Il "campetto" di periferia

"Sole sul tetto dei palazzi in costruzione, sole che batte sul campo di pallone, e terra e polvere, che tira vento, e poi, magari, piove…" canta Francesco De Gregori e tanti ricordi affiorano e si fanno sempre più nitidi.

Il campetto di periferia, dove la maggior parte di noi ha cominciato a dare i primi calci ad un pallone, si trovava quasi sempre accanto al cantiere di qualche palazzo in costruzione. Era uno spiazzo di terra, molto polveroso, e ogni tanto, qua e là, due o tre cespugli di erba incolta, come oasi nel deserto, lo guarnivano. Vi batteva impietosamente il sole, vi tirava vento e quando pioveva diventava una specie di palude. Le buche si ripetevano quasi con regolarità e nei giorni seguenti al diluvio si trasformavano in strafottenti pozzanghere. Tutto sommato, un campetto di periferia non era da considerare regolamentare se era sprovvisto del "pozzangherone" a centrocampo. Talvolta, inoltre, il campetto scompariva da un giorno all’altro. Ci si svegliava e le ruspe stavano scavando le fondamenta di un nuovo edificio. Tutti ci rimanevamo malissimo, ma, nonostante la presenza di minacciosi operai, alcuni, più che altro per protesta, durante la pausa dei lavori, scavalcavano le recinzioni e improvvisavano una partitella nello spazio rimasto a disposizione. I più passavano alle gallerie del garage, al cortile condominiale, dove il portiere faceva valere la sua autorità, oppure alla strada, dove si giocava, a "porta unica", utilizzando la saracinesca di qualche negozio e suscitando le ire del proprietario, nonché quelle di coloro che non sopportavano il "rumore" del gol. Sul brecciolino, poi, ci sbucciavamo le ginocchia e le ferite sanguinanti e schiumose di acqua ossigenata ricordavano vagamente delle piccole pizze "margherita". A "porta unica" il portiere rinviava dando le spalle ai giocatori e ogni tanto rilanciava verso chi voleva, un po’ per simpatia, un po’ perché uno dei due giocatori gli aveva promesso, in cambio di un aiuto, un po’ di figurine. Erano i primi esempi di "corruzione calcistica". Il portiere faceva segnare il suo pupillo e si lasciava andare a interventi da "mostro" con l’altro sfidante.

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