TEATRO
 


 
 

Anna Maria Sgrò
 
 

LA  CORSA
 
 
 

(  ATTO UNICO  )
 
 

Personaggi:

Un medico

Una maestra

Un operaio

Una vecchia

Un impiegato

Un soldato

Uno studente di filosofia

L’autista
 


 

Nell’interno di un autobus.
 
 
 

Maestra ( pensando) :  Farò tardi a scuola! chissà che ore sono! Con la mia abitudine di non portare orologio! A quest’ora i bambini saranno già arrivati: che scusa potrò inventare al Direttore? Che cosa dirà? E poi, dire che ho fatto tardi per il traffico non posso, è la verità, ma è alla scusa più vera che non si presta fede. Adesso chiedo l’ora a questo signore che è seduto davanti a me….ma no, lasciamo perdere, tanto ormai se sono in ritardo non posso farci niente.

Medico ( pensando ): Spudorata! Questa notte ha anche avuto la sfrontatezza di….. me lo merito, dovevo stare attento prima! Me lo merito.

Impiegato ( pensando ): Domani prenderò lo stipendio, pagherò l’ultima rata della macchina e potrò comprare un cappotto a mia moglie. Speriamo che non lo scelga troppo caro! Gliel’ho promesso, non mi posso tirare indietro. Gino vuole il motorino, glielo regalerò il prossimo mese, per questo non è possibile oppure lo comprerò a rate. Un  motorino a rate! Che devo fare! Io i soldi non li t4rovo per la strada, né mi piovono dal cielo, me li guadagno, ogni giorno all’ufficio. “Hai un buon stipendio” mi dicono gli amici: Sì però, con l’aumento dei prezzi che c’è mi basta solo per fare la spesa e poi c’è la luce da pagare, l’acqua, il telefono, l’affitto della casa, non restano che gli spiccioli per me.
 

Vecchia ( pensando ):Non mi ricordo più che giorno è oggi. Sarà martedì o mercoledì? Ah, la vecchiaia!
Sono vecchia, non ce la faccio più nemmeno a salire sull’autobus. Per fortuna mi ha aiutata quel ragazzo, stamattina, altrimenti sarei rimasta a terra Speriamo che mi facciano restare un po’ di più all’ospedale, mi sembra così brutto quando quell’infermiera mi caccia dalla corsia. Com’è volgare e come grida! Dove l’avranno trovata? Ahi, la mia schiena, che male. Ah, la vecchiaia!
 

Soldato ( pensando ) Finalmente la rivedrò! Mi sembra sia passato un secolo da quando ci siamo lasciati. Certo che quattro mesi sono tanti. E quanto c’è voluto per farmi dare questa licenza. La rivedrò!

Operaio ( pensando ) Comunque vada, l’operaio è sempre sfruttato. Oggi lo dirò, al consiglio di fabbrica .Dobbiamo salvaguardare i nostri diritti.
 

Studente ( pensando ) Almeno riuscissi a capire! E’ questa la rabbia più grande. Sono su un autobus e non capisco il perché della corsa. Perché davanti a me è seduta questa vecchia e non quel giovane o quell’uomo o quella donna? Perché? Perché questa strade che mi sfilano davanti sono tutte uguali, si assomigliano e sembrano sospese nel tempo, nello spazio. Perché? Perché io sono qui e penso questo? Perché? Non lo saprò mai, mai.
 

Maestra ( guardando fuori dal finestrino, pensando ) Questo viale alberato è splendido. Mi piacerebbe camminarvi per un tempo infinito. E le foglie, hanno un colore così delicato .L’autunno sarà triste, ma è tanto bello.(Pausa)Che ore sono, sarà tardi!

Soldato ( pensando) E’ bella questa strada, se lei fosse con me vi potremmo passeggiare insieme .Fra poco la rivedrò!

Operaio ( pensando ): Faccio ogni giorno questa strada eppure questo viale non me lo ricordo. E’ strano. Perché l’autista avrà cambiato?

Maestra ( pensando) Curioso! Il viale sembra veramente interminabile, è già da un po’ che l’attraversiamo e sembra non finire. Forse sarà perché non ho orologio e non mi posso rendere conto del passare del tempo.( Pausa) Però è davvero strano, mi sembra che sia passata almeno un’ora da quando vedo questo viale.

Operaio ( pensando): Ma che fa l’autista? Che strada ha preso?

Maestra ( pensando ): Provo una sensazione di angoscia. Che mi succede?

Operaio (ad alta voce ) Autista, autista, che strada è questa?

L’operaio si alza e guarda dal finestrino, poi si volta verso gli altri passeggeri.

Operaio: Qualcuno di voi conosce questa strada?

Soldato: No, io no.

Impiegato: Neanche io.

Studente: Che avete da gridare?

Operaio: Ricordate che ci fosse questo viale?

Studente: Me ne accorgo solo ora,, no, non l’ho mai notato prima.

Maestra: Volevo dirlo anch’io….è da un pezzo che siamo entrati in questo viale.

Operaio: Autista, autista! Che sta succedendo?

Guardate bene gli alberi.Sono sempre gli stessi.Lo stesso colore delle foglie, la stessa altezza.

Medico: E’ vero, pare quasi che sia ( pausa ) lo stesso tratto di strada, lo stesso tratto di strada.

Vecchia: Che cosa state dicendo? Non capisco, dove siamo?

Studente: Sta accadendo una cosa strana.

Operaio: Voglio sapere.

L’operaio va dall’autista.

Operaio: Autista, vuole dirci dove ci sta portando?

Autista ( esitando ): Non lo so.

Studente: Che vuol dire  “non lo so” ?

Autista: Credetemi, mi sembra di impazzire.

Medico: E’ una strada che non conosce?

Autista: Sì, non l’avevo mai fatta prima.

Impiegato: Come è possibile?

Autista: E’ possibile, è quello che sta accadendo.

Medico: Vuole dire che ci sta portando per una strada che non conosce?

Autista: Sì.

Operaio: Cambi, allora.

Maestra: Torni indietro.

Autista: Non posso.

Operaio: Fermi, almeno.

Autista: Non posso.

Soldato: È pazzo,  fermi!

Medico: Fermi!

Maestra: Voglio scendere!

Impiegato: Fermi!

Autista:; Non posso.

Operaio: Che vuol dire? Fermi!

Autista: Non riesco a fermarmi, non riesco.

Vecchia: Ma che sta succedendo? Me lo volete dire?

Medico: E’ sempre la stessa strada. E’ pazzesco!

Operaio ( all’autista): Perché ha detto che non può fermarsi?

Autista: Perché sto frenando e l’autobus non si ferma.

Operaio: Spenga il motore!

Autista: Ho già tentato. Niente da fare.

Operaio: Provi ancora!
Autista: Inutile! Non riesco ad abbandonare il mio posto .E’ come se una forza misteriosa, sovrumana, mi tenesse legato al mio posto.

Operaio. E’ diventato pazzo, l’aiuterò io a frenare.

L’operaio cerca di frenare ma non vi riesce.

Operaio: Non ci riesco. Mi dia il suo posto, guiderò io, tornerò indietro.

Autista: Non posso allontanarmi. Questo è il mio posto.

Medico: Forse è  in stato di ipnosi ( Pausa ) no, mi sembra normale. Ma, allora?

Vecchia: Ma che sta succedendo, perché non me lo dite?

Studente: Guardi fuori, non vede nulla di strano?

Vecchia ( guardando fuori ): C’è un viale, ci sono degli alberi.

Studente: Ma non si accorge che è da un pezzo che siamo nello stesso viale?

Vecchia: Sarà lungo.

Maestra: Non ha fine.

Operaio: Saremo qui dentro da un’ora, mentre dovremmo già essere arrivati.

Impiegato: Sarà più di un’ora. ( Guardando l’orologio ) Il mio orologio è fermo.

Studente ( Guardando il suo orologio ) Anche il mio!

Medico: E il mio!

Studente: Il mio orologio è fermo alle 7.30

Medico: Anche il mio è fermo alle 7.30.

Impiegato: E’ l’ora in cui siamo entrati in questo viale. Proprio in quel momento, per caso, ho guardato l’orologio.

Maestra: Che cosa vorrà dire?

Vecchia: Ma che avete tutti quanti?

Maestra: Perché gli stessi, identici alberi?

Studente: Perché?

Soldato: Fermate, fermate!

Autista: Devo stare al mio posto.

Operaio: L’autista è pazzo, siamo in balia di un pazzo.

Vecchia: Siete tutti pazzi!

Soldato: Che facciamo?

Maestra: Ho paura!

Operaio: Non capisco più niente. Non riesco a spegnere il motore, l’autista non può muoversi dal suo posto, se si muove sbandiamo o finiamo contro gli alberi, non può fermare l’autobus. non capisco, non capisco.

Impiegato: Che siamo diventati tutti pazzi?

Medico: No, non siamo tutti pazzi, è che sta accadendo qualcosa che sfugge a qualsiasi controllo umano.

Studente: Qualcosa di soprannaturale.

Medico: E’ così, qualcosa che non posso spiegare scientificamente.

Studente: Siamo diventati prigionieri, prigionieri nel tempo, prigionieri nello spazio. Percorriamo la stessa strada, che ha una lunghezza infinita, in un tempo infinito. E mi sto chiedendo se ci sarà una fine qualunque, per noi.

Maestra: Prigionieri? Siamo prigionieri?

Operaio: Di chi siamo prigionieri? Voi siete impazziti, io non sono prigioniero di nessuno. Io voglio uscire di qui. Voglio uscire! Avete capito? ( gridando )Voglio uscire! Autista, apra le porte: Mi butterò fuori, preferisco farmi male piuttosto che stare qui dentro ( gridando più forte) Aprite! Ho detto, aprite le porte!

Autista: Ci sto provando, ma non ci riesco. Le porte sono bloccate, non riesco ad aprirle.

Operaio: Voglio uscire! Voglio uscire!

L’operaio batte con forza i pugni contro i vetri. Fa così con ogni finestrino.

Operaio: Spezziamo i vetri, mi butterò dai finestrini.
 

Vecchia: Fermatelo, è pazzo!

Medico: Si calmi, non ce la farà mai.

L’operaio  prende una piccola sbarra di ferro dalla sua borsa.

Operaio: Con questa ce la farò!

L’operaio batte la sbarra di ferro contro i vetri senza romperli.

Operaio: Non si spezzano, non si spezzano.

Medico: Basta, smettetela. Cerchiamo di ragionare, invece. Sediamoci.

Tutti quanti si siedono in modo da stare vicini.

Medico: Dunque, l’autobus è partito in orario. Ognuno di noi, se non sbaglio, è salito a fermate diverse .E’ così?

Impiegato: Sì, è così.

Soldato: L’ultimo a salire sono stato io.

Medico: E quando è salito era tutto regolare, vero?

Soldato: Sì.

Medico: Tutti quanti abbiamo visto le strade della città, i negozi, i passanti, fino ad un certo punto, quando siamo entrati in quel viale. E in quel viale siamo entrati esattamente alle sette e mezzo, vero?

Impiegato: Sì,l ’ho già detto, ho guardato per caso l’orologio proprio quando vi siamo entrati.

Medico: E l’orologio si è fermato.

Impiegato: Sì.

Medico: L’orologio di ognuno di noi si è fermato in quello stesso istante.

Soldato: Già!

Medico: Dal momento che i nostri orologi si sono fermati non possiamo sapere con esattezza quanto tempo sia passato da quando siamo entrati in questo viale .Può darsi che siamo tutti quanti vittime di una suggestione, è passato poco tempo e da un momento all’altro potremmo uscire da questa strada. Ci saremmo spaventati per niente, allora.

Maestra: Non può essere suggestione .Ogni tratto di strada è identico all’altro. Ogni albero è la copia esatta dell’altro. E’ come se fosse lo stesso albero che noi vediamo in una successione allucinante.

Operaio: E poi, che strada è questa? Io prendo questo autobus ogni mattina, per andare in fabbrica e non l’ho mai notata, mai.

Maestra: Anch’io prendo questo autobus ogni mattina ed è la prima volta che vedo questo viale.

Studente: Lo stesso posso dire io. Non conosco questa strada.

Medico: Domandiamo all’autista. ( All’autista) autista, ha mai fatto prima questa strada?

Autista: No, mai.

Impiegato: Come avete fatto ad entrare?

Autista: Non lo so. Stavo percorrendo la solita strada quando mi sono trovato qua in mezzo senza sapere come: Forse sono veramente fuori di me.
Medico: Questa strada non può essere eterna, dovrà finire prima o poi.

Maestra: A meno che non si tratti di qualcosa di soprannaturale, l’ha detto lei stesso, prima.

Medico: Non so più che cosa pensare. Mi rifiuto di credere a qualcosa che la scienza non può spiegare. Intanto…..

Operaio: Intanto siamo qui e non possiamo uscire.

Studente: Ve l’ho già detto, per noi il tempo non scorre più. Siamo prigionieri dell’eternità. La nostra esistenza non ha più né una fine né un principio.

Maestra: Un principio l’ha avuto. Questo non lo si può negare.

Studente: Adesso è come se non avesse mai avuto un inizio.

Vecchia: Voi parlate ed io non vi capisco. Nessuno mi spiega perché non ci fermiamo. ho sentito che siamo prigionieri. Io devo andare all’ospedale, dal mio vecchio. Mi starà aspettando, penserà che l’ho abbandonato. E’ tanto malato, ha solo me. Devo andare da lui, perché dite che siamo prigionieri?

Studente: Il suo vecchio l’aspetterà ancora, lei non lo rivedrà.

Vecchia: Non rivedere il mio vecchio! Non ha che me .Devo vederlo, voglio andare a trovarlo, come ogni mattina. Ha bisogno di me. il mio vecchio è a letto, è debole.

Maestra:  ( Avvicinandosi alla vecchia)Non si disperi, in qualche modo usciremo di qui.

Soldato: Come? Come?

Impiegato: Anche la velocità è costante, non andiamo né più forte, né più piano.

Soldato ( gridando ): Io non credo a quello che avete detto, non credo al soprannaturale,  è tutto un trucco.

Operaio ( gridando) : Un trucco? di chi? Mio, dell’autista o della vecchia?

Soldato: Io ho la ragazza, sono venuto in licenza, per stare con lei. ( ad alta voce) per stare con lei, capite? Non per essere chiuso qua dentro. Per stare con lei, con lei!( grida tirandosi i pugni in testa) Con lei!

Il medico gli si avvicina scuotendolo.

Medico: Non urlare, non risolveremo niente, così.

Operaio: Perché, con il ragionamento che cosa abbiamo risolto?

Il soldato si calma e si siede.

Soldato: In caserma, la sera, dopo che veniva suonato il silenzio, nel mio letto non mi addormentavo subito, pensavo a lei. Ha i capelli neri, è bella, quando passeggiamo insieme tutti si voltano a guardarla, io ne sono geloso. Mi rimprovera spesso la mia gelosia. Ho sopportato tante cose in caserma, tante umiliazioni, solo perché sapevo di avere lei che mi aspettava. Desideravo tanto rivederla. Mi scriveva spesso. Incominciava ogni lettera allo stesso modo ”Mio caro amore, non vedo l’ora che tu sia con me per sempre…” ( Pausa ) e la terminava con questa parole “ ti aspetto”
 

Operaio: La rivedrai.

Soldato :Quando?

Studente: Quando? Chi di noi può essere sicuro di tornare alla normalità?

Soldato: Non usciremo più di qui.

Vecchia: Sono vecchia, ma non posso morire ora. Devo badare a mio marito, gli resto solo, io.

Studente: Chi ha detto che moriremo?

Maestra.: Forse siamo già morti.

Impiegato: Morti?

Operaio: Sono un morto io? ( Pizzicandosi) Sono vivo.( Gridando) Sono vivo, sono vivo.

Studente: Siamo vivi senza poter vivere.

Operaio: Siamo vivi, possiamo parlare, toccare, uscire da questa maledetta trappola!

Studente: Non ne usciremo.

Impiegato: Forse siamo entrati in un’altra dimensione

Operaio: Un’altra dimensione?
Roba da fantascienza.

Impiegato: Come chiama allora quello che ci sta accadendo?

Operaio: Non lo chiamo affatto. Usciremo di qui come siamo entrati, all’improvviso. Questi alberi scompariranno, torneranno le case, le strade normali, rivedremo la gente come noi.

Soldato: Starà in pena per me, se non mi vedrà. Dovreste conoscerla, vi piacerebbe certamente. E’ allegra, ride sempre, per niente.

Maestra:  ( guarda fuori, poi si rivolge agli altri ) Avete notato?

Medico: Che cosa?

Maestra: Le foglie:

Operaio: Che cosa hanno le foglie?

Maestra: Non si muovono.

Medico: ( Guardando fuori) Non c’è un alito di vento.
Maestra: I rami sono immobili, senza vita, irreali.

Operaio: Ci fosse il vento, ci fosse la tempesta!

Maestra. E dietro c’è un colore grigio.

Studente: Un velo grigio, uniforme.

Impiegato: La strada che percorriamo è normale, asfaltata, come tutte le altre.

Maestra: Che significato può avere, tutto questo?

Studente: Non ha significato. Tutto quello che facciamo, che vediamo, non ha significato, non c’è più niente che conti qui, per noi, quello che siamo, meglio, che siamo stati, non vale più. Siamo delle esistenze sospese. Io sono uno studente, lui è un soldato in licenza, lei una povera vecchia che va a trovare il marito malato e lei….

Maestra: Sono una maestra.

Studente: Lei è una maestra, ma che cosa conta adesso se io sono uno studente, lui un soldato, lei una maestra? Siamo tutti nella stessa corsa, una corsa senza motivo, senza un fine, annullati l’uno nell’altro, confusi nei nostri intimi danni, esistenze, semplici esistenze.

Maestra: Una corsa senza motivo?

Studente: Forse vi è una logica interiore, ma non la comprendo.

Medico: Non credo a quello che lei sta dicendo, sono un medico e non mi lascio suggestionare facilmente, sono abituato a ragionare, a fare diagnosi.

Operaio: ( Con ironia) La faccia ora una diagnosi, dottore!

Medico: Ritroveremo la nostra strada

Operaio: ( Urlando) Come, quando?

Soldato: Vedo i suoi occhi neri, mi chiedono perché non ritorno.( Agli altri) Perché non ritorniamo?

Medico: Ogni viaggio deve finire così come è iniziato.

Studente: Non questo viaggio.

Operaio. Lei ha una risposta a tutto, ma che cosa studia?

Studente: Filosofia.

Operaio: Qui non abbiamo bisogno di filosofi.

Maestra: Invece ne abbiamo bisogno. (Allo studente) Mi basta sentirla parlare per essere tranquilla e non avere paura.

Vecchia: Io non ho paura, voglio andare all’Ospedale. (Mostrando una borsa) ho qualcosa da mangiare per il mio vecchio.( Guardando il medico) all’Ospedale il cibo non è tanto buono e poi…lui non può muovere bene il braccio destro, devo imboccarlo io, le infermiere non avrebbero pazienza ( guardando ancora il medico) neanche i medici hanno pazienza con i malati, quelle poche volte che si fanno vedere in corsia sono così burberi che non ho il coraggio di domandare quando guarirà il mio povero vecchio.
Una volta l’ho chiesto a un medico ( scuotendo la testa) mi ha risposto che non aveva tempo da perdere. Capite? Gli chiedo quando guarirà mio marito e mi risponde che non ha tempo. Ma che cosa sono questi medici? Dovreste vederli quando passano per le corsie con quell’aria, seguiti da tutta quella gente in camice bianco. Io sono una povera vecchia ignorante, non ho studiato, ma non è giusto che mi si tratti così, che non mi si dica quando guarirà il mio vecchio Per molti giorni non ho nemmeno saputo che cosa avesse! Me l’ha detto un’infermiera: ”leucemia”. Sulle prime non avevo capito che fosse così grave, me ne sono accorta quando ha soggiunto “ se ne andrà presto”. Mi ha voltato le spalle lasciandomi in mezzo al corridoio a riflettere su quella parola, a chiedermi se fosse possibile una guarigione.

Impiegato :( Al medico) Ho sempre invidiato voi medici, guadagnate in un giorno quello che io guadagno in un mese. Lei è uno specialista?

Medico: Sono un cardiologo.

Impiegato: Chissà quanto guadagnerà, allora! E’ vero che voi lavorate, ma siete ricompensati bene per quello che fate.

Operaio: E che ci fa sull’autobus? Con tutti i soldi che guadagna avrà pure una macchina!

Medico: Sono qui per un caso, mi si è guastata la macchina, stamattina, avrei potuto farmi accompagnare da qualcuno, chiamare un taxi, ma ho preferito prendere l’autobus, come un pendolare qualunque. Mi sentivo, volevo sentirmi un uomo qualunque, con le sue preoccupazioni, le sue angosce. Avrei potuto starmene a casa, non c’erano casi urgenti, ma non potevo farlo. Ho deciso di andare all’Ospedale come ogni mattina come se non fosse accaduto niente

Impiegato: Come se non fosse accaduto che cosa?

Medico: Lasci perdere!

Impiegato:  Giusto, sono cose che non mi riguardano.

Studente: Le persone che crediamo abbiano avuto tutto dalla vita, il successo, il denaro, nascondono una realtà diversa dietro l’apparenza che li fa credere felici. Noi vediamo ad esempio un medico, uno specialista, un uomo brillante, ricercato nella buona società e pensiamo che sia “arrivato” che non abbia più desideri. Invece non ha conquistato niente di veramente valido. Soldi, donne ma…..è tutta qui la vita?

Operaio: Lei parla da filosofo, sta fra le nuvole e non capisce che è proprio il denaro che conta.

Maestra:  ( allo studente) C’è qualcosa di bello in quello che dice. E’ proprio ciò che cerco di insegnare ai miei scolari. Vorrei tanto salvarli dal materialismo e avviarli verso i veri valori della vita….

Operaio: Ancora filosofia!

Maestra: I miei scolari! Mi vogliono bene.( Pausa) Saranno già in classe, ai loro posti, nei banchi, si chiederanno dove sia la loro maestra. Sono in ritardo, il Direttore avrà già preparato un rimprovero per me, per quando sarò arrivata. Purchè non lo faccia davanti ai bambini. Quando arriverò…..

Operaio: (Interrompendola) “Quando” arriverà?

Maestra: ( guardando dal finestrino) Questi alberi!

Impiegato: Davanti al mio ufficio vi è un giardino, dalla finestra vedo gli alberi, sono alti come questi, ma diversi. Talvolta mi capita di alzare lo sguardo per rivolgerlo agli alberi. Vi confesserò che fantastico, di tanto in tanto, immagino cose belle che non mi accadranno mai. Lo so che sono e resterò un modesto impiegato, incollato alla sua scrivania. Mi viene voglia di alzarmi e di andarmene, quando viene il collega e porta sulla mia scrivania carte, carte, sempre carte da leggere, da scrivere, da firmare. Sono un “mezze maniche” senza avvenire. Faccio anche lo straordinario, per guadagnare qualcosa di più. Ma non mi basta, sono un impiegato, per quanto mi ammazzi di lavoro non potrò mai comprare a mio figlio tutto quello che vuole, non potete immaginare quanto sia brutto vedere il mio bambino  fermarsi davanti ad una vetrina a guardare il motorino, il casco che vorrebbe avere e dovergli dire: ”Non ho soldi, non te li posso comprare” “Ma tu lavori” mi ha detto l’altra volta.” Non basta” gli ho risposto.Che altro potevo dirgli? ( Allo studente) Non sono d’accordo con lei, a me sembra che la vita sia tutta nei soldi. La filosofia non serve a riempire il portafogli.

Studente: Adesso parla così perché ha il problema del motorino per suo figlio, ma si guardi attorno, c’è ben altro nella vita!

Maestra: C’è la sofferenza!

Studente: Che dobbiamo accettare, senza per questo smettere di lottare.

Maestra: Sono giovane, ma conduco una vita appartata, si può dire che esco solo per andare a scuola o per fare la spesa. Vivo sola. Ormai mi ci sono abituata e la solitudine non mi pesa più. Mi succede una cosa strana, in questi momenti che sto trascorrendo qui con voi. Sento di esservi vicina, provo piacere nell’ascoltare le vostre voci, ne ho bisogno, eppure è come se fossi in un altro luogo, lontana da tutti voi. Sono insieme a voi, ma non vivo con voi. La mia esistenza è come separata dalle vostre esistenze.

Studente: E’ una sensazione che sto provando anch’io. Cerco il vostro contatto, lo desidero, ma so anche di non poterlo avere. E’ l’autobus che ci tiene uniti  perché siamo tutti qua dentro, ma ognuno di noi è lontano dall’altro, sebbene desideri essere “insieme”

Operaio: “ Insieme”, anch’io voglio essere insieme a voi ma me ne allontano.

Soldato: Sono come rinchiuso in un sogno, in un incubo. Non sono con voi, anche se mi state accanto. Desidero un volto che  non vedrò più, ditemi che mi sveglierò e ci sarà lei di fronte, un po’ seccata per il io ritardo.

Medico: Perché dovremmo dirti questo? A che varrebbe mentire?

Impiegato: Non le è mai capitato di dire una “pietosa bugia”? Si dice così, vero? Una pietosa bugia ad un malato che non guarirà. ”Guarirai, vedrai”, lo si consola pur sapendo che il giorno dopo sarà morto.

Medico: Che cosa ci si guadagna con  le pietose bugie? Niente. Qualcuno potrebbe dirmi “ Perché ti lamenti? Tu hai tutto, hai raggiunto il successo, sei uno dei medici più richiesti, all’ospedale ti stimano, ti rispettano, ti considerano “ qualcuno” ( All’impiegato) Se qualcuno mi dicesse questo, mi direbbe una pietosa bugia.( Allo studente) E’ così, è solo apparenza. Ho tutto. Ma mi manca quello  cui ogni uomo ha diritto: una moglie fedele. Dicono che io ho un grande successo con le donne, che le pazienti si innamorano di me, che nessuna mi resiste eppure mia moglie , evidentemente, non è tra queste. Mi tradisce. L’ho scoperto ieri, soltanto ieri, mentre è da un anno che…oh, ma a voi che importa saperlo( alla maestra) provo anch’io il desiderio di essere con voi, di parlarvi di me, della mia vita, di  farmi ascoltare ma so che sono lontano e non vi potrò raggiungere.

Vecchia: Ognuno di noi ha la sua croce da portare: è questa la verità.

Operaio: Ognuno vorrebbe essere libero e vedere gli altri portarla.

Studente: Il dolore ci separa perché ognuno di noi soffre per un motivo diverso e non vuole o non può comprendere l’altro, il dolore ci tiene uniti perché ci fa riconoscere “ esseri umani”.

Operaio: Parlate, parlate, non fate altro. Ne ho abbastanza di parole, non si combina niente parlando, come in fabbrica quando c’è consiglio, tutti parlano, parlano e non si fa mai niente di positivo. Non si conclude niente con una bella orazione. Sono stanco delle parole. Azione, voglio l’azione, lo dirò oggi in fabbrica…(urlando) non potrò parlare oggi in fabbrica, perché non ci sarò, non ci sarò .Bastaaa, perché dobbiamo stare qua dentro, chi ci tiene prigionieri? ( Con voce sorda) L’autista, è l’autista._ Bisogna ucciderlo. Se l’uccideremo forse saremo liberi, l’incanto si spezzerà. E’ lui che guida, lui ci ha portati in questa strada. Uccidiamolo e saremo liberi.
( L’operaio si avventa contro l’autista colpendolo a pugni e calci)

Autista: E’ pazzo, aiuto!

( Il medico, l’impiegato e lo studente si gettano sull’operaio e lo allontanano, calmandolo. La maestra e la vecchia si avvicinano.)

Medico: Che cosa vuole concludere? Si metta seduto ( gridando) si sieda.

Autista: Mi voleva uccidere! Mi voleva uccidere!

Impiegato: Non abbia paura, lo controlliamo noi.

Maestra : ( All’autista) non può davvero muoversi di qui?

Autista: Perché dovrei? E’ il mio posto. Io sono l’autista.

Studente: L’autista non c’entra, è uno come noi, capisce?

Operaio: Come noi? Che cosa siamo noi?

Studente: Siamo volti, sorrisi, voci, parole ,s ogni, siamo gioia, dolore…

Operaio: Lei sembra accettare tutto. Chi le dà questa forza. Lei si è rassegnato, parla della nostra situazione quasi se la fosse aspettata, come se la sapesse in precedenza. Lei non soffre per questo.
( Gridando) Ciascuno di noi ha confessato di avere un tormento segreto. Ma lei ce l’ha uno?

Studente: Il mio tormento è la mia stessa esistenza. Il mio dramma sono io.

Operaio: ( Grida )  Ahahahaha!Ahahahaa! ( Poi ride nervosamente) Dite che sono io che non ragiono. Io sono sano, il pazzo è lui!

Vecchia: Siamo tutti, pazzi.

Maestra: Può essere follia non accettare di essere diventati pazzi, non accettare, voglio dire, la nostra situazione!

Impiegato: Corriamo verso qualcosa che non aspettavamo, che non desideriamo.

Soldato: Io so quello che desidero.

Studente: Tu desideri dei capelli neri, degli occhi neri, un volto che sorrida solo per te e t’illudi che sia così.

Soldato: E’ così.

Medico: Tutti noi desideriamo qualcosa, forse stiamo correndo appunto verso ciò che vorremmo avere e che sappiamo non avremo mai. ( All’impiegato) Non è vero che corriamo verso qualcosa che non desideriamo: noi corriamo verso i nostri stessi desideri, verso ciò che aspettiamo da sempre.

Studente: Siamo noi stessi delle illusioni che corrono verso altre illusioni. Se siamo prigionieri lo siamo della nostra vita, di noi stessi, dei nostri desideri. Ciascuno di noi è proteso nella corsa verso la propria felicità, verso la realizzazione di se stesso. ( Al soldato) tu cerchi quei capelli neri che credi ti faranno felice. ( Alla vecchia) Lei si realizza nell’affetto che ha per il suo vecchio, nell’unico desiderio di essergli vicina perché così si illude di confondere la propria esistenza con la sua. ( Alla maestra) Lei, invece, vuole illudersi di non essere sola, per questo si getta in mezzo ai suoi scolari per sentire le loro voci, vederli vivere, anche se per poche ore, accanto a lei. E’ a  questa illusione che va incontro. ( All’impiegato) E lei vorrebbe andare verso un altro se stesso, che non sia un grigio impiegato che non può comprare il motorino e il casco al proprio figlio. ( All’operaio)
Che cosa cerca lei? L’ha detto prima: l’azione. Vuole sovvertire il mondo e farlo come piace a lei     ( Al medico) La fedeltà! Una moglie fedele. E’ tutto quello che desidera un uomo che, per il resto, ha tutto. L’autista? E’ l’autista, il suo compito è guidare. Deve stare al suo posto, il posto che gli è stato assegnato e che non può cambiare. Vorrebbe essere qualche altra cosa, ma è quello che è, non può farci niente. Non deve muoversi di lì.I o? Corro incontro a me stesso, dolore verso dolore, sogno verso sogno. Sono un’esistenza vera? Sono un’ombra? Non mi conosco, non so chi sono, corro verso quel qualcuno che chiamo me stesso, per conoscermi, per sapere se sono quello che credo di essere.

Maestra: Non c’è niente che possiamo fare?

Studente: Non possiamo che correre.

Soldato: Correre.

Vecchia: (Sedendo) Chi aiuterà il mio vecchio a mangiare?

Soldato: Accarezzare i suoi capelli!

Operaio:  ( Fa per alzarsi, ma poi resta seduto) Sono sempre le belle parole a convincerci!

Impiegato: Un motorino un casco. Capirà, Gino, che non glieli posso comprare?

Maestra: Gli alberi ci guardano, ma non ci possono aiutare.

Studente: Non potrebbero fare niente per noi.

Medico: Sono solo i testimoni del nostro dramma.

Studente: Ogni albero è il segno del tempo che passa e sono uguali perché questo tempo è diventato eternità.

Maestra: Il nostro desiderio è eterno.

Medico: Eterna sarà la nostra sofferenza, senza uscite, senza spiegazioni.

Maestra: Siamo partiti per non arrivare mai.

Medico:  ( Sedendosi) L’ho scoperto ieri. Voleva farmi credere che non era vero.

(Lo studente e la maestra si danno la mano, restano per qualche attimo fermi a guardarsi, poi si separano)

Maestra: (Sedendosi) Non sono mai arrivata in ritardo, a scuola.

Studente: ( Guarda tutti uno per uno, poi va a sedersi) : Andare incontro a qualcosa, ma  a cosa?
Potessi capire tutto!

Vecchia: Sono vecchia come questi alberi, non servo a niente. Sono importante solo per lui, che mi aspetta in quel lettino bianco d’ospedale.

Maestra: Dovrei comprare un orologio. A chi chiedere l’ora?

Impiegato: Il colore che si intravede tra gli alberi è grigio, come la mia vita. Sono un insignificante impiegato, un anonimo essere di cui si può dire solamente: “vive”

Soldato: Si sarà stancata di aspettare?

Operaio: Si riuniranno, parleranno, parleranno…

Medico: La dovrei lasciare!

Studente: E’ tutto come prima, come è sempre stato, che cosa cambia? Le esistenze mutano nome ma sono le stesse.Le parole sono dette da voci diverse, ma lo stesso è il significato. E’ un perenne protendersi verso qualcosa, il nostro. Anelare a qualcosa, provarne un grande desiderio e non averne mai il possesso. Una spiegazione! Ci fosse una spiegazione!

Medico: Che cosa ho provato in quel momento! L’ho guardata, non sapevo che dire .Poi me ne sono uscito, volevo fare una corsa pazza per l’autostrada, ma la macchina era guasta. Sono andato alla fermata dell’autobus. Mentre aspettavo mi sembrava tutto lontano, indifferente, come non fosse accaduto a me, ma a un altro. Chi mi invidierebbe più, se sapesse! Ha riso di me, questo ha fatto, ed io…io… sto imparando a soffrire. Non desidero più vedere il suo volto, sentire le sue mani su di me, me ne vorrei dimenticare anche il nome. Cancellerei dai miei ricordi la mia vita con lei, se potessi! Eccolo qui l’uomo di successo, dalla splendida carriera, è vero all’ospedale tutti mi rispettano, mi guardano con deferenza, ma io non so più che farmene di tutto questo, così mi sono ridotto!
Il mio rancore per lei è più forte delle mie aspirazioni. Penso a lei e non sono nessuno. Mi annullo nella rabbia, precipiterei nell’abisso più profondo. ”Buongiorno,  dottore” “Ossequi, dottore”, “Come va, dottore” “Permette, dottore” Mi disgusta, sentirli. “ Mi aiuti, dottore” Chi dovrei aiutare, come, se non so aiutare me stesso?

Soldato: Indosserà il vestito verde che le ho regalato, metterà un nastro per raccogliere i capelli. Mi starà aspettando, guardando da dietro i vetri della sua finestra. Avrà conservato tutte le mie lettere, me le farà vedere. Chissà quante volte le ha lette! Questa licenza, Dio come l’ho attesa! Ho sopportato tante cose, per averla. Quel caporale, lo strozzerei! Sempre a gridare, gridare. ”Si,signore”,” No,  signore”, dovevo rispondergli anche quando mi insultava. Quanti giorni mi ha fatto trascorrere in isolamento, cinque, dieci? Chi se ne ricorda! Per me è stato meglio, ho avuto più tempo per pensare a lei.

Impiegato :Una collezione di fallimenti. Non ho saputo fare altro. Lavoro da dieci anni allo stesso posto, davanti allo stesso tavolo, accanto alla stessa finestra. Guadagno solo per pagare i debiti. Come mi piacerebbe fare un viaggio, magari all’estero! Parigi, Vienna, Londra, per me resteranno nomi su una cartina geografica o sui depliant delle agenzie di viaggio, vorrei…non ho il diritto di “volere”.Il mio aspetto è insignificante, come la mia vita. Che cosa può “volere”, uno come me? Chi gli darebbe retta? Mediocrità, solo mediocrità. Non posso fare un regalo a mio figlio. O compro il cappotto a mia moglie o il motorino a mio figlio. Sono uno stupido che crede ai miracoli! Continuo ancora a pensare che un giorno o l’altro il capufficio mi manderà a chiamare per annunciarmi un aumento di stipendio, una promozione. Quando smetterò di illudermi! Per me non c’è carriera. Sono uno di quelli che nascono e muoiono così senza avere avuto importanza. Nessuno li vuole, nessuno li rimpiangerà.

Maestra: Si preoccuperanno per il mio ritardo? ( Pausa) Forse i miei scolari non si accorgeranno della mia assenza. Andrà un’altra maestra e non penseranno più a me. Mi sto chiedendo se mi vogliono veramente bene. Ed io voglio bene a loro? Non distinguo più quello che è realmente da quello che io immagino che sia. Un’amica me lo ha detto una volta “tu idealizzi la realtà, vedi le cose come vorresti che fossero” Avrà avuto ragione? Sarà colpa della solitudine in cui vivo. A stare soli si finisce con l’inventare qualcosa, qualcuno. Non è vero che mi ci sono abituata! La  notte ho sempre paura e lascio la luce accesa. Da ventisei anni trascino la mia vita come un peso, la stanchezza si fa sentire.. Questi rami che spuntano inesorabili da quel grigio sono un sollievo! Questa strada è deserta come la mia anima. Che significato può avere un ritardo? Non ci ho mai pensato prima e il cuore mi mancava se non arrivavo in orario, a scuola. Non trovo un significato per niente, per la mia vita, le mie azioni, il colore del mio vestito, per niente. Che cosa vorrà dire? Con me o senza di me la lezione ci sarà lo stesso, gli alunni ai loro banchi, una maestra alla cattedra. Tutto continua, non sarò io a fermare il mondo.

Operaio: Ammettere di sbagliare è doloroso, eppure io ho sbagliato. Ho sbagliato quando credevo di cambiare tutto, ho sbagliato quando volevo lasciare il mio posto tranquillo nella vita per buttarmi nella lotta. Ma riconoscere di sbagliare non basta per non ricadere più nell’errore. Sbaglierò sempre. (Pausa) Che sto dicendo? Devo essere impazzito. No, non posso avere sbagliato.Lo dirò a tutti, aprirò loro gli occhi, li convincerò che è necessario agire. Se non mi ascolteranno? Peggio per loro, resteranno incatenati nella loro condizione, come sono stati fino ad ora. Non mi capiranno, non mi vorranno capire. Non parlo per me, parlo per loro, per il bene di tutti. Non ho dubbi, so che sono nel vero.

Vecchia:  Guarderà verso la porta, per vedermi entrare. Mi sorride, appena mi vede, io mi siedo sul lettino e appoggio per terra la mia borsa. ”Come stai, vecchia?” mi domanda ogni volta. ”Quando tornerò a casa mi preparerai la zuppa di fagioli” mi ha detto ieri, mentre io inghiottivo disperata, per non piangere. A casa! Non tornerà mai a casa! Morirà nel suo letto d’ospedale e lo toglieranno subito di lì, per far posto a un altro. Chi l’avrebbe pensato, che sarebbe andata a finire così. Se ci fosse mio figlio mi consolerebbe, ma se n’è voluto, andare prima di noi, quando non era che un bambino. Lo so che nella vita bisogna soffrire, infatti mi sono rassegnata, non me la prendo con nessuno, però non mi sembra giusto, ecco, non è giusto. Mi sforzo di apparire serena, ma lui mi guarda negli occhi, mi legge nell’anima, sono sicura che ha capito e che fa finta di niente per me, per non aumentare la mia pena. Sarebbe triste parlare insieme di quando lui…oh, non voglio pensarci. Ha solo me. Sorrideremo e parleremo insieme.

Studente: Ho guardato dentro di me, ho guardato negli altri, ho chiesto alle cose, alla vita di ogni giorno, ma tutto è stato vano. Sono convinto che nulla può accadere per caso, c’è un filo sottile che lega ogni cosa, un’azione all’altra, un evento all’altro .C’è un senso logico in questa serie di spasimi  confusi che chiamano vita. Ci deve essere. Altrimenti sarebbe mostruoso. Ogni cosa presuppone un fine, ma non lo conosciamo. Mi trovo perduto nelle contraddizioni che sono in me, che mi avviliscono, non mi fanno respirare. Tormento me stesso con pretese inutili, con domande che resteranno senza risposta. Dicono che bisogna accettare la vita così com’è, chiedere non  vale.Chi dice così non ha problemi, è “arrivato” Non so che cosa sono, io. Una vita confusa con le altre, una pena fra tante pene. Devo vivere, anche se non ne ho voglia, devo rimanere qua dentro anche se desidero fuggire. Non c’è niente da fare. E su tutto c’è il dubbio che tortura me, gli altri, l’esistenza: per questa corsa, ci sarà una “fine”?

Autista: Non posso muovermi, non so dove vado ma devo restare qui: è il mio posto.
 
 

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