Per esprimere almeno in parte
quello che rappresenta il mulo per il mondo alpino,
ricorderò un episodio emblematico accaduto ad un
collega qualche anno fa, durante un brevissimo viaggio di
nozze all'Isola d'Elba.
La sera dell'arrivo a Porto
Azzurro il Comandante della Stazione dei Carabinieri del
posto si presentò al giovane Capitano per
recapitargli con urgenza un telegramma inviatogli dal suo
vicecomandante, il cui testo diceva pressappoco così:
"Vaglio rosso deceduto per colica stop". E non era
uno scherzo!
Il Vaglio rosso era uno stupendo
mulo roano che aveva prestato servizio con onore in un
reparto alpino!
Preferisco non pensare alle
conseguenze che la ferale notizia può aver avuto
sulla prima notte di matrimonio del Capitano!
Questa concezione quasi umana
del mulo non deve stupire e non stupisce certamente gli
alpini che per circa 120 anni hanno vissuto in simbiosi con
lui. Per questo, il mulo è entrato nella letteratura
alpina da protagonista, quale insostituibile modello
operativo per muovere in montagna, in situazioni estreme. La
sua potenza, la sua grande generosità, ma anche la
sua spiccata sensibilità e qualche volta
rusticità, resteranno nella storia.
E gli alpini lo ricorderanno con
affetto e malinconia. E la montagna, l'alta montagna, quando
sarà violata dallo stridente rombo di motori
costruiti dall'uomo, rimpiangerà il genuino e
romantico nitrito del mulo.
Gen. Com.te Luigi
Federici
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