. Farmaci che hanno come base della loro azione una capacità di interferire con i processi biologici sono potenzialmente agenti nocivi. Ciò è particolarmente vero se l'azione primaria del farmaco coivolge un processo vitale.
* inclinazione = coefficiente angolare
Con un tale tipo di farmaco, l'uso terapeutico dell'agente chimico e basato sull'ottenere una risposta graduata da parte di determinate dosi le quali diano come risultato un effetto desiderato. Se l'effetto desiderato venisse oltrepassato, allora il processo vitale verrebbe influenzato in modo sufficiente, così da potersi avere come risultato un'effetto nocivo significativo.
Parecchi farmaci presentano effetti collaterali in aggiunta all'azione base del farmaco stesso. L'azione collaterale può essere, o no, indesiderabile, e come regola, una sostanza chimica diviene un farmaco solo se le azioni indesiderabili non sono significative in paragone all'azione desiderabile del farmaco.
Quando si somministra della morfina per ottenere analgesia, essa causa pure depressione respiratoria. Quando si somministrano agenti anticolinergici, per i loro effetti sulla motilità gastrica, essi causano pure secchezza della bocca.
L'applicazione di composti antistaminici o di penicilline, sulla pelle, può dare inizio a meccanismi immunologici che si manifestano in fenomeni di sensibilizzazione che possono essere così gravi da portare a morte.
Gli effetti indesiderabili da farmaci si ritiene siano in relazione alla dose del farmaco. Nel caso degli effetti collaterali dei farmaci,ad esempio la depressione respiratoria indotta dalla morfina, o della secchezza alla bocca indotta dagli anticolinergici, è evidente la relazione fra intensità d'azione e dose del farmaco. Cioè, come viene aumentata la dose del farmaco pure viene aumentata l'intensita dell'effetto collaterale indesiderabile.
Nel caso della sensibilizzazione per il farmaco applicato sulla pelle, vi può essere una piccola relazione fra la dose necessaria a produrre l'effetto terapeutico e la dose necessaria ad indurre sensibilizzazione, ma vi è normalmente una relazione diretta fra la dose e l'intensità della risposta alla sensibilizzazione. Il fenomeno di sensibilizzazione ad un composto chimico porta come conseguenza ad una risposta anomala al composto stesso, e questo fenomeno può venir trattato sotto il tema di "risposta anomala a composti chimici". Pertanto,tossicità ed effetti nocivi da parte di certi farmaci necessitano di considerazione a parte, giacchè è norma comune far riferimento ad un farmaco affermando che è piu o meno"tossico" di un altro farmaco.
Ciononostante, la tossicità da farmaci è pure un termine relativo, giacchè e pure norma comune parlare di un farmaco dicendo che è meno tossico di un altro poichè l'incidenza o la rilevanza degli effetti collaterali è minore di quella presentata dall'impiego di farmaci simili. La speranza del farmacologo è di svilupare farmaci che possano essere sicuri in ogni evento, ma questo avviene raramente. Il termine potenza (in inglese potency) per un farmacologo significa la dose relativa di farmaco che viene richiesta per produrre un effetto uguale a quello prodotto da un fermaco che agisce in modo simile. Perciò se due farmaci sono capaci di produrre un effetto identico dal punto di vista quantitativo, il farmaco che produce l'effetto con la dose piu bassa è il piu potente dei due.
Se i tracciati delle curve dose-risposta per due farmaci sono parallele, allora il margine di sicurezza fra i due farmaci non può essere differente. Il margine di sicurezza è riportato quale Indice Terapeutico, e viene ottenuto per via sperimentale come segue: da un opportuno sistema biologico si ricavano curve dose/risposta. Una delle curve rappresenta i dati ottenuti per quel che riguarda l'effetto terapeutico del farmaco, la seconda curva rappresenta i dati ottenuti per l'effetto letale.
L' indice terapeutico è rappresentato dal rapporto LD-50 / TD-50 (dose terapeutica efficace nel 50% dei soggetti). Questo è un concetto molto utile quando si voglia considerere il margine di sicurezza per l'uso pratico di un farmaco. Parecchi autori hanno validamente proposto che un valore più significativo potrebbe derivare dal rapporto LD-1 / TD-99 come valutazione maggiormente incisiva della sicurezza del composto.
Se non sono implicati altri fattori, il farmaco a indice terapeutico più elevato sarebbe il più sicuro ed il meno tossico, in quanto le dosi terapeutiche di questo farmaco sarebbero le meno probabili a produrre effetti letali. Tuttavia fattori addizionali sono sempre implicati poichè - come già accennato - sono pochi i farmaci ad azione singola. Ad esempio, poichè il margine di sicurezza viene usato per mettere in relazione l'effetto terapeutico con l'effetto letale, un simile margine di sicurezza potrebbe anche essere calcolato, per il rapporto fra azioni collaterali non desiderate ed azioni terapeutiche.
Reversibilità della risposta
Ogni considerazione circa la sicurezza relativa, o circa la nocività dei composti chimici, deve anche tenere conto del grado di reversibilità della risposta biologica allorchè la concentrazione del composto chimico nell'animale alla fine viene meno.
Al presente è stata sviluppata la teoria che l'intensità di tutti gli effetti biologici degli agenti chimici è direttamente correlata alla quantità di agente somministrato al soggetto, o piu specificatamente, alla concentrazione del composto chimico nel sito del campione ove può causare l'effetto. E' ben noto che dopo che un composto viene somministrato ad un sistema biologico, se tale composto viene somministrato una sola volta, il sistema eliminerà - più o meno velocemente - il composto.
Questo fa sorgere la questione se l'effetto biologico che è stato indotto dalla presenza di un composto chimico, scompaia o non scompaia nel tempo con il diminuire della concentrazione. La risposta a tale quesito dipende dal tipo di effetto che viene preso in considerazione: cioè - se l'effetto è:
1) immediatamente reversibile 2) non immediatamente reversibile 3) essenzialmente irreversibile.
In tossicologia, la maggior parte degli effetti indotti, eccetto la morte del tessuto, si può dire siano reversibili nel tempo, se la somministrazione del composto chimico viene sospesa, sicchè la concentrazione della sostanza cala nel tempo. Tuttavia, una volta che l'effetto è stato prodotto, tale effetto può durare più a lungo della presenza nel tessuto del composto chimico di origine somministrato nel tessuto.
Un eccellente esempio di ciò viene mostrato dall'effetto di alcuni insetticidi del tipo degli organofosforici sperimentati su animali. Un effetto dei composti organofosforici è quello di combinarsi chimicamente con l'enzima acetilcolinesterasi, essenziale per la regolare trasmissione neurcmusolare. Ciò porta all'inattivazione dell'enzima ed al concomitante danno neuromuscolare.
La velocità di dissociazione del complesso enzima-organofosfati nei suoi componenti originari è cosi lenta che si può ritenere questo processo non-reversibile, pertanto la sopravvivenza dell'animale dipende dalla sua capacità di sintetizzare nuovo enzima, un processo che richiede per lo meno alcune settimane, prima di riprendersi completamente dall'effetto biologico subìto sul proprio sistema neuromuscolare. Si puo dire che quelle molecole degli organofosforici che si combinano in modo irreversibile con l'enzima, formano un composto che non possiede più le caratteristiche chimiche o funzionali nè quelle del composto organofosforico, ne quelle dell'enzima.
Pertanto non vi sarebbero organofosfati misurabili nel sistema biologico, e non vi sarebbe modo di misurare per quanto tempo il prodotto delle reazione rimane nell'animale. Per scopi pratici, si può dire che dal momento che non vi sono composti organofosforici misurabili per più di alcuni minuti dopo la loro somministrazione, e dal momento che sono necessarie parecchie settimane prima che l'animale torni allo stato di normalità, l'effetto supera la presenza del composto chimico*.
* l'effetto perdura altre il tempo di presenza dell'agente chimico
In contrasto con l'esempio che precede, nel campo tossicologico si ha che parecchi effetti dannosi da parte di agenti chimici su sistemi biologici sono immediatamente reversibili, sicchè all'esposizione del composto chimico segue - quando la concentrazione decresce nel sistema - una corrispondente ripresa dell'effetto tossico. In campo farmacologico un concetto simile è che, in parecchi casi, gli effetti di un farmaco possono perdurare oltre la presenza del farmaco nel corpo. Quando cio avviene, allora un tale farmaco viene definito come farmaco di tipo "hit and run" (colpisci e scappa). Un esempio è la reserpina, che impedisce il re-uptake delle catecolamine.
Iper ed ipo sensibilità
In campo biologico l'applicazione di procedimenti statistici ai dati ottenuti per via sperimentale è una necessità. Tuttavia la natura virtuale di un valore ottenuto per via statistica, quale l'LD-50 o la TD-50 per un composto, tende ad offuscare un importante concetto in tossicologia: il concetto che non esiste una dose fissa o una concentrazione fissa di composto chimico sulla quale si può fare affidamento per produrre un determinato effetto biologico in una popolazione.
I fattori responsabili dell'ipersensibilità dei sistemi biologici nei riguardi dei composti chimici sono una parte importante dello studio della tossicologia.
Concetti di risposta per composti essenziali al sistema biologico
Sebbene quanto prima detto sulla relazione diretta fra la concentrazione di un composto chimico ed ogni corrispondente risposta data sia corretto per tutti i composti che non sono normalmente presenti nel sistema biologico (tali camposti sono frequentemente chiamati "xenobiotici" dalla parola "xeno" che significa estraneo o straniero). Il concetto non vale per i composti che sono normalmente presenti nel sistema biologico, cioe i composti endogeni. Ad esempio, l'uomo normale si trova in uno stato di salute sino a che l'organismo viene rifornito con cibi ed acqua, come pure con minerali essenziali ed altre sostanze nutritizie come le vitamine. In assenza di tali camposti, come pure se queste sostanze sono in eccesso, l'individuo svilupperà effetti indesiderati.
La specifica natura delle sostanze endogene che sono indispensabili a specie biologiche differenti, può variare da specie a specie. Questo semplice fatto costituisce un meccanismo che viene usato in modo estensivo come mezzo per causare morte di specie non desiderate. Parecchi dei farmaci antibatterici piu ampiamente usati devono la loro azione alla capacità del farmaco di impedire ai batteri di utilizzare alcune fondamentali sostanze nutritive. La conclusione a cui si giunge è che i composti xenobiotici mostrano relazioni concentrazione risposta semplici e lineari, mentre i composti endogeni essenziali mostrano relazioni concentrazione-risposta bifasiche.
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