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Quando al termine della prima guerra mondiale gli alpini tornarono a casa ("a baita"), nacque l'idea di un'associazione che continuasse la fratellanza d'armi nata e cementata negli anni durissimi della guerra.

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Così un gruppo di reduci l'8 luglio 1919, costituì la Associazione Nazionale Alpini. Avvenne a Milano, presso la sede dell'Associazione Geometri, gentilmente concessa, e fu l'inizio di una lunga, lunghissima marcia. Il primo presidente fu Daniele Crespi, il vicepresidente Arturo Andreoletti, che era stato il principale ideatore della riunione in associazione dei reduci, e che negli anni successivi fu figura determinante nella stessa.

Trova la sua prima sede in galleria Vittorio Emanuele in Milano, su un balconcino della quale, viene esposto permanentemente il tricolore. Mette conto di raccontare un episodio che, accaduto nei primissimi mesi di vita della Associazione, ne indica però in via definitiva il temperamento e il carattere. Ecco i fatti. Nella giornata del 4 Novembre 1919 (primo anniversario della conclusione vittoriosa della guerra) la città di Milano - come molte altre italiane - è percorsa da bande di facinorosi che chiedono il ritiro di tutte le bandiere esposte. Le autorità suggeriscono di ritirare la "provocazione". Si noti che persino negli edifici pubblici non era più esposta la bandiera. Ma gli alpini, tutt'altro che disposti a subire l'intimazione e la cosa ingiusta e vile, dimostrano clamorosamente ai dimostranti, senza lasciare alcun dubbio, che avrebbero difeso la bandiera a tutti i costi. E difatti i teppisti si ritirarono e la sola bandiera rimasta esposta in quel giorno in Milano fu quella della neonata Associazione Nazionale Alpini. Nel settembre del 1920 viene organizzata la prima Adunata Nazionale sull'Ortigara, dove una colonna mozza con inciso il motto "per non dimenticare" ricorda e simboleggia il sacrificio dei battaglioni alpini su quel tragico monte. A questo primo appuntamento ne seguono altri venti per giungere, sino al giugno 1940, a Torino: il secondo conflitto mondiale è alle porte, parecchi alpini sfilano con la cartolina precetto infilata nel cappello. Negli anni durissimi della guerra e dell'immediato dopoguerra, che videro l'Associazione vivere in un regime pressoché di clandestinità, questa risorge. Nell'aprile del 1947, ricompare il giornale "L'Alpino", anch'esso nato nel 1919.

Nell'ottobre del 1948 si svolge a Bassano del Grappa la prima adunata del dopo guerra: indimenticabile. I veci della guerra vittoriosa riconoscono che le "penne nere", reduci da una guerra sfortunata, avevano compiuto il loro dovere fino in fondo: gli alpini dell'Albania e della Russia erano in sintonia con quelli del Monte Nero e dell'Ortigara. I raduni si susseguono, le file si infittiscono, l'Associazione è vitalissima. All'Adunata nazionale di Brescia del 1970, il presidente dell'A.N.A. Ugo Merlini, rivolgendosi al Ministro della Difesa, si esprime con queste parole: "Ritengo di non peccare d'orgoglio dicendole che l' Associazione Nazionale Alpini è certamente una delle cose più pulite che ci siano in Italia, perché l'appartenenza ad essa si fonda sulla consapevolezza e sulla fierezza del dovere compiuto

… chi entra a far parte dell' Associazione sa che potrà forse essere chiamato a "dare", ma non potrà mai "avere" niente …

Più di centomila uomini, con la U maiuscola, sono sfilati stamane in ordine e in silenzio. Non protestavano, non minacciavano. Non gridavano "abbasso", perché questi uomini quando vogliono abbassare qualcuno, non glielo dicono prima: lo fanno, e lo fanno sul serio. E non gridavano nemmeno "evviva", perché volevano che il loro corteo fosse composto e ordinato e le grida sono da sempre manifestazioni di disordine".

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Da 76 anni l'A.N.A. vive e rinnova la tradizione dei cittadini che hanno servito la Patria nelle truppe da montagna, ma la tradizione non é un bene che si eredita, e chi intende onorarla, come noi intendiamo onorarla e farne materia di vita, deve continuamente conquistarla con impegno e fatica. Viviamo la vita del nostro Paese e siamo consapevoli che il cammino della libertà e della democrazia, che vi è connesso, non è facile, perché colloca in primo piano i doveri, ancor prima dei diritti. Gli alpini percorrono questa strada con il loro passo, che è sempre cauto e mai incerto, nella convinzione che le opere contano di più delle parole, per quanto fiorite, e che la sostanza deve prevalere sull'apparenza. Nata come atto di fedeltà ai valori delle tradizioni alpine e come confermato legame tra i reduci della prima guerra mondiale, l'Associazione Nazionale Alpini nel 76° anno di vita presenta un organico di oltre 340.000 soci, con 80 sezioni in Italia, 30 sezioni nei vari paesi del mondo, dal Canadà all'Australia. Nel 1919, anno di fondazione, gli iscritti erano 800: i dati di oggi ci dimostrano in tutta evidenza uno sviluppo veramente eccezionale di un sodalizio che unisce nelle sue fila ufficiali, sottufficiali e soldati semplici di tutte le età, dai Cavalieri di Vittorio Veneto ai "bocia" congedati l'altro giorno, uomini di tutte le condizioni sociali e di tutte le professioni, esempio concreto di civile solidarietà. L'Associazione ha perso da tempo la caratteristica originaria combattentistica, e questo per evidenti ragioni anagrafiche. Secondo le risultanze di una recentissima statistica, l'87% dei soci non ha dovuto prendere parte a conflitti, ma ha compiuto in tempo di pace il proprio dovere verso la Patria. L'età media degli iscritti si aggira sui 40 anni: l'Associazione è una istituzione giovane e vitale, specchio positivo della società dalla quale attinge i propri componenti e nell'ambito della quale deve operare. Fedele a sentimenti quali l'amor di Patria, l'amicizia, la solidarietà, il senso del dovere, l'Associazione ha voluto e saputo esprimere queste doti intervenendo in drammatiche circostanze nazionali e internazionali - dal Vajont (1963), al Friuli (1976/77), dalla Lucania (1980/81), alla Valtellina (1987), al-l'Armenia (1989), alla quale è stato donato un attrezzatissimo ospedale da campo - grazie ai nuclei di volontari appartenenti alle sezioni, impegnati costantemente anche in operazioni di prevenzione a carattere ecologico. A conferma della costante adesione al proprio motto, "Ricordare i morti aiutando i vivi", l'Associazione ha costruito, in due anni (1992/93) di lavoro volontario dei propri soci un asilo per 120 bambini per la città di Rossoch. La scelta del Consiglio direttivo nazionale cadde su quella città proprio perché in essa, durante la campagna di Russia 1942/43, ebbe sede il comando del Corpo d'Armata alpino. La consegna alle autorità e alla cittadinanza è avvenuta il 19 settembre 1993. Per i due anni di lavoro necessari per il completamento dell'asilo, i volontari sono stati 721 suddivisi in 21 turni. Le ore di lavoro sono state 99.643. Il 19 marzo 1994 l' Associazione ha inaugurato l'ospedale da campo avioelitrasportabile, che sostituisce - migliorandolo - quello donato alla Nazione armena nel 1989. Nel novembre 1994, in occasione della calamità naturale che ha duramente colpito il Piemonte - e segnatamente le province di Alessandria e Asti -, l'Associazione, tramite la propria Protezione Civile, è stata presente sin dal primo momento, con una attività che non ha solo combattuto la natura avversa, ma ha anche rincuorato i cittadini, che lo hanno chiaramente dimostrato. il fascino della penna nera va oltre l'Associazione: esiste una organizzazione denominata "Amici degli alpini" alla quale possono accedere simpatizzanti che non hanno compiuto il servizio militare nelle truppe alpine, ma che desiderano affiancarsi al lavoro degli alpini: sono parecchie migliaia.

 

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