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Brunico. 18
novembre, notte
Nella stalla del Battaglione
"Trento" del 6° Reggimento Alpini, a Monguelfo,
vive un vecchio mulo. Ha 23 anni e si chiama "Facco":
già da qualche anno avrebbe dovuto essere
"riformato", perché non è più in grado
di fare da guida ai muli, come ha sempre fatto, almeno per
una decina d'anni. Invece, continuano a tenerlo lì in
quella stalla, e a qualcosa serve ancora: serve ai giovani
conducenti per imparare come si governa un mulo e come gli
si mettono i finimenti.
IN
ALBANIA
Sono stato a trovare
"Facco", non tanto per lui, per la sua vecchiezza e
per la sua tristezza, quanto perché c'è, nella
sua storia, la storia di tutti i muli che hanno fatto la
guerra. Anch'essi l'hanno fatta perché gliel'hanno
fatta fare, non perché l'avessero scelto come
mestiere; ma visto che dovevano farla, l'hanno fatta bene ed
hanno avuto i loro eroi.
Ora, devo dire che
"Facco", per esempio, non è stato un eroe nel
senso puro della parola. Però, è stato un mulo
che ha fatto bene la guerra, l'ha fatta con dignità e
con senso di disciplina, e, appunto per questo, sono andato
a fargli visita nella sua stalla (cosa, che in lui, non ha
destato il minimo interesse).
"Facco" è nato in
Puglia e gli piaceva, quando era un mulo "bambino"
crogiolarsi al sole della sua terra e fiutare in distanza
l'odore dei campi. Vent'anni fa, nel 1940, andò in
Albania, per quella guerra che ha avuto 2 definizioni, una
per gli uomini, l'altra per i muli.
Per gli uomini è stata
detta "la guerra delle 3 effe", cioè fame,
freddo e fumo (il fumo scaturiva da quei focherelli che gli
alpini accendevano per riscaldarsi e che erano tutti
più fumo che fuoco). Per i muli è stata detta
"il calvario", tanti ne sono morti: le piogge
trasformavano la terra in pantani e i muli ci cascavano
dentro, sotto il peso delle cassette di munizioni e ci
affogavano.
"Facco" se l'è
cavata. Aveva un conducente, un ragazzo trentino con i
capelli biondi. che il mulo si divertiva a fiutare
chissà perché. come aveva fiutato, giovanetto.
l'odore dei suoi campi pugliesi. Un giorno, nella Valle dei
Devoli, portava rifornimenti di munizioni (due cassette di
pallottole per "91") agli Alpini della "Tridentina" che
tenevano il crinale di Vallanare. Alle spalle degli alpini
c'erano gli informatori che con segnali luminosi indicavano
i movimenti delle nostre salmerie, e i mortai sparavano. Il
punto più pericoloso da sorpassare per i muli era il
Coldetto di Lenyies, su una gola fra due montagne, sempre
sotto tiro delle artiglierie nemiche.
Anche quel giorno "Facco"
era in testa alla colonna di muli e aveva accanto il suo
conducente, il ragazzo trentino con i capelli biondi. Una
bomba da mortaio scoppiò lì davanti e il
ragazzo rotolò per terra, colpito in testa da una
scheggia. "Facco" lo vide cadere e, per un attimo si
arrestò ma fu un attimo appena, perché subito
dopo incominciò a salire col suo passo di sempre, il
passo di montagna, limitandosi una volta sola a guardare
indietro, dove era caduto il ragazzo. Aveva capito insomma,
che se si fosse fermato lui tutta la colonna si sarebbe
fermata e le munizioni non sarebbero arrivate in tempo sul
crinale del Vallanare. Invece, arrivò in tempo
giusto, e senza dubbio "Facco" sapeva di aver fatto
il suo dovere fino in fondo.
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Tuttavia col muso sollevato,
fiutava intorno qualcosa: non si sa se il ricordo dei suoi
lontani campi pugliesi o quello dei capelli biondi del
ragazzo trentino, rimasto a terra nel colletto del
Lenyies.
LA
SFILATA
Poi fece l'avanzata verso la
Grecia e seguì la "Tridentina" fino a
Leskovika traversando fiumi a guado e mari di fango. Dopo
rientrò in patria in testa alla sua colonna di muli,
alla sfilata di Bari. Quel giorno dicono, era molto felice.
Della sfilata, probabilmente, non gli importava gran che; e
neppure degli onori che, in un certo senso, venivano resi
anche a lui. Ma era in casa sua, nella sua terra di Puglia,
e arrivava alle sue narici il profumo dei suoi campi dove si
era inebriata la sua giovinezza.
Forse, chissà, vi
sentì anche l'odore dei capelli biondi di quel
ragazzo trentino morto nel colletto del
Lenyies.
Fece anche la Russia.
Passò per la Germania; passò per il terribile
bosco di Comil (il bosco degli agguati); toccò Nowo
Gorlowaka, marciò notte e giorno, sempre col suo
passo e sempre in testa alla colonna dei muli verso la linea
del Don, si fermò a Bolskoy. Per la prima volta da
che era in guerra, "Facco" conobbe Katiusha, la
"piccola Caterina", la prima batteria a razzo montata
su autocarro. I soldati gli cadevano intorno come, di
autunno cadono dagli alberi le foglie
ingiallite.
"Facco" non aveva
più né tempo né voglia di voltarsi
indietro a guardare una foglia caduta.
Il tempo del ragazzo trentino,
con quei capelli biondi che gli piaceva di fiutare era un
tempo lontano? Si era costruito, dentro, "lo spirito" della
guerra e badava soltanto a ripararsi dai colpi della
"Katiusha", i nuovi mostri di cui aveva fatto
conoscenza. Dal gennaio del 1942, quando incominciò
la ritirata, invece di caricarsi sulla groppa le cassette di
munizioni, si caricò i feriti e i congelati. Li
portava come aveva portato le cassette: e intanto dagli
alberi seguitavano a cadere le foglie
ingiallite.
Poi, quando tornò in
Italia, ci fu un'altra sfilata, a Verona, con in testa la
bandiera del 6° Alpini, decorata di medaglia d'oro. Non
c'era nemmeno più il Comandante, il Colonnello Paolo
Signorini: anch'egli morto e anch'egli medaglia d'oro.
Dietro "Facco" pochi muli camminavano. Lui,
però, era ancora in testa: non più felice come
il giorno di Bari quando arrivava alle sue narici
l'esaltante profumo della sua giovinezza, ma ancora in
testa.
Qualcuno, dopo la sfilata, gli
batté vigorosamente le mani sui fianchi e lui non si
voltò nemmeno. Tutto ciò che desiderava,
forse, era un giaciglio ed una greppia.
Ora é lì, a
Monguelfo, nella stalla del Battaglione "Trento" e i
ragazzi si servono di lui per imparare come si governa un
mulo e come gli si mettono i finimenti. Vecchio
com'è, quel che ormai può capitargli é
di morire. Comunque, ha fatto la sua guerra e l'ha fatta
bene, senza essere un "eroe". L'unico suo eroismo, semmai,
fu quando, nel colletto di Lenyies continuò a
camminare, dopo che gli era ruzzolato accanto il ragazzo
trentino con i capelli biondi.
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