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Internet by Felice Marra
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In una delle sue peregrinazioni si era soffermata qualche minuto a contemplare la vista di una madre che comprava la caramella al figlio piccolo. Era un gesto umano che travalicava i confini nazionali e le culture. Pochi attimi che serbò per sé, priva di qualcuno con i quali condividerli. Li trattenne nella sua memoria come un tesoro da portare in patria, dove, forse qualcuno avrebbe avuto modo di apprezzarlo con lei. Qualcuno lontano, qualcuno che la capiva.
La sua comitiva l’aveva presto strappata a quella fugace bellezza per riportarla alla cruda realtà d’una scultura rinascimentale in parziale ristrutturazione.
Ancora otto giorni, il tempo era strano, alcuni minuti potevano sembrare secoli. Forse era qualcosa che aveva a che fare con le discipline trascendentali che la affascinavano tanto.
Qualcuno le aveva detto di seguire il suo istinto ma lei aveva preferito altrimenti. La parola data, il tentativo, ormai fallito di questo era ben conscia, il viaggio.
Aveva sbagliato? Questo pensiero le venne rigurgitato di fronte dalla sua anima. Le era sempre piaciuto viaggiare, prima con i suoi genitori, poi con la sorella, poi…
I suoi erano altrove, a pensarla felice. Sua sorella da qualche parte in Austria, con un’amica. Lei qui, intrappolata da se stessa in se stessa.
Non era sola e questo era decisamente… cosa? Una sfortuna? Una fortuna? La brezza mattutina portò alla sua attenzione l’anima della città. I miasmi dei bruciatori, l’odore di fritto, il rumore dei clacson del traffico sottostante.
Non era questo a rattristarla, era la coscienza comune di ogni città. Si soprese a pensare alle montange invisibili, al sole pulito e fresco che sorgeva dietro i picchi, all’aroma della vaniglia, alla luce delicata che allagava la valle riempiendo le sue retine, fugando e rimpicciolendo le sue iridi. Al calore della sua anima, delle loro anime. Fuse insieme in estatici attimi, secondi cristallizzati nel gelido vuoto del nulla. Piccoli come atomi, duri come il diamante, preziosi…
Pensò alla calma, al calore che poteva darle. Che avrebbe potuto dargli. Aveva sbagliato? La cosa la stava ossessionando. Si accasciò contro la finestra-porta, afferrò le ginocchia, come quando era piccola e papà la accarezzava dolcemente sulla testa.
Dov’era ora. Desiderò una carezza, del calore umano, un animo nel quale perdersi. Una folata di smog le trascinò via tutto questo.

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